Cristiano De André presenta Come In Cielo Così In Guerra

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Essere figli di un mostro sacro non è facile, soprattutto se il personaggio in questione è il grande ed indimenticato Fabrizio De André. Eppure Cristiano De André è sempre riuscito a conservare una sua identità, grazie anche al suo amore per la world music. A distanza di 12 anni da “Scaramante”, il cantautore torna con un nuovo album (9 inediti + la cover in italiano di “Le vent nous portera” dei Noir Désir) dal titolo “Come in cielo così in guerra”.

Il motivo di un titolo tanto particolare, che riprende il Padre Nostro?È un titolo contro le caste perché siamo in guerra con le istituzioni e con chi ha fatto politica fino ad adesso” – afferma Cristiano “perché l’ha fatta esclusivamente per scopi personali e non per passione. E anche chi dovrebbe occuparsi del cielo ha a che fare, in realtà, con le caste ed il potere. Questa frase racchiude l’immagine di ciò che sto provando a combattere e di far venir fuori, sperando che torni di moda l’onestà.” Come fai a combattere?Con la mia musica, con ciò che dico e penso, e cerco di non nascondermi mostrandomi in tutto ciò che sono, con le mie fragilità e con la forza delle parole. Esprimo il mio diniego e ciò che vorrei che cambiasse”.

Nel full length, oltre che una fotografia attuale di questo momento storico, c’è anche una venatura più nostalgica ed intima, come conferma lo stesso polistrumentista “Abbiamo lasciato una rivoluzione culturale e in cui regnava la pace e l’amore, erano gli unici valori che permettevano la crescita della nostra anima. La bellezza è fatta di mille imperfezioni, ognuno di noi è bello a modo suo. La bellezza della scrittura e della poesia sono due cose che ho imparato grazie a mio padre. Credo che quarant’anni fa fossimo più intelligenti, adesso è calato una sorta di secondo medio evo: il denaro è diventato un valore invece che un mezzo, sono cambiate tante cose e c’è molta confusione. Potremo salvarci solamente coltivando quell’anima nella quale sono conservati i nostri valori, che mostra le nostre fragilità e la nostra forza, altrimenti saremmo sempre più insoddisfatti ed arrabbiati. Sarebbe ora di delegare meno ad altri e cominciare a prendersi la responsabilità di ciò che si è.”

Uno degli aspetti che più sta a cuore all’artista genovese è l’incomunicabilità, tema che viene trattato dalla canzone “Stanchezza”. Il cantautorato come si colloca? Riesce a svolgere ancora la sua funzione?  “Una volta mio padre mi disse “sono parecchi anni che scrivo per dar voce alle minoranze, a favore di quelli che non riescono a parlare e hanno bisogno di aiuto, ma non è servito a nulla”. Non aveva tutti i torti ma non bisogna smettere di farlo, l’amore è l’unica arma che abbiamo per salvarci”. La salvezza come si può raggiungere concretamente?Col senso di giustizia. Non si può non ribellarsi ad un mondo che ci frega con le caste. Non mi sembra ci sia una gran protesta in giro, men che meno in Italia. Dobbiamo tornare ad essere persone pensanti.” Come già detto, all’interno dell’album si può trovare la cover della famosa “Le vent nous portera” dei Noir Desir? “E’ una traduzione quasi letterale, con qualche piccolo adattamento in italiano. Ho voluto farla perché l’originale è sempre stata nella mia classifica personale dell’i-pod. Inoltre è simile ad un’altra mia canzone “Nel bene e nel male”.(contenuta nell’album del 1995 Sul Confine, n.d.r)

Il rapporto padre e figlio rappresenta un pilastro fondamentale nella vita e nella musica di De André, tanto che viene analizzato, secondo due prospettive diverse, in ben due canzoni: Sangue del mio sangue e Il mio esser buono: “Non ho avuto l’affidamento dei miei figli perché il mio era ritenuto un mestiere non stabile. Li potevo vedere pochissimo e, oltretutto, avevo mia moglie contro di me. Il rapporto con mio padre è stato difficile perché aveva problemi con l’alcol, si è assentato, si è lasciato con mia madre ma mi ha insegnato parecchie cose. Portando in tour “De André canta De André” ho avuto modo di prendere il toro per le corna e di avvicinare i giovani alla dimensione di mio padre. E ha giovato anche a me, considerato che adesso mi sento più libero anche nello scrivere i testi delle mie canzoni”.

Una particolare menzione la merita anche “La bambola della discarica”, una poesia scritta da De André e Oliviero Malaspina, accompagnata dal Piano Concerto 23 di Mozart. “Ho scelto questa base perché la ritenevo perfetta per esaltare il significato della poesia. Ha un significato ambivalente: da una parte sembra che la bambola in questione sia una giovane donna che sarebbe capace di vendersi per un’apparizione televisiva, dall’altra è una critica verso la situazione del nostro paese. Stiamo correndo il rischio di precipitare tutti quanti in quella discarica”.

Claudia Falzone

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