Intervista ai Fast Animals And Slow Kids: Scrittura, produzione e tour

In vista dell’imminente ritorno live all’Alcatraz di Milano sabato 18, dopo la trionfale chiusura tour del febbraio 2016, abbiamo fatto qualche domanda ai Fast Animals And Slow Kids. La band perugina è appena ripartita con il tour promozionale del nuovo disco “Forse non è la felicità“.

I vostri lavori, soprattutto gli ultimi due, sono arrivati quasi senza sosta. Anche se in realtà tra “Forse non è la felicità” ed “Alaska” una piccola pausa c’è stata. Come trovate il tempo di scrivere durante le tournée?
Durante il tour più che scrivere ragioniamo molto, a volte seduti in furgone pensiamo a come sviluppare un’idea e a dove vogliamo arrivare a livello di suono per sentirla veramente completa. Una volta tornati a casa cerchiamo di mettere insieme i pezzi e poi magari durante il soundcheck della data successiva proviamo qualcosa tutti insieme, anche se per pochi minuti. Per “Forse non è la felicità” le cose sono andate in maniera diversa, siamo riusciti a tornare in sala prove senza limiti di tempo, è lì che abbiamo messo in ordine le idee che avevamo avuto durante la tournée precedente ed è lì che abbiamo scritto gran parte dell’album; probabilmente il non avere pressioni dal mondo esterno riguardo a date di uscita eccetera ha fatto si che il processo di stesura fosse molto più veloce di quel che ci aspettavamo.

Nonostante un cambio di passo verso un’intenzione più “punk” sembrano esserci molti elementi in comune con “Alaska”. Ci avete giocato anche voi con il video e la copertina. Quali sono, se ci sono i legami tra questi dischi o in generale tra tutti i vostri lavori?
Ci trovi in disaccordo su entrambi i punti in realtà. È vero, anche in “Forse non è la felicità” sono presenti pezzi che riportano al mondo del punk-rock, ma secondo noi è un disco con molta più dinamica e varietà rispetto ad “Alaska”, che invece era un monolite di suono e di intenzioni e appunto per questo secondo noi più vicino a quel mondo lì.

Per quanto riguarda copertina e video non abbiamo giocato su niente, se ci sono cose in comune tra i due dischi sotto questi due aspetti sono venute fuori casualmente e anche ora facciamo fatica a trovarle. È vero, magari in entrambe le copertine sono presenti elementi naturalistici ma oltre a questo graficamente ci sembrano lontanissime tra di loro. Stesso discorso per i video, la continuità con quelli di “Alaska” (tra i quali ci sta ad esempio “Coperta”, un video nel quale non appariamo mai) purtroppo non riusciamo a coglierla.
Quindi per rispondere alla tua domanda, sicuramente i legami tra i nostri lavori ci sono e magari ad un occhio esterno sono anche facilmente individuabili, per noi invece, che li viviamo in tutto e per tutto dall’interno, è un po’ più complicato coglierli. Magari tra una decina d’anni riusciremo ad avere una visione d’insieme molto più chiara e ci renderemo conto di molte più cose.

[Oh non mi drogo, giuro che alla presentazione  del disco in Santeria alla domanda “La finestra che si vede nel video di Annabelle è quella della copertina di Alaska” hanno risposto di sì. ndr.]

 

Devo dire che i primi ascolti del nuovo lavoro sono stati per me molto difficili. Anche se non ai livelli di “Cultura Generale” dei Ministri ma trovo una certa similitudine nella scelta stilistica di un suono molto sporco, molto “sala prove” e poco Hi-fi. Come mai?
Oddio non saprei veramente come risponderti qui! Per noi “Forse non è la felicità” è il disco meno lo-fi che abbiamo registrato. Possiamo capire che il suono non è propriamente hi-fi in quanto è pur sempre un album registrato in maniera non del tutto ortodossa, ma ecco, noi per “lo-fi” intendiamo tutta un’altra cosa e tutto un altro modo di concepire la musica.

Onestamente quindi non capiamo bene neanche il paragone con “Cultura Generale”; è vero che entrambi sono album nati in sala prove ma questo ci pare un po’ troppo poco per trovare una somiglianza vera e propria tra le due cose. Quello dei Ministri è un album basato molto sul concetto di basso, chitarra e batteria, senza sovra-incisioni e senza fronzoli; in “Forse non è la felicità” invece, il pianoforte e i cori assumono un ruolo chiave, ed inoltre in molti pezzi sono presenti diverse linee di chitarra.

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Un’altra cosa che salta subito all’orecchio è una certa somiglianza nei vostri lavori, soprattutto a partire da “Hybris”. Fermo restando i passaggi e le evoluzioni di cui parlavamo prima. Vi ho sentiti in Santeria a Milano il mese scorso e parlavate della vostra esigenza a chiudervi in voi stessi anche in fase di produzione. Questo che da un lato è la vostra forza potrebbe alla lunga diventare anche un punto di debolezza. Non vorreste provare ad affidare le vostre canzoni ad una persona esterna per la produzione? Se sì, con chi vi piacerebbe lavorare?
Ora come ora non pensiamo che un tale ribaltamento di prospettiva sia possibile, ma probabilmente è presto per dirlo. Pur essendo una band piuttosto istintiva, quando si tratta di prendere decisioni importanti ci ragioniamo molto, quindi se tra un paio d’anni avremo deciso di cambiare modalità di registrazione siamo sicuri che sarà stata una scelta piuttosto oculata, come fin ora lo è stata quella di tornare a registrare nel nostro studio casalingo.

Per quanto riguarda la produzione, in realtà è da “Hybris” che con noi in studio c’è anche Andrea Marmorini, produttore del disco a tutti gli effetti insieme al nostro bassista Jacopo Gigliotti. È vero, lo si può oramai definire il quinto membro dei Fask a tutti gli effetti dato che è con noi in tour praticamente da sempre in veste di fonico, quindi magari non rispecchia a pieno la figura di persona esterna di cui parli tu, ma ci siamo sempre trovati benissimo e il lavoro in studio, almeno dal nostro punto di vista, ha sempre funzionato alla grande, migliorando gradualmente da “Hybris” in poi.

Chiudo con una domanda sul live. Il fine tour di “Alaska” all’Alcatraz è stato qualcosa di incredibile. Per voi e per chi c’era quella sera. Una consacrazione più che meritata dopo anni di live. Chi vi ha visti suonare almeno una volta credo non abbia dubbi nel dire che vi meritiate questo e molto altro.
A breve tornerete proprio all’Alcatraz. Credete che questa sia ad oggi la vostra dimensione? Qual è l’equilibrio tra paura di “esagerare” e adrenalina nel gestire un palco così grande? In ogni caso, in bocca al lupo e sono certo spaccherete tutto come al solito!
Grazie davvero per le belle parole e crepi crepi crepi, lo diciamo tre volte per aumentare la scaramanzia!
Siamo veramente emozionati di risuonare all’Alcatraz, è sicuramente una delle date più importanti di tutte. Non ti sapremmo dire qual è la nostra dimensione ad oggi, il tour è appena iniziato e sta andando molto bene con due sold out iniziali piuttosto importanti e con già moltissima gente che canta i pezzi nuovi. Probabilmente il giusto equilibrio di cui parli è suonare in palchi grossi ed importanti dove ci è possibile e allo stesso tempo restare legati anche a realtà più piccole, suonando sempre il più possibile.

Fotografie di Alessio Albi.