A quattordici anni dal suo ultimo disco, “Novecinquanta”, considerato di culto dagli appassionati di hip hop italiano, Fritz da Cat esce con un nuovo lavoro, intitolato semplicemente “Fritz”, in cui indossa di nuovo i panni del produttore e si circonda di validi collaboratori – da Dargen D’Amico a Fabri Fibra, passando per Bassi Maestro, Salmo, Clementino e molti altri – per confezionare venti tracce allo stesso tempo dal sapore old school, ma con i piedi ben piantati nel presente. Lo abbiamo incontrato per l’occasione negli studi della Universal.
Hai fatto un disco nel 2013 ma, per citare uno dei pezzi del disco, non senti mai la mancanza dei “tempi delle posse”?
Di mio sono portato abbastanza alla riflessione sul passato, però mai in una chiave nostalgica. Uno è legittimamente affezionato alla sua giovinezza, ma pur essendo contentissimo di aver fatto quelle cose, sono felice di essere dove mi trovo adesso.
In “Fritz” hai chiamato a cantare sia vecchie che nuove leve: qual è il filo conduttore?
Il filo conduttore è: dentro solo chi mi piace!
Visto il cast allstar ti sei sentito un po’ tipo ct al momento di mettere giù le convocazioni per la Nazionale?
Beh, in realtà la scelta degli mc non è avvenuta in un solo momento, ma è stato qualcosa in divenire, nel corso dell’anno e mezzo che ho impiegato a registrare il disco.
C’è un ospite straniero che ti sarebbe piaciuto avere o sei andato dritto sul Made in Italy?
In questo periodo sono tornato con la testa all’idea della produzione musicale, dopo che nei dieci anni precedenti avevo fatto altro e per lavoro avevo viaggiato parecchio. Adesso mi andava di fare una cosa fatta in Italia e per l’Italia, con rapper italiani.
Il ruolo del produttore è un po’ più defilato rispetto a quello dell’mc. Preferisci così o ti vedresti in prima linea?
Sono così di mio carattere. Quando ho iniziato rappavo e facevo il produttore, ma poi sono confluito spontaneamente verso la sola produzione, perché mi ci trovo più a mio agio. Ho un carattere schivo e preferisco starmene in studio, rilassato, a fare musica.
In Italia l’immagine del produttore superstar è meno diffusa che negli USA…
È evidente che sia così, ma non saprei dare una spiegazione. Questa è una fase di esplosione per l’hip hop in Italia, ma ci stiamo allineando. Comunque è anche vero che pure negli Stati Uniti i produttori star sono un’eccezione.
Questo disco avrà un equivalente sul palco?
Stiamo preparando il tour, che partirà a brevissimo. Saremo un terzetto interessante, ovvero io, Noyz Narcos ed Ensi.
Nella tracklist ci sono alcuni ritorni, perché vengono ripresi un paio di brani di “Novecinquanta”, ovvero “Se non fumassi” con Tormento e “Schiaffetto correttivo” con Turi,…
Sono venuti fuori spontaneamente. Ad esempio a Turi, che ha questo gusto un po’ funkettone, ho dato un beat in linea con il suo approccio e lui di suo è tornato a quel nostro vecchio brano.
Un pezzo di cui sei particolarmente orgoglioso?
Quello che mi soddisfa più per completezza è quello con Noyz, perché forse è il più rotondo del disco. Ma ovviamente mi piacciono tutti, perché quello che non mi convinceva l’ho scartato.
Siamo in pieno boom commerciale dell’hip hop italiano: secondo te c’è ancora chi si lamenta dell’attuale exploit in classifica del rap?
Esiste sempre questo atteggiamento. Io ho amici vecchiotti, della mia età, che ogni tanto si lamentano. Però dico anche: piuttosto che lamentarvi fate qualcosa di bello voi, poi se lo fate con la testa vedrete che c’è spazio per tutti.
A livello di campionamenti come hai lavorato?
Ho usato tre o quattro campioni molto riconoscibili, che appartengono al periodo d’oro di vent’anni fa, con l’intento di richiamare quel flavour. Gli altri invece mi permetto di dire che sono piuttosto ricercati!
Un mc giovanissimo su cui scommetteresti a occhi chiusi?
Da vecchio che sono, mi viene da dire che non ne vedo molti bravi. Però uno di quelli che mi piace veramente è Rocco Hunt, che infatti ho coinvolto nel disco.
Marco Agustoni
[youtube eIzj7i6EYRY nolink]