Gaia Riva Tutto Cade nuovo album

Quella di Gaia Riva non è una storia comune. In genere, soprattutto prima dell’avvento dei talent show, arrivare ad un contratto discografico con una major era il culmine di un percorso iniziato anni prima e fatto di tanti dischi autoprodotti. Nel suo caso, invece, dopo una gavetta inevitabile ma non infinita, arrivò un contratto coi fiocchi, come nelle migliori delle favole. Tutto perfetto? Non proprio. Per Gaia il successo arriva improvviso e quindi è difficile da gestire: Festivalbar, pubblicità e concerti in tutto il paese, troppo e troppo presto. Gaia rescinde il contratto e decide di autoprodursi, in totale controtendenza e dimostrando molto coraggio: esce così “Tutto Cade”, concepito inizialmente come full lenght e successivamente come doppio EP, abbandonando la lingua inglese dei primi album.
Hai deciso di pubblicare “Tutto Cade” in due parti, cambiando leggermente il progetto iniziale. Come mai?
Perché riflettendoci meglio ho capito che oggi pubblicare un album seguendo un percorso tradizionale, quando sei un emergente indipendente (il drammatico “doppio ente”…) equivale al suicidio, artistico e commerciale. Emergere non è mai stato così difficile, sia per l’assenza di spazio (i talent hanno inghiottito tutto) che per il momento di transizione tecnologica che sta cambiando le modalità di fruizione, di distribuzione e di accesso alla musica. Insomma: è un casino. Spezzare il disco in due parti mi permette di lavorare più sul lungo periodo, abituando il pubblico ed i media al mio nome ed alle caratteristiche del mio lavoro, facendo uscire più singoli, creando più spunti per far parlare di me. È un processo lento e molto lontano da quanto accadeva una volta, quando non era raro che un nuovo fenomeno (e non parlo di gente uscita dai talent) si facesse largo rapidamente nella scena musicale … tempi in cui ancora era possibile fare un ingresso repentino e dignitoso. Non nascondo che per carattere faccio molta fatica a lavorare così … i frutti si raccolgono lentamente e non hai mai chiara la percezione di come stiano andando effettivamente le cose. Io sono combustibile ad accensione immediata, mi carico e mi brucio in un secondo … sono una scattista e non una maratoneta, do il meglio quando la tensione è forte, la posta in gioco alta e le scadenze vicine. Ma non sono nemmeno stupida, e ho capito che avrei dovuto tenere a bada la mia impazienza per non rovinare anni di duro lavoro. Occorre costruire pezzo per pezzo la propria credibilità. In questo devo un Grazie enorme al mio produttore, Andrea Noto: è lui l’acqua che spegne quotidianamente i fumi bollenti del mio cervello.

Da dove nasce la scelta di cantare in italiano?
Dall’esigenza di usare la mia lingua, che credo di saper “manipolare” bene. Sono cresciuta e mi sono resa conto che il mio valore aggiunto sta nel modo in cui esprimo le cose. L’inglese non è la mia lingua, non me l’avrebbe permesso. Per il solito gioco del “decidi cosa perdere e cosa ottenere” ho scelto di rinunciare alla musicalità potente dell’inglese guadagnando in espressività.

Come è cambiato il tuo modo di scrivere dagli esordi ad oggi? Se poi è cambiato…
E’ cambiato molto nei testi, che ora sono più affilati e precisi, mentre una volta ero più vaga e dispersiva. A livello compositivo, invece non sento di essere cambiata molto. Se mai mi sono aperta a nuove influenze musicali, che però si riflettono più che altro nella fase di arrangiamento e produzione del pezzo. Alla fine io scrivo ancora le mie canzoni con una minima base di chitarra o di tastiera, proprio come una volta. In modo cantautorale, insomma. A volte vorrei essere musicalmente più complessa di così, anche come struttura dei brani … ma non posso permettermelo adesso. Purtroppo il mercato ha regole che devo rispettare almeno in minima parte per avere una speranza di diffusione. perciò cerco di restare in equilibrio tra originalità e semplicità. La piena libertà creativa è un lusso che ci si può concedere solo quando ci si è consolidati, almeno in Italia.

Hai ancora eroi musicali?
Uno solo: i Queen. Non so cosa darei per poter vedere un loro concerto con Freddie ancora in vita. Loro hanno segnato e riempito quasi completamente la mia adolescenza. Sono stati ispirazione, emulazione, idolatria, feticismo, ossessione, dolore, mancanza. Tutto quello che ogni eroe che si rispetti dovrebbe scatenare in te.

Luca Garrò

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