Poche ore prima della loro esibizione al Rolling Stone nell’ambito del Kill Fest 2009, abbiamo fatto due chiacchiere con Gary e Rob degli Exodus.
4 marzo 2009
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Dukes, ci puoi raccontare come sei entrato negli Exodus?
R: Ero il loro guitar tech per la band durante il tour assieme ai Megadeth e loro necessitavano di un nuovo vocalist. E’ stata una cosa piuttosto semplice e filata liscia, mi sono proposto durante le audizioni, e mi hanno preso dentro; penso che in fondo non avessero voglia di cercare altrove. (risata)
Gary, durante gli anni sei stato l’unico membro rimasto sempre a tenere in piedi la barca Exodus, che negli ultimi anni sta vivendo una seconda giovinezza: sei soddisfatto del lavoro compiuto?
G: Non sono mai soddisfatto, voglio fare e dare sempre di più, voglio spaccare ancora più culi, producendo album sempre più pesanti e veloci; è la mia natura, non rimango in estasi ad ascoltarmi un album appena inciso, ma penso già al prossimo passo.
Hai già quindi nei tuoi piani una “Exihibit B”?
G: Assolutamente si! A occhio dovrebbe uscire verosimilmente l’anno prossimo, abbiamo già vari pezzi pronti e ti assicuro che sono delle bombe, ma non entreremo nello studio prima di ottobre, prima abbiamo una lunga stagione di concerti da fare. Se possibile vorremmo farlo uscire in primavera, siamo stufi di album che escono in inverno, vogliamo tornare qui in Europa con la bella stagione, non con questo freddo cane! (ride)
Dukes, com’è stato per te reinterpretare il cantato di Paul Baloff nella riedizione di “Bonded By Blood”?
R: Beh, è stato divertente, ho ascoltato quell’album per gran parte della mia vita, e da quando sono nella band ho cantato questi pezzi live, ma l’esperienza di incidere i brani che hanno fatto la storia del thrash negli anni ’80 in studio mi mancava, è stato estremamente figo, anche se un po’ stancante.
Gary, come pensi che i vecchi fan abbiano recepito questa operazione nostalgia?
G: Tutto sommato bene, come sempre c’è chi pensa che non dovresti registrare di nuovo i classici, mentre altri sono contenti se lo fai. Come sempre non puoi mai fare contenti tutti, ma a me in fondo non interessa cosa pensa la gente, vado per la mia strada.
Perché avete scelto di incidere nuovamente un disco intero invece di rimasterizzarlo?
G: Perché in fondo non sapevamo neppure dove potevano essere i masters originali, e in ogni caso puoi farci un lavoro di restauro limitato. Noi volevamo invece che suonasse come un album appena uscito, ma con i benefici della tecnologia moderna. E il risultato ci ha soddisfatto pienamente.
I tuoi ultimi lavori sono a mio parere tra i migliori album thrash degli ultimi 10 anni: a dimostrazione che un genere come questo se fatto da professionisti è sempre attuale. Cosa ne pensi?
G: È sempre quello che cerchiamo di fare, cerchiamo di scrivere al meglio delle nostre capacità, non guardandoci mai intorno. Non cerco mai di comporre in ottica moderna, scrivo nello stesso modo in cui ho sempre fatto. D’altra parte non voglio che gli Exodus siano un act thrash retro, quello lo lascio fare ai gruppi che sono spuntati come funghi negli ultimi anni.
Visto che le hai citate, non posso che chiederti che ne pensi delle giovani band che suonano thrash oggi….
G: Sono tutte molto promettenti, e le rispetto pienamente. Man mano che accumuleranno esperienza inizieranno a trovare la loro strada, senza più assomigliare così tanto a chi li ha influenzati. Il nuovo album dei Warbringer che ho prodotto è un ottimo esempio: è sempre thrash, ma hanno tirato fuori un sacco di idee che prima non avevo mai sentito.
In ultimo, come mai questo tour con gli Overkill è così breve e limitato solamente all’Europa?
G: Beh, due settimane dopo la conclusione del Killfest saremo di nuovo in Usa con i Kreator, come puoi evincere abbiamo una tabella di marcia piuttosto serrata. Fino ad ora devo dire che è stato un tour molto ben accolto e con molto pubblico, oltre che divertente; è un segnale davvero positivo se pensi al periodo di crisi che stiamo vivendo tutti. Ne ho parlato spesso con Bobby (Overkill) ultimamente, e non ci dispiacerebbe rifarlo magari l’anno prossimo, a supporto dei nostri futuri studio records.
Nicolò Barovier