Gary Lightbody degli Snow Patrol racconta Wildness e il tour italiano: “Vi arriveremo dritti al cuore”

Raddoppiano le date con cui, a una decina di anni dal loro ultimo passaggio, gli Snow Patrol torneranno dal vivo in Italia. Dopo l’annuncio della data dell’11 febbraio 2019, al Fabrique di Milano, la formazione – in parte irlandese e in parte scozzese, di stanza a Glasgow – ha confermato anche la partecipazione al Firenze Rocks Festival nella giornata del 14 giugno, che vedrà come headliner il collega e amico Ed Sheeran.

Una lunga assenza quella dal nostro Paese, che come ci ha spiegato il leader della band, Gary Lightbody, non ha nessuna ragione specifica: “Amiamo l’Italia e siamo abbastanza ossessionati dal cibo, dall’arte e dalla cultura italiana. È un posto al quale ci sentiamo molto legati, abbiamo vissuto molte avventure qui, io ho anche dei parenti che vivono a Sorrento. Vi assicuro che non lasceremo passare così tanto tempo prima di tornare la prossima volta“.

Intanto, la band ha già inaugurato il tour mondiale con una serie di tre date in casa, a Newcastle, Dublino e Belfast. “È stato assurdo“, ha commentato Lightbody. “Questo è il miglior show che abbiamo mai messo in piedi, abbiamo suonato un’ora e quarantacinque minuti e ogni canzone era un singolo. Con venticinque anni di carriera alle spalle possiamo permetterci uno show del genere e sarà lo stesso a Milano, ma aspettatevi anche qualche sorpresa, qualche canzone che non sentite da un po’».

In Italia arriveranno con il loro settimo disco in carriera, “Wildness”, uscito anch’esso dopo un silenzio discografico durato la bellezza di sette anni e descritto da loro stessi come il più intimo e personale mai realizzato. Un frutto maturo, raccolto dopo anni difficili, durante i quali Gary Lightbody ha affrontato la depressione ed è uscito dall’alcolismo, un percorso di cui oggi, anche grazie al valore catartico della musica, riesce a parlare senza remore.

Raccontare i miei problemi in queste canzoni per me è stato molto utile, perché erano quarant’anni che mi tenevo tutto dentro e non stavo andando da nessuna parte, continuavo a cadere nelle stesse trappole mentali. Iniziare a parlarne è stato il primo passo per capire come cambiare le cose e, alla fine, mi sono chiesto perché avessi aspettato così tanto a farlo. La musica può essere terapeutica, ma anche frustrante, specialmente se ci impieghi sette anni a fare un album, ma credo che, tutto sommato, questo disco sia stata la migliore terapia che potessi fare”, ha confessato Lightbody. “Sono letteralmente passato dal parlare dei miei problemi con il mio terapista due anni fa, al raccontarli a chiunque voglia ascoltare attraverso il nostro album. Ero molto nervoso quando stava per uscire, perché pensavo, se la gente rifiuta questo disco, sono veramente fottuto. Probabilmente è stato il più difficile in assoluto da pubblicare, ma una volta che è andato nel mondo è stata una rivelazione. Oggi ricevo lettere da persone che mi dicono che li ha aiutati a superare un periodo buio e per me significa più di qualsiasi altra cosa al mondo”.

Un lungo processo quello affrontato dal leader della band, ma che lo ha portato a un nuovo livello di consapevolezza. Il tutto è entrato in profondità sia nella realizzazione delle canzoni che compongono “Wildness”, disco manifesto di un’identità ritrovata, che nell’idea alla base dei live di questo tour. “Questo è un album con molta roba pesante dentro, ma non credo che sia un album pesante, credo che contenga gioia, speranza e una certa risolutezza. Quando lo suoniamo dal vivo io non penso al momento della mia vita, in cui mi trovavo mentre lo stavo scrivendo, penso al pubblico e voglio che tutti si sentano connessi, che provino gioia, che abbandonino ogni cosa che è accaduta prima del loro ingresso in sala, così come noi band lasciamo tutto fuori dal palco. Credo che un concerto sia il posto perfetto per vivere il momento, è quello che cerchiamo di fare e spero che il pubblico torni a casa sentendosi un po’ più leggero“.

È la perfetta trasposizione dell’anima di un disco catartico, capace di sintetizzare in maniera efficiente leggerezza e maestosità, gli stessi ingredienti con cui gli Snow Patrol hanno escogitato gli show di un tour, che, già dalle prime date, si sta rivelando uno spettacolare punto di ripartenza per la band. “Le canzoni di questo disco sono più facili da immaginare in una scala più grande. Però è curioso, perché hanno meno strumentazione, ma suonano più grosse e credo che sia il segreto che abbiamo impiegato venticinque anni a scoprire, cioè che meno significa di fatto di più, che non devi riempire ogni vuoto in una canzone con violini, chitarre, ci è capitato qualche volta di avere dieci chitarre in un pezzo, e che se ne tiri via qualcuna in realtà incrementi la dimensione, lo spazio e la maestà del brano. Questo ha aiutato anche a pensare degli show in cui tutto sembra più semplice, chiaro e niente si frappone al messaggio e al cuore”, ha spiegato Gary Lightbody.

C’è anche una dimensione visiva curatissima in “Wildness”, un mondo di immagini che accompagna le dieci canzoni del disco, per ognuna delle quali è stato realizzato un video, e che nasce dalla vera e propria ossessione di Lightbody per il mondo del cinema. “Credo che dopo la musica i film siano la mia cosa preferita, quindi avremmo sempre voluto realizzare dei visual per ogni canzone, ma solo ora siamo riusciti a farlo, forse proprio perché questa volta abbiamo avuto tanto tempo per pensare non solo al suono che queste canzoni avrebbero avuto, ma anche al loro aspetto”.

Anche i concerti, di conseguenza, avranno un impianto visual e scenografico importante, il più grandioso mai utilizzato dagli Snow Patrol. Difficile spiegare le immagini a parole, così entusiasta del risultato Gary ci ha mostrato direttamente dal suo cellulare alcune immagini dallo show di Newcastle, aggiungendo un: “Se non è selvaggio questo, non so cos’altro lo sia. Per Life On Earth avremo del materiale video della NASA, direttamente dai satelliti, filmati originali e grandiosi della terra che vengono proiettati sullo schermo dietro le nostre spalle e puoi vedere parti del satellite nell’inquadratura, piuttosto epico, no? Oggi a differenza che in passato non abbiamo più paura di utilizzare elementi visivi potenti, che hanno un profondo effetto sull’audience”.

E le buone notizie non finiscono qui, perché prima di salutarci Gary Lightbody ci ha anticipato che ha già iniziato a organizzare il materiale (circa seicento canzoni scritte durante i sette anni tra Fallen Empires e Wildness) per l’ottavo disco della band, il cui arrivo è verosimilmente previsto entro due anni.