Intervista a Giò Sada: Volando al contrario è stato un lavoro di artigianato

gio-sada-volando-al-contrario-albumÈ uscito “Volando al contrario”, il primo album di inediti di Giò Sada, vincitore di X Factor 2015. Un album corale, Giò parla a nome della sua band, un album che ha il sapore di origine e di riflessione. Giò è rimasto coerente con se stesso, con il suo suono e il suo modo di abbracciare la musica. Un album del nostro tempo, che pone l’accento sulla capacità di riflettere sulle dinamiche di questa epoca.

Quanto tempo c’è voluto per creare “Volando al contrario”?
Ci sono voluti circa sette mesi. C’è stato bisogno di concentrazione per metterci a lavorare. Dopo il programma, c’è stato un turbinio di impegni da rispettare, eppure ci siamo riusciti. Ho deciso di tornare a Bari, stare con la mia band. Ha un valore aggiunto la mia città. Non volevo lasciarmi alle spalle le mie origini.

Si può definire un album da band?
Sì perché è stato un lavoro di squadra, la parte grafica è stata fatta da persone a me vicine. Il disco è stato composto insieme alla mia band Barismoothsquad. È un disco che ha il sapore di condivisione.

Tu arrivi dalla scena underground, quanto di quel panorama si ritrova all’interno del disco e cosa dovrebbe percepire la scena underground?
L’attitudine in ciò che facciamo è rimasta la stessa anche quando incontriamo le persone. Non siamo cambiati. Nel disco c’è ciò che facevamo prima, alcune sono idee nate prima del programma. Il disco rappresenta ciò che sono e ciò che siamo stati. È un passaggio da ciò che eravamo a ciò che sono oggi. È un approccio in evoluzione.

“Volando al contrario” è il brano apripista. Cos’è per te?
Spiccare un volo, darsi lo slancio verso qualcosa che non era raggiungibile fino a poco tempo fa, mantenendo comunque i piedi per terra. Mantenere saldo il passato e usarlo per costruirsi il futuro passo dopo passo, giorno per giorno. Volare al contrario è abbracciare ciò che mi ha portare a fare questo disco.

Il fatto di esserti preso del tempo, dà un valore aggiunto al disco?
Nel disco il concetto del tempo è molto presente. È un tema che si rincorre nell’epoca in cui viviamo, se ci pensi. Ho dovuto fare così, è stato necessario, è stato un lavoro di artigianato. Non l’avrei saputo fare in due mesi. Ha avuto la stessa gestazione di un bimbo se ci pensi, è stato naturale.

La dimensione spazio: lago, deserto e isola. Tre luoghi diversi ma uniti dalla dimensione riflessiva che questi posti evocano?
Anche questi titoli sono venuti naturalmente. Tutto il disco ha una dimensione riflessiva. Volare al contrario racchiude la volontà di riflettere su ciò che sta succedendo e come. Una riflessione su me stesso, un’autoanalisi. Ciò che in fondo potrebbe servire in questo periodo storico.

Questa autoanalisi si percepisce bene in “Sto bene anche da solo”. Viviamo in un’epoca dove siamo iper connessi, tu canti qualcosa che va in controtendenza.
È dire: “Ora che ho capito come stare bene anche da solo, posso comprendere anche ciò che mi circonda”. “Esistente”, “Sto bene anche da solo” sono brani che vogliono dire, tra le righe, di calmare l’andazzo, di rispettare il tempo di ognuno. Ho deciso di partecipare ad X Factor per sfidare me stesso, per vedere anche se riuscivo a mantenere l’essenza di chi sono. Volevo capire se si riusciva a creare qualcosa di entusiasmante.

“You should have called me”, “Come away with me”, perché?
“You should have called me” è un brano nato anni fa, volevo un brano in inglese perché è una lingua a cui mi dedico e a cui volevo regalare un piccolo spazio. “Come away with me” invece l’abbiamo registrata nelle Grotte di Castellana e si sente nel riverbero. È un monito finale, seguimi in questa riflessione.

Nowhere Stage [progetto di live acustici in luoghi isolati o abbandonati], è il precursore di ciò che avverrà nei tuoi live?
È diverso. Il protagonista è il luogo, cercando di racchiuderne il suono.

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