25 maggio 2007
Al Teatro dei Filodrammatici di Milano si è tenuto un breve set musicale e successiva conferenza stampa di Giovanni Nuti ed Alda Merini, presentazione dell’album “Rasoi di seta”, album in cui Nuti ha musicato poesie della Merini. Di seguito alcune dichiarazioni dei due protagonisti e un track by track del disco con i commenti del musicista (si ringrazia per la collaborazione Parole&Dintorni e SonyBmg).
Merini: “Questa raccolta Nuti-Merini è nata da un sodalizio d’amore, ma anche dalla disperazione nel vedere che la cultura non mette sane radici: è una specie di rivolta anche patriottica che si sta perdendo nell’universo. In amore ci si affianca: non è soltanto un egoistico guardarsi negli occhi, ma anche una comunione della propria felicità con gli altri. È un convivio amoroso. La musica allevia le sofferenze mentre la poesia a volte crea la solitudine. Spero che questo sodalizio Nuti-Merini arrivi al cuore di tutti, di chi ci ama, perché vuole essere una resurrezione del corpo e dell’anima”.
Nuti: “Nel mio secondo album “Giovanni Nuti” del 1991 avevo musicato “La ballata dell’acqua del mare” di Garcia Lorca – ricorda Giovanni Nuti – ma la folgorazione è arrivata nel 1994 quando ho composto la musica della poesia di Alda “I sandali” per il mio terzo disco “Disordinatevi”. Grazie a quella composizione ho avuto il privilegio di conoscere personalmente Alda Merini, scoprendo che oltre a essere un’incantevole poetessa era pure una donna straordinaria. Così ho scelto di dedicare la mia esistenza artistica alla traduzione in forma canzone dei suoi meravigliosi versi, rinunciando a pubblicare un disco per tredici anni in attesa che i tempi fossero maturi per accogliere con il giusto entusiasmo un album con le poesie di Alda Merini in musica”.
Nuti: “Come tutte le persone dotate di genio assoluto, Alda ha uno sguardo che scava nell’intimo del suo interlocutore. Le basta un’occhiata per fare una radiografia della tua anima: in quell’istante puoi solo scappare o sostenere il suo sguardo e di conseguenza affrontare te stesso, il tuo io interiore messo inesorabilmente a nudo. E come ogni buon maestro, Alda non ti asseconda ma distrugge le tue sicurezze per fartele ricostruire più solide. Da lei ho imparato che la gloria inseguita ostinatamente non arriva mai: i risultati si ottengono soltanto lavorando con passione e coerenza senza rincorrere a tutti i costi il successo, ma avendo la certezza del proprio talento”.
Nuti: “Durante le nostre telefonate giornaliere, improvvisamente Alda mi detta alcuni versi che germogliano in quel momento nella sua mente geniale: non sono testi concepiti per diventare una canzone, eppure non richiedono alcun aggiustamento e sono immediatamente perfetti per essere incisi, perché possiedono una musicalità naturale. Quando le confessavo la paura di non riuscire a registrare un disco con le sue poesie, Alda mi rispondeva che il momento giusto sarebbe arrivato se io non l’avessi cercato affannosamente: dovevo solo avere pazienza e aspettare segnali positivi”.
Track By Track:
NELLA NOTTE CHE GEME IL TUO PATIRE – “Trovo in te che sei divino/l’ansia di questo fervido divieto”.
Ha un arrangiamento essenziale, quasi zen: soltanto 3 pianoforti che dialogano rarefatti e vorticosi: Scherzando potremmo dire “Keith Jarrett che incontra Rachmaninov”. E la poesia di Alda parla di un amore profondo e negato: potente come un maestrale, ma trattenuto da un “fervido divieto”.
GLI INGUINI – “Dagli inguni può germogliare Dio”.
L’energia tutta interiore del brano precedente esplode in questa composizione con una ritmica tribale, chitarre elettriche in primo piano, un moog sinuoso e un sapore quasi psichedelico. E la voce dai toni bassi sale quasi fino al grido per affermare che “gli inguini sono la forza dell’anima tacita e oscura… ma dagli inguini può germogliare Dio”.
I POETI (duetto con Simone Cristicchi) – “Siamo osti senza domande/riceviamo tutti solo che/abbiano un cuore”.
Il brano si apre con la voce recitante di Alda; poi le voci mie e di Simone Cristicchi s’incrociano e s’incontrano su un brano a cui fisarmonica e archi danno un’impronta francese. Il testo parla senza retorica e con immagini straordinarie di cosa vuol dire essere poeti: “contadini che portano la terra a Venere”, ma anche “soli come le bestie, buttati per tutti i fanghi, senza una casa libera, né un sasso per sentimento”. Il mio incontro con Simone è stato favorito dall’amore comune per Alda: ho molta stima per il suo talento così “teatrale”.
LA ZANZARA – “Prego intensamente/di diventar demente/per non soffrire più”.
Su un ritmo trascinante, un po’ latino e un po’ balcanico, una poesia giocosa di Alda che parla di una zanzara, che è “una bambola matta assieme a un coniglio che ha portato scompiglio” (una citazione di “Alice nel paese delle meraviglie” di Lewis Carroll?). Una composizione molto diretta e di facile presa; ma ci sono sempre i “rasoi di seta” di Alda che tagliano in profondità: vedasi gli ultimi versi “prego intensamente di diventar demente per non soffrire più”.
COM’È GRANDE IL PENSIERO DEL MARE – “Vedessi come piango un pianto universale/un amore così bello non doveva far male”.
Una ballata insieme serena e malinconica sulla fine di un amore. Una linea melodica semplice e un arrangiamento classico per assecondare l’andamento quasi da canzone popolare.
IL GRIDO – “Il mio sperma bevuto dalle sue labbra/era la comunione con la terra”.
Un testo “forte”, di grande erotismo, con tutta la crudezza e la verità che solo una grande poetessa come Alda Merini può usare. Non c’è comunque volontà di provocazione. È solo la descrizione di un amore totale e completamente appagante. E forse i versi più “scandalosi” non sono quelli sessualmente espliciti dell’inizio del brano, ma quelli che lo chiudono: “E non credevamo più in Dio perché eravamo felici”.
PRIMA DI VENIRE – “Prima di venire/dimmi che sei già andata via”.
Dall’omonima poesia di Alda dedicata all’amico Vincenzo Mollica. Se fosse il movimento di una sinfonia, avrebbe l’indicazione di “largo maestoso”. Una melodia ampia e avvolgente per un brano che amo definire un “mantra dell’attesa”.
LE OSTERIE – “Meglio, si, meglio/l’indagine sorda delle scorrevolezze di vite”.
Un inno al vino – amico di poeti, assassini, solitari e amanti come già nei “Fiori del male” di Baudelaire – e al suo potere di far dimenticare le pene d’amore. “Troppo sciocco è piangere sopra un amore perduto, malvissuto e scostante. Meglio l’acre vapore del vino indenne, meglio l’ubriacatura del genio”, come recitano i versi del testo. Un brano molto ritmato e coinvolgente, che nei concerti diverte e fa “ballare” Alda.
LA VERZA – “E quando raccontai a tutti/che al posto di una verza/io ho visto un giardino/mi hanno rinchiuso per sempre”.
“Un giorno sotto un cavolo che mi sembrò una rosa”… viene trovata una bambina. Con questa piccola favola Alda Merini trasfigura un episodio autobiografico.
IL BACIO – “Tutti mi guardano con occhi spietati/Non conoscono i nomi delle scritte sui miei muri/e non sanno che sono firme degli angeli/per celebrare le lacrime che ho versato per te”.
Un’altra ballata con la voce recitante di Alda Merini nella parte centrale per rendere omaggio alla parte più pura dell’amore: il bacio. Un arrangiamento in cui gli archi sono protagonisti per spiegare che “il bacio è come una vela che porta lontano gli amanti”.
IO COME VOI – “Io come voi non sono stato ascoltato e ho visto le sbarre/del silenzio crescermi intorno e strapparmi i capelli/io come voi ho pianto, ho riso e ho sperato”. “Io come voi sono stato sorpreso mentre rubavo la vita”.
Comincia così questa bellissima poesia di Alda, che può essere idealmente dedicata a tutti coloro che sono reclusi nelle prigioni o nei manicomi. Quando l’ho musicata ne è uscito un brano molto intenso, che ho deciso di mettere all’ingresso del mio sito www.giovanninuti.com perché penso che nella vita ognuno di noi soffre per qualche ingiustizia, diventando suo malgrado un esperto nella “scienza del dolore dell’uomo”.
IL MIO AMORE HA 4 GATTI – “Ama il gatto perché è ingrato/enon chiede più di tanto/il mio amore è così”.
C’è una componente autobiografica: Alda ha scritto questa poesia molto divertente perché io ho quattro gatti e Alda scherzando dice che la trascuro perché dedico più tempo a loro che a lei. L’ho musicata e arrangiata in modo molto ricco. Il risultato è un brano dal sapore felliniano che richiama le tante colonne sonore scritte per lui da Nino Rota: grande profusione di archi, trombe, tromboni, percussioni e cori lirici. Una composizione che trascina e induce al buon umore.
UN’AMANTE PER OGNI SOSPIRO – “Eppure nessuno ha capito/che quando andavo a letto/scendevi dal solaio/e facevamo l’amore”.
Una storia che ha il sapore di un amore bohémien. Un “piccolo grande amore” tra solai, fantasmatici amanti e sospiri. Melodia classica e crescendo emotivo per un brano che secondo me resta molto nella memoria.
CLOCHARD – “E forse mandi/anche un orrevole odore/ma non più di certe bestie/chiamate uomini/che sono capaci di uccidere”.
Una bellissima poesia inedita dedicata a un barbone che non è “né colpevole né buono” e ha scelto la libertà come una rondine che emigra. Per raccontare questo “benedetto barbone” ho voluto un altro arrangiamento originale: un autentico organo a canne che abbiamo registrato nella Collegiata di San Lorenzo di Chiavenna.
I SANDALI – “Buttali in testa al Signore/che ci ha diviso il cuore”.
È stata la primissima poesia di Alda Merini che ho musicato, nell’album “Disordinatevi” del 1994. La propongo con un nuovo arrangiamento con orchestra. “I sandali di legno di sandalo” dimenticati sotto il letto sono un pegno di un amore: “i sandali di desiderio” di due amanti ormai divisi.
NEI GIARDINI DEI POETI – “L’uomo per sé vuole le cose eterne/e non sa come dirlo all’altro/che non ha capito niente”.
Un brano che parla della fragilità dell’amore, che è come una rosa che “nasce e si sfibra in un solo giorno, perché la toccano tutti”. E anche del grande equivoco dell’amore che è come un “grande banchetto” che dura una sola giornata mentre “l’uomo per sé vuole le cose eterne”. Anche in questo brano c’è la toccante voce di Alda che accompagna il mio canto.
AMORE – “Dio, Dio, sempre Dio/che sei più forte degli amplessi/e dei teneri amori/che fai crescere le fontane/…Tu sei un Dio di Amore”.
Un testo di Alda dedicato non all’amore per un uomo, bensì all’amore per Dio, il suo “unico amore”, perso e ritrovato “lungo i solchi della vita”. Uno spiritual atipico grazie alla voce femminile orientale di Samhadi che diventa quasi un lamento.
E C’ERA UNA VOLTA – “Ombra e cammino e donna, furono soltanto catene”.
Un divertimento musicale “andaluso” con flamenco e chitarre nato per assecondare il testo di Alda che richiama i temi e i toni di Federico Garcia Lorca.
L’ALBATROS – “Qualcuno mi ha tagliato la gola/per riderci sopra/ non so”.
Questo magnifico uccello del mare, frequentato dai poeti – da Baudelaire (“I Fiori del male”) a Coleridge (“La Ballata del vecchio marinaio”) – diventa il simbolo stesso del poeta a cui tagliano la gola per soffocarne il canto. “Ma anche disteso per terra, io canto ora per te le mie canzoni d’amore”: la poesia è più forte di tutto e non muore mai. Una grande orchestra e una melodia importante: è uno dei brani più rappresentativi della mia collaborazione con Alda
IL VIOLINISTA PIANGE – “Sentire il male che mi fai ogni giorno/sognarti e non vederti è per me/la più atroce delle croci”.
Un brano lento d’atmosfera sudamericana che parla di un triangolo d’amore: lui, lei e il violinista, dolente testimone delle sofferenze d’amore di lei. “E ogni giorno mi offri cento calici di veleno eppure non muoio”.
SULL’ORLO DELLA GRANDEZZA – “Ad un certo punto/ti senti bello come Lucifero/e non sai che questa resurrezione/non è un’adolescenza/ma è la maternità della luce/che hai sempre avuto nel grembo”.
Un grande crescendo orchestrale per un brano che parla dell’amore allo stato nascente: la fase dell’innamoramento è una “chiamata” che paralizza e fa tremare le gambe.