“AM:PM” è un disco che sta già facendo parlare di sé molto positivamente. Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Dominik dei Dufresne per approfondire il discorso legato alla nuova release.
C’è chi racconta di amori, o di delusioni lancinanti, c’è chi pensa la forma canzone votata alla propaganda o comunque ad un’intenzione educativa. “AM:PM” sembra un romanzo americano della seconda metà del novecento in cui si racconta la vita di tutti i giorni di persone normalissime. Niente di eclatante, nulla di particolarmente piccante, l’essere rivoluzionari nel vivere quotidianamente. Che senso ha per voi analizzare in forma sonora il vivere routinario di ognuno di noi?
Io scrivo le cose che vedo. C’è chi si sforza di scrivere su argomenti che non conosce abbastanza e il più delle volte finisce per farlo in maniera superficiale e banale. Io mi limito a raccontare la mia vita o degli episodi che in qualche modo mi hanno fatto riflettere. “AM:PM” è pensato per essere un concept album, dove tutto ruota intorno al tema del Giorno e della Notte, scegliere un tema comune può essere una cosa interessante e molto stimolante! Mi piace anche individuare un colore che identifichi la canzone o un’atmosfera e di solito cerco di rispettare questa ‘tinta’ anche nelle parole. Sono molto soddisfatto di come in “AM:PM” si completano testi e immagini sonore, ci avevo già provato in un certo senso con “Lovers” ma questa volta il risultato è decisamente migliore! Nel libretto inoltre è presente tutta una simbologia e delle immagini che vanno ulteriormente a rafforzare questo concetto.
Non è stato facile confezionare questo disco, il rischio è sempre quello di risultare confusi o di uscire dai binari di quello che vuoi realmente dire ma penso che alla fine dare un senso comune al tutto aggiunga quel qualcosa in più a quello che alla fine è comunque un disco di canzoni dei Dufresne.
Dalla vostra biografia si deduce che la strada, per quanto in salita, cominci a dare dei risultati, dal vostro myspace si deduce che l’attività live va via via incrementandosi e quindi in definitiva Dufresne è un nome che comincia a girare. L’Italia risponde alla chiamata o come al solito nel giardino d’Europa tutto ciò che esula dalla canzone popolare viene biecamente cassato?
Proprio ieri ero a Kiev in Ucraina, siamo tornati oggi da un tour di 12 giorni in Russia, un’esperienza decisamente tosta! Sicuramente guarderò con altri occhi le persone che dall’est vengono in Italia.
Il nostro paese può dare molte soddisfazioni e musicalmente parlando è indubbiamente molto più avanti di molte altre zone europee, purtroppo pero la sottocultura musicale non riesce a trovare dei canali di sfogo. I Dufresne per esempio sono in una specie di limbo tra l’underground dei centri sociali e il club alternativo e non mi posso certo lamentare di come negli anni è cresciuta la stima nei confronti del gruppo, vedo pero poco margine di crescita e poche strutture seriamente interessate a promuovere questo tipo di cultura. E’ quindi essenziale per tutte le band come noi tenersi delle porte aperte verso l’estero per non rischiare di arenare nella banalità dello stereotipo di musica italiana da radio, che più che vantare delle caratteristiche culturali e tradizionali è un marchio di fabbrica della melodia facile e disimpegnata.
Il terzo album è sempre un po’ la prova di maturità per una band. Dopo le aspettative seminate negli Album precedenti si attende una prova di forza che non sempre arriva. Siete contenti del vostro operato, e pensate che artisticamente parlando, tralasciando dunque valutazioni di validità del prodotto agganciate solamente al dato delle vendite, sia un’opera valida, di sostanza?
Se in Italia i dischi si valutassero in base ai dati di vendita credetemi… saremmo tutti delle schiappe!
La validità di un disco si vede nel numero di canzoni buone che ci sono dentro, “AM:PM” è il nostro terzo disco e per la prima volta abbiamo registrato nel nostro studio qui a Vicenza, quindi per un certo verso ci sentiamo molto più responsabili del risultato. E’ un disco pensato ma non troppo, fresco ma allo stesso tempo maturo, nuovo ma dove ci puoi sentire i Dufresne di “Atlantic” e anche di “Lovers”. A sei anni di distanza se mi riascolto sono ancora felice dei miei dischi e diciamo che quest’ultimo lo riesco ad ascoltare più volte di fila senza annoiarmi e mi sembra un buon risultato!
Qualsiasi forma artistica e di conseguenza chi ci sta dietro, l’Artista, utilizza una forma, nel vostro caso quella sonora, per analizzare ciò che vede, sintetizzare secondo delle proprie categorie e infine teorizzare un pensiero che sia la linea guida della propria comunicazione. Voi esprimete rabbia, velocità, impatto, i suoni che usate sono fortemente distorti e compatti. Oscar Wilde diceva che l’arte rispecchia lo spettatore, non la vita. Mi spiegate cosa vedete?
Personalmente vedo tanta noia e questo mi fa incazzare veramente tanto! I Dufresne per me sono come una secchiata in faccia a tutti coloro che dormono in piedi, vorrei urlare in faccia a tutti un bel “SVEGLIATEVI”.
Francesco Casati