I Sursumcorda ci mostrano la porta dietro la cascata

Doppio album per i Sursumcorda, band italiana che cerca di dare un nuovo significato alla parola ‘sperimentazione’, utillizando timbri inconsueti e accostando sezioni d’archi a strumenti popolari. Ecco le loro dichiarazioni.

La vostra nuova produzione “ La porta dietro la cascata” è un doppio lavoro costituito da un concept album e da un secondo disco di pezzi strumentali: potete spiegare ad Outune com’è nata l’idea e quali elementi di continuità ci sono tra i due dischi?
Fin dai primi lavori abbiamo sempre cercato di far incontrare musicisti provenienti da mondi musicali differenti e di portarli su di un terreno poetico comune. Il risultato è stato una composizione ricca di arrangiamenti e di particolari. Durante la registrazione ci siamo accorti che esistevano parti che avevano una forte identità, ma che risultavano meno udibili per effetto della pienezza dei suoni. Abbiamo deciso così di portarli alla luce e di valorizzarli in un secondo disco. Queste “costole” strumentali sono state chiamate “frattali” – figure geometriche che ripetono la loro struttura su scale diverse – in riferimento al fatto di essere parti ma di avere al tempo stesso l’importanza del tutto.

Nell’album sono presenti parecchi strumenti poco conosciuti al grande pubblico come ad esempio il cristallarmonio, qual è stato il primo di questi che avete scoperto e scelto? E in generale come entrate in contatto con la sperimentazione?
E’ la curiosità a portare verso la sperimentazione. Siamo sempre stati alla ricerca di timbriche particolari allo scopo di aumentare l’efficacia del messaggio sia testuale che musicale della canzone. Non è stata un’impresa facile ma si è resa possibile grazie alla sensibilità di Fausto Dasé, produttore artistico, di un ambiente ideale creato da Timur Semprini con la sua Accademia del Suono.

Non ricordo quale strumento “semisconosciuto” sia arrivato prima: ne abbiamo usati moltissimi e per ognuno avrei voglia di raccontarti una storia. Nel caso del brano “Infinito” ad esempio, cercavamo uno strumento che desse il senso della rarefazione, che fosse acuto e disteso: il cristallarmonio di Gianfranco Grisi è tutto questo. Gianfranco è un compositore geniale e raro che si è costruito il suo strumento, sai che i cristallarmonisti di tutto il mondo si contano sulle dita di una mano? Il suo suono si è amalgamato perfettamente con archi orchestrati da Daniele Ferretti, tutto è stato emozionante e sorprendente al tempo stesso.

Ascoltandovi si ha da subito la sensazione che la dimensione visuale rivesta una grossa importanza nella vostra musica e infatti avete lavorato spesso per creare delle colonne sonore di documentari, vi piacerebbe comporre per un film? C’è un regista con cui amereste collaborare?
Personalmente sono molto affezionato a Sergio Leone, per il suo modo unico di concepire il rapporto tra musica e immagine: non sono rimasto troppo sorpreso quando ho saputo che faceva sentire la colonna sonora agli attori durante la recitazione per ispirarli, col risultato che tutti si muovevano quasi “a tempo”. Sergio Leone non c’è più, ma in Italia abbiamo moltissimi registi di talento: Paolo Sorrentino, Giuseppe Piccioni, Silvio Soldini, Paolo Virzì, Giuseppe Tornatore, Gabriele Salvatores, Marco Bellocchio, Rocco Papaleo, Nanni Moretti e molti altri capaci di piccoli, grandi capolavori, fatti di sensibilità musicale, capaci di trasmettere emozioni vere. E’ difficile fare una scala di valori, ognuno ha il suo stile.

Il vostro orientamento verso la poesia si evince facilmente ascoltando “La porta dietro la cascata” ma vi sono anche dei riferimenti filosofici, da dove nasce questo interesse?
Abbiamo sempre pensato alla musica come a un linguaggio universale, compatibile con altri linguaggi e forme espressive. L’idea di inserire riferimenti poetici e filosofici rafforza questa idea.

Per terminare, avete intenzione di portare questo progetto in tour?
Certamente! Tanto più che dal vivo la nostra musica acquista un dinamismo e un respiro particolare grazie anche alle scenografie di Pietro Cardarelli, ideatore tra l’altro del packaging dell’album, e alle coreografie di Silvia Alfei. La nostra agenzia sta lavorando per una serie di concerti a partire dalla fine dell’estate. Abbiamo intenzione di portare la nostra musica anche oltre i confini nazionali.

Claudia Piras

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