Intervista Eusebio Martinelli Gazpacho è il nuovo disco

Intervista Eusebio Martinelli

Abbiamo scambiato qualche battuta con Eusebio Martinelli, trombettista italiano che con l’ultimo suo album, “Gazpacho“, realizzato insieme alla The Gipsy Abarth Orkestar, ha rivelato un talento fuori dal comune nell’armonizzare sonorità a prima vista molto distanti fra loro.

Com’è nata la collaborazione con la Gipsy Abarth Orkestar e come siete entrati in contatto?
Ho iniziato a pensare di realizzare questo progetto nell’estate del 2009, dopo aver fatto un viaggio in Macedonia ed essere stato al festival di Guca. In questo festival, particolarissimo in quanto vi sono decine di bande e si suona praticamente sempre per dieci giorni consecutivi, ho potuto suonare a lungo con questi musicisti e con altri venuti da tutta Europa che come me erano giunti lì per divertirsi portando con sé lo strumento. Il risultato di queste unioni musicali è stato assolutamente entusiasmante e ho allora pensato a quanto sarebbe stato bello dar vita ad un progetto in cui fosse presente questo spirito di musica gitana balcanica. Il progetto è nato quindi con la realizzazione di “Gazpacho” e con la partecipazione di quattordici amici musicisti che ho contattato da Serbia, Bosnia, Inghilterra e varie zone d’Italia. Essi vantano percorsi artistici tra loro molto differenti e caratteristici e grandi collaborazioni come Vinicio Capossela, Goran Bregovich, Modena City Ramblers…Nei prossimi concerti molti di loro saranno presenti come ospiti mentre l’attuale formazione base è costituita da cinque musicisti, ovvero da due strumenti solisti che sono la tromba e il violino e da una sezione ritmica costituita da contrabbasso, batteria e chitarra flamenco.

Cosa puoi dire ai nostri lettori per convincerli ad acquistare Gazpacho?
Quello che mi interessa prima ancora che convincerli a comprare il mio disco è che possano scoprire la mia musica e l’atmosfera che si crea in un concerto della Gipsy Abarth Orkestar. Ogni nostro spettacolo ha l’obiettivo di abbattere il piano che divide musicista da spettatore in un’unica grande festa. Inviterei quindi prima di tutto le persone a partecipare a questa festa per scoprire il disco. Ho cercato di tradurre in questo lavoro tutta la dimensione dei miei live.

[youtube iRX4G9xNDCM]

Trovi più interessante doverti inserire, come musicista, in contesti già definiti, come quando collabori ai lavori di altri autori, o trovarti da solo al timone libero di navigare dove vuoi?
La cosa più bella delle collaborazioni con altri progetti è che questo mi ha dato spesso la possibilità di lavorare con grandi musicisti in possesso di linguaggi musicali diversi e allo stesso tempo affascinanti, soprattutto quello balcanico, stile che ho potuto conoscere, apprezzare e studiare grazie appunto a fortunate collaborazioni. Del mio lavoro « al timone » quello che mi ha entusiasmato è poter lavorare con persone in empatia totale con il progetto e con cui esiste un vero rapporto di amicizia. Grazie alla loro energia il risconto con il pubblico è immediato e si istaura una condivisione tra artisti e spettatori insostituibile. Posso concludere dicendo che entrambe le esperienze per me restano fondamentali.

Hai collaborato con artisti molto differenti fra di loro, per proposta ed estrazione. Ritieni che il confine fra musica “colta” e musica “popolare” sia sempre più labile e che sia giusto abbatterlo o pensi che una distinzione sia comunque necessaria?
Quello che ispira il mio lavoro può essere una musica “colta” come il rumore della ghiaia. Non penso sia necessaria una divisione o forse è giusto che ci sia ma porsi questa domanda risponde ad un falso problema, quello che conta per me è che ci sia una partecipazione del pubblico, una ricerca di empatia con gli ascoltatori.

Cos’è, per te, la “buona” musica?
C’è una musica che nasce dalla ripetizione e da obiettivi legati ad un business. Il successo deve essere un’eventuale conseguenza e non il presupposto di una creazione. La buona musica è quella che nasce invece dall’intuizione, quella che riesce a stupire e che traccia percorsi nuovi. L’arte deve essere animata da emozioni autentiche e la musica come qualsiasi forma artistica ha il potere di scoprire nuove formule, per questo deve essere una magia sempre diversa che eccede qualsiasi definizione.

Nonostante il contesto di crisi generale (politica, economica e pure sociale) la musica italiana è in fermento, tanti artisti, tante band ma soprattutto tantissime idee e tanta freschezza. Pensi ci sia un nesso? Bisogna star male per essere più creativi?
Non credo che questa crisi veda crescere un fermento di arte, al contrario constato grandi difficoltà da parte di persone che rinunciano a un lavoro più creativo per necessità economiche. Non condivido questa idea di fermento positivo oggi e penso al contrario che una società più serena possa aiutare gli artisti a produrre opere di qualità. Capisco anche che a volte dalla crisi e dalla sofferenza nascano delle grandi vittorie della vita, una rivincita della libertà su un sistema che può essere prigione. Condivido appieno questa idea perché le spinte più forti provengono da un mondo interiore al di là di ogni contesto. Detto questo, la società ha il dovere di sostenere i suoi artisti per non vederli rinunciare alla propria creatività.

Pensi che la musica (e l’arte in generale) abbiano un ruolo nella società o sia solo fine a se stessa?
Non possiamo non constatare la presenza dell’arte e della musica come una necessità dell’uomo da sempre. Credo che l’arte abbia il compito di svelare una verità indicibile diversamente: ciò che rende il nostro essere libero. Nella società l’arte è ciò che rende più di tutto l’uomo libero. Basti pensare a quanto i movimenti artistici hanno anticipato e accompagnato i grandi cambianti della società nella storia. Credo che la creatività sia indispensabile in qualsiasi attività e risulti esemplare nell’arte, di conseguenza necessaria in qualsiasi società.

Recentemente è stato chiuso l’ennesimo sito considerato “pirata”. Qual è la tua opinione al riguardo? Cosa pensi di chi scaricherà Gazpacho?
Non posso che essere felice all’idea che la gente ascolti la mia musica. Spero che il sistema trovi un modo per salvaguardare i diritti degli artisti senza rinunciare a rendere la diffusione della musica sempre più democratica. Spesso la gente non ha idea di quali siano i costi di realizzazione, bisogna quindi lavorare sulle possibilità di produrre e rendere la gente sensibile alla dinamica che c’è dietro la produzione di un disco, magari alleggerire altre spese di diffusione per permettere che la musica sia sempre più alla portata di chiunque abbia voglia di ascoltarla. Se il risultato ora fosse che “scaricato” Gazpacho sia in ogni casa, confermo che ne sarei solo felice.

L’artwork di Gazpacho è piuttosto bello ed attinente alla musica. Quanto consideri importante la presentazione “visiva” di un disco?
È un grande piacere per me constatare il successo di questa dell’artwork di Gazpacho. E’ stata realizzata da Robert Kondorosi, artista poliedrico di Berlino, ascoltando la mia musica e impiegando mesi. Penso che non sia una cornice o una presentazione bensì parte integrante di un’opera d’arte complessiva. Aprire un disco comporta un’esperienza di sinestesia. Robert nel suo lavoro, più che creare una cosa bella,  a voluto tradurre un’esperienza musicale in immagini. Ha trasmesso gli ingredienti del mio lavoro: la fantasia, l’ironia, la diversità degli elementi.

Stefano Di Noi

Lascia un commento