È in tour per presentare i brani di ‘Pelle d’oca e lividi’ dodicesimo album della sua carriera, mentre è appena stato lanciato il video di ‘Io Ho’ terzo singolo estratto; per l’occasione abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Gatto Panceri.
Partiamo dal nuovo lavoro: 19 tracce e oltre settanta minuti di musica, un bel rischio di questi tempi.
Anche essere stato impegnato nella sua realizzazione per quattro anni è stato un rischio, ma l’idea che avevo in testa era chiara e volevo dare alle stampe un vero album, non una raccolta di singoli come troppo spesso ultimamente accade in questo mondo. Un album ha bisogno di tempo, di canzoni anche molto diverse fra loro, ma interconnesse e che sia piacevole scoprire, dandosi il giusto tempo per farlo.
La cura che hai messo nella realizzazione di ‘Pelle d’oca e lividi’ è infatti subito udibile. Ti sei messo in gioco su più fronti.
Oltre ovviamente ad aver scritto tutti i testi e le musiche, sono l’ arrangiatore, produttore artistico e esecutivo, assieme ad aver suonato in pratica tutti gli strumenti.
Credo sia anche un bellissimo esempio di libertà artistica che hai dato. Certo, una libertà che probabilmente non avresti potuto avere con una una grande casa discografica. Mi correggerai se sbaglio, ma credo che sia, anche se solo in parte, un effetto positivo della crisi che ha colpito il cantautorato di qualità in Italia in questi anni: non si hanno contratti con le major, ma si ha una maggiore libertà espressiva.
E’ vero, sicuramente una major non mi avrebbe permesso questa libertà. Oggi si cerca ossessivamente il singolo commerciale, quello che può dare subito i maggiori riscontri e passaggi radiofonici. Un cantante è sotto pressione costante per questo e alla fine non si concentra più sul messaggio, sul creare un qualcosa che piaccia in primis a lui, che lo rappresenti e che solo successivamente viene dato agli ascoltatori che sono liberi di premiarlo o meno con gli ascolti. Il singolo commerciale è una moda, mentre i grandi album come “Strada Facendo”, “Nero a metà” o “Buon Compleanno Elvis” non si fanno più. Ma le mode sono per definizione passeggere e possiamo sfruttarle per avere maggiore libertà.
In questo viaggio artistico ti hanno accompagnato anche Roby Facchinetti e Patrick Dijivas due figure importantissime per la musica italiana, anche se appartenenti a due famiglie musicali molto diverse fra loro. Raccontaci il loro apporto a ‘Pelle d’oca e lividi’.
Patrick Divas lo ritengo, oltre che un amico, il mio maestro. Fu lui tra i primi a credere in me e ad aiutarmi concretamente nel migliorare la mia tecnica. Oltre ad essere un fenomenale musicista. Il nostro sodalizio artistico dura da più di vent’anni. Mentre Roby è entrato recentemente nella mia carriera, ha creduto in questo progetto e lo ha voluto pubblicare attraverso la propria etichetta discografica, la ‘Hit Rainbow Srl’ coadiuvato anche dall’esperienza di un grande Editore Musicale come Athos Poma. Con lui mi sono trovato benissimo per due ragioni in particolare: mi ha dato una completa libertà espressiva e oltre ad essere un discografico è un musicista competente, con lui infatti si può parlare anche di tecnica compositiva, conosce il linguaggio dei musicisti e sa come dare un contributo.
A quattro mesi dall’uscita del tuo nuovo album, il momento migliore e se c’è stato il momento peggiore.
Di momenti belli ne sto collezionando molti, ma quello che al momento mi ha dato più soddisfazioni è stato vedermi, dopo le prime due settimane dalla pubblicazione, al primo posto di iTunes rock. Avevo il timore che quattro anni di silenzio fossero stati un periodo troppo lungo e che in qualche modo si fossero dimenticati di me (ride n.d.r) e invece mi stavano aspettando in moltissimi. Se devo individuare un momento peggiore, potrei citare la scarsa diffusione del mio lavoro sulle grandi radio. In questo caso c’è proprio un problema di linea editoriale. Noto un appiattimento dei palinsesti e una continua rincorsa a far passare solo poche canzoni sempre uguali, anche su radio che fino a poco tempo prima non avrebbero mai passato rap o trap per intenderci. Vedo una rincorsa alle mode musicali del momento a discapito dell’ascoltatore stesso che invece vorrebbe ascoltare anche altro, o meglio vorrebbe ascoltare su certe radio un determinato genere, come il cantautorato italiano di qualità che oggi non viene più passato anche da quelle radio che per anni sono state un punto di riferimento per questo genere. Non sono contro ad alcun genere musicale, né mi interessa la diffusione massiccia dei miei brani, quello che non mi piace è che non ci sono più programmazioni radiofoniche originali e diversificate.
Sei in tour attualmente? Qual è stata la tua scelta per la scaletta? Preferisci dare più spazio possibile ai nuovi brani oppure hai trovato una quadra per riuscire a condensare in un unico set quella che è la tua estesa e importante produzione artistica?
Sì, questa estate abbiamo fatto molti concerti interessanti in bellissime location, e saremo presto a Vercelli, Biella, Frosinone e Avellino mentre è già in programma una leg del tour nei teatri con tre date a Roma, Monza e Reggio Calabria per il 2018 e altre in fase di definizione nei primi mesi del 2019. Per la scaletta invece rimango fedele alla scelta di portare al pubblico le canzoni che più ama e più mi richiede, ci saranno ovviamente anche i brani del nuovo album, oltre ai singoli anche Nero Polvere che trovo molto bella nella versione live, ma nelle ventidue canzoni che compongono la scaletta non mancheranno i brani più famosi. Non soffro affatto nel riproporre o cantare le mie canzoni “più sentite” è un modo per rispettare la propria carriera e il pubblico che ti segue e ti ama proprio grazie a quei brani.
Ci saranno anche canzoni che hai scritto e donato ad altri musicisti e che hanno avuto talmente tanto successo da entrare nella storia della musica italiana, a tal proposito toglimi una curiosità. Ci si pente mai di aver “ceduto” una propria creazione quando questa raggiunge un successo così importante e viene legata al suo interprete piuttosto che al suo autore?
Non mi pento, anzi, temo esattamente il contrario. Io scrivo molto e non potrei mai pubblicare tutto. Anche se in fase di scrittura tutte le mie canzoni le creo pensando a me e mai ad altri, quando capita che una di queste, una volta terminata, la vedo adatta ad un particolare timbro vocale di un artista non esito a proporgliela. A quel punto se la canzone ottiene un grande successo sono il primo ad esserne felice, sia perché ne sono l’autore, sia perché ho avuto l’intuizione giusta nel cederla a quell’artista in particolare e non è stata una canzone “sprecata”. Se e quando ne ho nostalgia potrò sempre riproporla nei miei concerti.
Non ti chiedo qual è la tua canzone preferita di Pelle d’oca e Lividi, ma dopo quattro mesi dall’uscita dell’album, ce n’è una che senti più rappresentativa di questo tuo lavoro, che secondo te lo identifica al meglio?
Mi sono accorto che vado a periodi. Quando è uscito l’album non avevo dubbi che fosse proprio “Pelle d’oca e lividi”, poi si è fatta strada “Ero Polvere”. Oggi è “tu MAI” che pian piano scopro sempre più insinuarsi nelle mie preferenze.
Grazie a Gatto Panceri e Maurizio Scandurra