Intervista a Joey Jordison, mente degli Scar The Martyr

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Ah i side project. Queste chimere che tempo fa erano un divertissement apprezzato dai fan, sono dagli anni zero in poi diventati la norma, se non addirittura la condicio sine qua non per ogni musicista che riesca a diventare sufficientemente conosciuto con la band madre. In casa Slipknot l’esempio Stone Sour ha fatto figli quasi da subito. Un po’ sfigati a dire il vero, i Murderdolls erano divertenti ma non potevano evidentemente durare. Corey e Jim hanno impiegato diverso tempo per poter dire “ok ora abbiamo una credibilità anche con questo moniker”, benchè non suonino esattamente negli stadi, si divertono e sfogano il proprio estro a intermittenza regolare.


Outune.net – Joey Jordison ID for Italian fans on MUZU.TV.

Joey Jordison (uno dei migliori batteristi al mondo uscito dalla bistrattata scena nu-metal che ha in seguito conquistato l’universo con le avanguardie Korn e Deftones e i successivi avamposti Slipknot e System Of A Down) deve aver pensato “ehi qua rischio di diventare sempre più come Gene Hoglan (per carità di dio Joey la crisi dei 40 sta arrivando ma cambia dietologo) senza avere fatto almeno un’altra band“. Eccoci quindi con gli Scar The Martyr, side project più darkettone del previsto, con echi industriali e metallo moderno. Non male per nulla a dire la verità, già dalla prelistening di sei pezzi la cosa mi aveva interessato non poco.

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Quanto spaccano Soul Disintegration e Prayer For Prey? Le ho sentite ora per la prima volta…
“Spaccano un sacco, Soul Disintegration non è il pezzo più cattivo del disco, anzi è uno dei più melodici…”
No no ma chissenefrega della cattiveria, è proprio bella, oscura, quasi gotica e con un ritornello della madonna! Prayer è più pesante è vero, ma non per questo scontata…
“(risate) Prayer For Prey è pestatissima ma ha delle aperture melodiche supportate dalle tastiere che adoro personalmente…Comunque anche io la vedo così su SD, per me è stato qualcosa di nuovo comporre e suonare un pezzo del genere, ma  è bello sperimentare e lasciare fluire i pensieri liberamente. In generale volevo qualcosa che impattasse ma che fosse anche immediato e melodico.”
Missione compiuta direi
“Sì sono felicissimo del risultato finale, avevo così tante idee che temevo di non riuscire a canalizzarle. Pensa che ho praticamente composto tutto io, batteria, basso e chitarre. Mi sono poi reso conto che con una band vera sarebbe potuto uscire qualcosa di grandioso. E così ho chiamato degli amici (tra cui un certo Chris Vrenna, ndr) e un cantante che mi avevano consigliato (Henry Derek, ndr). E’ stato semplicissimo, immediato e tremendamente divertente!”
Si sente eccome nel disco tutto questo…
“Sì e non vedo l’ora di portare in tour gli Scar The Martyr, mi auguro di poter passare anche dall’Italia quanto prima!”
Ah bè qui giochi in casa, i fan degli Slipknot vi accoglieranno a braccia aperte!
“Lo so, il pubblico italiano ci ha sempre galvanizzato, siete dei pazzi furiosi e ci supportate da così tanto tempo!”
Oddio io ricordo che la prima volta vi tirammo anche le peggio cose sul palco a dire il vero, al Gods of Metal del 2000…
“Cazzo è vero, avevo rimosso! Eravamo in uno stadio, un tot di gente voleva vederci e altri no, davanti al palco c’era il pandemonio ma ricordo anche qualche bottigliata. Col passare dei minuti tuttavia il supporto crebbe esponenzialmente!”
E qualche anno dopo siete stati headliner nello stesso stadio…
“Sì la crescita degli Slipknot in Europa e negli States è stata spaventosa e imprevedibile, sarei felice di riuscire ad avere un decimo di tutto questo successo con gli Scar The Martyr…”

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