Intervista ai Pinguini Tattici Nucleari: “Dagli anni di piombo agli anni dei meme”

Dopo una breve serie di concerti tra giugno e l’inizio di luglio, i Pinguini Tattici Nucleari torneranno in tour da questo weekend per una nuova serie di show che li terrà impegnati fino alla fine dell’estate, con molte date da headliner ed alcune presenze ai festival, oltre all’ospitata alla tappa di Vasto (CH) del Jova Beach Party. Abbiamo incontrato la band bergamasca al completo a poche ore dal debutto estivo, che si è tenuto ad inizio giugno al Core Festival di Treviso

Quella a Core Festival è la prima data del vostro tour estivo, cosa vi aspettate?
Ci aspettiamo sicuramente tanto amore, tanto affetto, magari qualche nuova conoscenza frizzantina.. ci aspettiamo di tirar fuori un po’ di amore da questo festival e di portarcelo a casa.

È diversi anni che suonate insieme e oggi siete ad un festival, il Core, che può essere interpretato come cuore ma anche una scelta di mantenersi puri alla propria essenza. Ritenete di averlo fatto come band nel vostro percorso?
Più che puri, che riteniamo una parola complicata, integri è il termine che ci descrive al meglio. In effetti noi siamo noi e siamo le stesse persone che sono partite da un tour autoorganizzato e che poi sono passate ad un’agenzia. I fan stanno crescendo ma cerchiamo di rimanere sempre sé stessi, con le nostre facce simpatiche, e ci teniamo, anche se siamo consapevoli che ci possono essere degli scossoni che cambiano le carte in tavola. Inoltre ci sarebbe anche la Kore greca, che è la danza.

Siete passati da indipendenti a major. Qualche cambiamento o crisi di identità?
Crisi di identità mai, alla fine siamo sempre noi solo che suoniamo meglio a livello di produzione, visto che c’è stato un team dietro e noi che abbiamo lavorato per due mesi a tempo pieno, rimanendo fissi a Milano per registrare il disco. Il risultato si sente: è molto più potente e più vivo. L’unica differenza è questa, se dobbiamo dirla tutta, e te lo spiego semplicemente. Se una band ha fatto tanta strada da sola, non avrebbe senso per un’etichetta, anche major, prenderla e imboccarla in una strada diversa; il loro compito è quello di farti percorrere la strada più velocemente. I Pinguini Tattici Nucleari erano già prima di Sony una band avviata con molti fan alle spalle, è diverso da chi arriva sprovveduto da un talent. Certo, chiaramente fa piacere a tutto vedere il tuo video in TV e avere la consapevolezza di poter andar oltre ad un percorso che con i tuoi piedini non potevi raggiungere.

Forse perché non fate trap?
In realtà un pezzo trap lo abbiamo anche fatto. Ma la trap, pur essendo una bolla, è anch’essa aiutata perché distribuita da major. Perché se firmi una distribuzione con una tua etichetta fai una cosa diversa ma simile dal firmare direttamente con loro; mantieni comunque la tua identità ma di fatto usufruisci della potenza di fuoco di una major.

Cosa significa per voi “Fuori Dall’Hype”?
L’Hype è come un sole: figo, bello, serve, ma se ti avvicini troppo ti scotti. Noi ci stiamo avvicinando troppo, ad essere sinceri, e quindi ci stiamo attrezzando perché siamo consapevoli che se cresci troppo in fretta dopo un secondo puoi sparire. La nostra idea di carriera è completamente diversa, il nostro obiettivo è cercare un qualcosa di più graduale, lento e progressivo, scalino dopo scalino.

In passato avete inciso un pezzo “We Want Marò Back”, con toni ovviamente ironici. Come vi sentite a vivere questo meme vivente del 2018-2019?
Bella la definizione di meme vivente, siamo passati dagli anni di piombo agli anni dei meme. Ogni ciclo di anni ha la sua cosa che lo contraddistingue ma, più che altro, è dura dare un’interpretazione di come viviamo questa precisa fase storica. È dura per noi giovani interpretare la realtà dove viviamo al di fuori di internet, essendoci molto legati. Prendi ad esempio Trump, nessuno avrebbe pensato alla sua vittoria alle Presidenziali, ci sembrava uno scherzo. In realtà ha vinto perché una grossa fetta di società è scollegata da questo mondo, non è influenzato e non entra in questo tipo di discussione. Ci sembra di vivere in un meme vivente forse perché la generazione di Internet è slegata e diversa, e alcuni ci entrano con un approccio sbagliato. Prendi il discorso fake news, è quello il problema: nella generazione Internet o ci sei nato dentro o, se hai cinquanta o sessant’anni, non è semplice l’approccio di un mondo che non riesci a capire. Poi succedono queste cose sotto gli occhi di tutti; cambia il modo di fare politica, nel bene o nel male, ma siamo consapevoli che nulla duri per sempre. Stiamo vivendo una fase molto strana, ecco.

Questa è la prima edizione di Core Festival. Qual è la prima volta in musica?
A Cuneo, la prima volta in cui siamo andati fuori dalla provincia bergamasca. Era il novembre 2015, siamo andati a suonare e la gente era incredibilmente scalmanata. Non ci aspettavamo granché ma ci siamo trovati un pubblico che già cantava le nostre canzoni. È stato un momento importante, che ci ha portato a rimanere amici del promoter di questa data, e che ci ha fatto capire che potevamo diventare una cosa seria.