A soli tre anni dalla loro fondazione, i The Black Queen vantano nella loro discografia ben due album; l’ultimo, “Infinite Games“, è arrivato nei negozi lo scorso 28 settembre per la Federal Prisoner. In occasione della loro prima data italiana, in programma il 20 ottobre al Legend Club di Milano, abbiamo contattato il frontman del gruppo Greg Puciato, noto principalmente per i suoi trascorsi nei Dillinger Escape Plan ma convinto e devoto a questa sua nuova causa musicale.
Siete musicisti che arrivano da differenti background, puoi raccontarci la storia dei The Black Queen?
Steve ed io veniamo da simili background e ci conosciamo più o meno dal 2006. Ci ha aiutato con i Dillinger Escape Plan nella produzione di “Ire Works” per poi andare in tour con noi, con Trent Reznor, Billy Howerdel e molti altri, tra cui Kesha. Abbiamo iniziato a scrivere pezzi insieme nel 2010 e l’anno dopo conobbi Josh, quando i Dillinger Escape Plan erano in tour con i Puscifer. Siamo fan a vicenda della nostra musica e questa cosa ci ha colpito personalmente. Abbiamo scoperto di vivere tutti a Los Angeles e quindi abbiamo deciso di uscire insieme. Dopo questo percorso, la band è stata una semplice progressione di un’amicizia e di comuni interessi.
Avete pubblicato “Fever Daydream” quasi tre anni fa. Venne concepito come una cosa occasionale o come il primo capitolo di una nuova band fin dall’inizio?
Se devo essere onesto con te, posso dirti subito che al tempo avevamo tanto materiale uscito dalle nostre teste, questo perché eravamo molto eccitati della prospettiva e per le possibilità creative che si erano instaurate tra noi tre. Avevamo una rara combinazione di forze ed intersezioni che si completavano a vicenda e sapevamo che sarebbero uscite molte cose. Nei piani iniziali il disco sarebbe dovuto uscire in tre volumi, che sarebbero stati pubblicati in un arco temporale nemmeno lungo, quanto necessario per pubblicarli, ed eravamo pronti ad un percorso di questo tipo. Ma quando “Fever Daydream” venne pubblicato, le cose iniziarono a cambiare e realizzammo il nostro desiderio di non essere confinati a questo progetto. Quindi è arrivato “Infinite Games”. Però sapevamo fin dall’inizio che sarebbe stata una vera band, non un progetto, non una cosa occasionale. Non lo ho mai interpretato in questo modo, e nemmeno gli altri.
Nel 2018 è uscito “Infinite Games”. Avete scritto alcuni pezzi già nelle sessioni del precedente disco o tutto è partito da zero? E come è stato inciso?
“Porcelain Veins”, il primo brano inciso, risale alle prime demo di “Fever Daydream”. Ma suona come un brano estraneo a quelli. Alcune parti vocali e del testo sono rimaste inalterate, ma alcune cose sono state riviste. Tutto il resto è stato inciso da zero tra marzo 2017 e maggio 2018. Per i lavori abbiamo diverse modalità. Una è che uno di noi presenta agli altri un punto di partenza. L’altra è che io e Steve scriviamo insieme, o io e Josh. Una volta che l’idea viene impostata per bene, tutti e tre vengono coinvolti per renderla realtà. Non facciamo molto file sharing, per il semplice motivo che viviamo molto vicini e ci vediamo praticamente ogni giorno. Abbiamo uno studio di nostra proprietà, nel quale trascorriamo il tempo libero al di fuori del lavoro. Quindi l’invio di file è una cosa senza senso, salvo che uno di noi non sia via.
La proposta dei The Black Queen ricorda molto i primi Nine Inch Nails, quelli di “Pretty Hate Machine”, e i Depeche Mode. Puoi definire loro come le vostre principali influenze? E ne vuoi citare altre?
Credo che questi siano dei facili riferimenti per chiunque voglia approcciare alla musica elettronica. Penso che i Depeche Mode siano un influenza più importante dei Nine Inch Nails, ma personalmente anche i My Bloody Valentine sono una grande influenza. C’è anche una matrice RNB importante e anche il sound ambient ha avuto il suo peso. Una cosa certa è che non escludiamo nessun suono. Possiamo tranquillamente fare un album orientato sulle chitarre, come incorporare delle batterie acustiche in sede live. Il nostro scopo è scrivere pezzi e quando parliamo tra di noi le influenze sono le emozioni e le esperienze, non necessariamente delle band del passato. Farsi influenzare è inevitabile, un’altra cosa è fare delle canzoni che suonino come la musica di altri, un’approccio compositivo che dovresti superare da quando hai almeno.. tredici anni.
Tu sei il componente più conosciuto dei The Black Queen. Non hai paura che il tuo passato nei Dillinger Escape Plan possa limitare il crescere della tua fanbase?
Credi che la commedia abbia intrappolato a vita Robin Williams? Non mi risulta che abbia fatto fatica a far conoscere il suo film “L’attimo fuggente”. Non sono un artista focalizzato su di un genere. Non mi interessano i generi e la fanbase dei Dillinger Escape Plan non è confinata ad un solo genere. Rispondono ad onestà ed emozioni. Non c’è nessuna differenza anche per me, su questo ho lo stesso approccio. Molte persone che entrano in contatto con i The Black Queen non conoscono i Dillinger Escape Plan, anzi, molto spesso li scoprono in un secondo momento. Coloro che hanno la necessità di convincersi sono principalmente quelli della stampa, e questo approccio spiega molte cose più su di loro che su di me.
Vi ho visti nel 2016 a Brooklyn. Suonerete un concerto simile, intimo ma potente, o cambierete il tipo di live?
Questo è il nostro obiettivo: uno show intimo ma potente. Siamo molto curati anche nell’aspetto dei visual, anche se le date che suoneremo in Europa saranno leggermente più spoglie rispetto alle altre date del tour. Una cosa è certa: voglio rimanere il più selvaggio possibile sul palco, su disco..
Greg, come ti senti a quasi un anno dalla fine dei Dillinger Escape Plan? Hai cambiato il tuo modo di vivere dopo la fine di questo capitolo professionale?
Sinceramente la mia vita è praticamente invariata. Faccio le stesse cose che facevo prima. Abbiamo sempre avuto dei periodi di pausa tra un disco e l’altro; l’ultima volta ce ne fu così a sufficienza da permettermi di pubblicare due album al di fuori dei Dillinger Escape Plan. Quindi al momento non mi sento molto diverso. Lo sarò tra un anno? Ma adesso non lo posso prevedere. Amo cosa abbiamo creato insieme, sono fiero di noi come musicisti e come persone e chiaramente amo i miei ex colleghi, sopratutto come persone. Abbiamo fatto qualcosa di straordinario insieme, con tutte le cose buone e cattiva capitate negli anni. Ma la vita resta sempre quella, faccio arte e mi dedico a tempo pieno ad essa, andando anche in tour se necessario. Sono stato in tour da quando avevo nove anni e presi in mano una chitarra, è una sorta di linea continua per me. Non mi fermo mai, sono ossessionato da tutte queste cose da quando ho ricordi.