Un artista che potrebbe passare per l’antidivo per eccellenza, benchè la sua percentuale di figosità risulta assolutamente oltre la media presso il pubblico femminile. James Morrison ha presentato il suo nuovo album “The Awakening” durante un recentissimo passaggio italiano e ha mostrato ai media anche il suo lato più intimo parlando del padre scomparso di recente e della propria figlia, oltre a spiegare in che modo è giunto alla realizzazione del suo terzo disco. Il terzo disco appunto, quello che è molto spesso uno spartiacque nella carriera di un’artista e che spesso distingue i grandi dalle comparse: quanta pressione aveva James sulle spalle mentre lavorava al platter? “Devo dirti la verità, durante la composizione e la registrazione del disco non avvertivo particolari pressioni, ora che l’album è fuori l’avverto eccome. Ho messo così tanto me stesso nell’album, tanta passione e proprio il mio cuore che se andasse male ne uscirei male io stesso. Ho creduto tantissimo in “The Awakening” e penso che questo sia un ottimo disco. Per uscire di casa e lasciare mia figlia da sola per così tanto tempo per girare il mondo a promuoverlo vuol dire che ci credo davvero tanto! Dico di più, se andasse male pazienza, preferisco fare qualcosa in cui credo al 100% e fallire piuttosto che impegnarmi in qualcosa di cui non me ne frega nulla!”
Convinto e determinato, anche consapevole e maggiormente maturo: “Mi sono successe parecchie cose di recente, mio padre se ne è andato e a mia volta sono diventato anche io genitore dopo la nascita di mia figlia. Essenzialmente il nuovo album parla di lei, di come ci si sente a essere padri, ma il lavoro risente eccome della scomparsa di mio padre. Mi veniva facile parlare e scrivere pensando a lui, ricordando i tanti momenti passati insieme, ascoltando Stevie Wonder e Van Morrison pensando appunto a quando li ascoltavo insieme a lui. Tuttavia non volevo che questo fosse un album triste ma positivo e pieno di speranza. Volevo meno pop e più maturità artistica, più vibrazioni live possibili, volevo che si sentisse proprio che questo lavoro era stato composto innanzitutto da una band, da una grande live band. Io ho una grande band che mi accompagna, onestamente non avrei mai voluto essere un artista solista ma fare parte di una grande band. È anche per questo che non vedo l’ora di portare sul palco i pezzi nuovi, suonano dannatamente bene e sono adattissimi a essere proposti on stage. Mi ero anche stancato di essere considerato il romanticone sdolcinato di turno, mi serviva un risveglio anche in questo senso e penso di averlo indotto e trasmesso con questo lavoro. Ve lo dimostrerò quando tornerò in Italia nel 2012 (probabilmente il 22 febbraio a Milano…, ndr)”
Infine quanto ti senti migliorato come cantante dopo tre prove da studio? “Sono sicuramente migliorato, quanto non lo so dovete dirmelo voi, ma sicuramente rispetto agli altri dischi parecchio. Nel primo ancora non sapevo come utilizzare la mia voce, nel secondo stavo imparando a gestirla meglio ma è in questo album in cui sono arrivato a sfruttarla a dovere. Tantissimi concerti e ore di allenamento mi hanno consentito di controllarla meglio e di riuscire a dosarla come si deve. Giudico “The Awakening” un ottimo lavoro anche per questo motivo.”