Intervista ai Jimmy Eat World: “Se ti piace quello che fai, è impossibile rovinarlo”

Per affrontare il caldo afoso che ha colpito Milano ci sono diverse opzioni, noi abbiamo scelto quella più adatta al nostro modo di essere: chiuderci nel tour bus con aria condizionata dei Jimmy Eat World e fare due chiacchiere con loro prima di vederli dal vivo sul palco del Milano Summer Festival all’Ippodromo San Siro.

La band è tornata per presentarci “Integrity Blues“, il loro ultimo lavoro uscito lo scorso ottobre. È un disco un po’ diverso dai precedenti, lo si capisce subito: lo scheletro resta lo stesso, ma il vestito è più colorato. La riconoscibilità è fondamentale per una band come i Jimmy Eat World, che ha militato per anni in un genere specifico (quell’emo-rock che in tanti hanno provato a copiare e in pochi sono riusciti a tramandare) e nonostante quelle sfumature che hanno permesso di scrollarsi dalle spalle un po’ di polvere, perché che noia essere sempre uguali a se stessi, appena arriva la voce di Jim Atkins non puoi fare a meno di dire “aaaaa ok, sono comunque ancora loro”.

La band dell’Arizona non ha seguito, quindi, il trend del momento di tornare con lo stesso nome ma di stravolgere completamente il proprio sound (coff coff, vero Paramore?) Sembra che il tempo per loro non sia mai passato: hanno quarant’anni e sembrano rimasti a quando ne avevano venti, i volti sono distesi, la gioia traspare subito. Hanno voglia di raccontarsi, come se fosse la loro prima intervista in assoluto. Per chi si ritrova nella posizione di porre le domande, è fondamentale trovarsi davanti qualcuno che abbia qualcosa da dire. Io quel qualcuno l’ho trovato in quel tour bus.

Partiamo proprio dall’aspetto del cambiamento: cos’è successo ai Jimmy Eat World? Niente paura: “Lo abbiamo fatto di proposito” mi dicono, “l’idea è quella di mettere sempre te stesso alla prova. Ci sarà per sempre una parte di te che sarà sempre la stessa, continuiamo a essere i Jimmy Eat World, non puoi scappare da quello che sei, semplicemente si cerca di spingersi sempre un passo più in avanti, per riuscire a fare sempre meglio. Se non lo fai, allora cosa stai facendo?
La ricezione da parte di pubblico e critica è stata ottima, proprio perché non c’è stato un vero e proprio stravolgimento. “Non ci si deve mai preoccupare delle reazioni degli altri, altrimenti non ne esci. “Integrity Blues” piace sia ai fan di vecchia data che a molte persone che non ci hanno mai visti suonare dal vivo, è una bella sensazione!

È la prima volta che i Jimmy Eat World salgono su un palco di un festival italiano, hanno suonato diverse volte nei club ma mai davanti a così tante persone (almeno nel nostro Paese). “Le aspettative sono alte perché il pubblico italiano è ‘crazy’, but ‘good crazy’”. Noi italiani saremo pure dei casinisti, ma c’è da dire che come calore siamo tra i pubblici migliori, lo dicono tutti. Oh, qualche pregio dovremo pur averlo, no?

La line-up della serata è potente ma strana allo stesso tempo: se all’estero è normale ritrovarsi a festival misti, dove sullo stesso palco possono alternarsi i Blur e Beyoncé, qui da noi siamo ancora radicati a un concetto di settorialità che invece, questa sera, si prova ad abbattere. Dopo i Jimmy Eat World, infatti, sul palco si alterneranno Editors e Kings of Leon, due band che appartengono a un panorama più “indie” come genere, se è ancora possibile parlare di generi. È vero, tutte e tre le band appartengono al macro mondo del Dio Ruock, ma è probabile che i fan degli Editors non conoscano così bene i Jimmy Eat World e viceversa. “È interessante suonare in una serata come questa perché ogni band ha una fanbase diversa e sì, siamo band diverse ma l’audience sarà sicuramente di mente aperta e sarà in grado di trovare qualcosa di interessante in ogni band, spero che tutti passino una bella serata”.

Speranze positive, cambiamenti accolti bene da tutti: i Jimmy Eat World sono tra le persone più rilassate e positive che io mi sia mai trovata davanti. Non è difficile, quindi, capire come sia possibile che la band abbia gli stessi membri dal 1995: “È semplicissimo, proviamo a divertirci. Se ti piace quello che fai, non capisco come sia possibile rovinarlo”. Un po’ come l’amore, rispondo io, praticamente sono sposati da più di vent’anni e non hanno mai avuto mezzo accenno di crisi. Sorridono e mi dicono “yeah, just like love”. Menomale che c’è qualcuno che ancora ci crede.

La domandona su Taylor Swift la lascio per ultima, perché sono un po’ impaurita: non potrei mai perdonarmi di aver fatto incazzare delle persone così gentili. Long story short: Taylor Swift ha cantato “The Middle”, il pezzo più famoso della band, in uno spot per Apple Music, e si è poi dichiarata super fan della band. Abbiamo scoperto, quindi, che Taylor Swift è stata un’adolescente emo e ci siamo sentiti tutti un po’ meno soli e vergognosi del nostro passato. “Sinceramente ci ha lusingati: lei ha una fanbase enorme e la nostra musica è arrivata anche a chi non ci conosceva. Ne hanno parlato praticamente tutti, quindi è andata bene”.

Sì ma ragazzi, sbottonatevi un attimo: come ci si sente a pensare che una reginetta del pop sia cresciuta con la vostra musica? Non è una sensazione strana? “Per noi è un complimento enorme pensare che qualcuno possa ritagliarsi del tempo per ascoltare quello che hai fatto e renderlo importante per sé stessa. Ci riempie di orgoglio”. Niente, io ci ho provato, ma scalfire la corazza dei Jimmy Eat World è impossibile. Ma la mia è tutta invidia: vorrei tantissimo riuscire ad arrivare ad avere la loro totale serenità. Ma questo glielo dirò un’altra volta.