Karbonio14: “Il rinnovamento deve partire dalla conoscenza di se stessi”

Karbonio-14

Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con i Karbonio14. Valerio Carboni, cantante e chitarrista della band, ci racconta del disco d’esordio e dei prossimi progetti del gruppo.

Tra le luci bianche è il vostro album d’esordio. Quanto lavoro c’è dietro a questo disco? Quali sono state le tempistiche per la realizzazione (scrittura e registrazione) dello stesso?
In realtà, la scrittura dell’album e il suono sono usciti molto naturalmente. Noi 4 ci conosciamo da tanto tempo e condividiamo esperienze comuni. Ci siamo trovati a completarci in modo (ripeto) veramente naturale. Ognuno ha dato il suo contributo. Diciamo che le canzoni sono state scritte nell’arco di un anno, la pre-produzione ci ha “tenuto lì” circa 6 mesi, e la registrazione e mixaggio è durata circa due mesi.

Il comunicato parla di brit-pop, inevitabili chiedervi quali sono le influenze principali della band internazionale e anche nazionale, dato che arrivate dall’Emilia, terra di grandi artisti…
Il sound d’ispirazione è (appunto) il British Pop-Rock, dai Coldplay, agli U2 (che sono irlandesi ma hanno avuto in comune coi Coldplay lo stesso produttore Brian Eno); un sound che prende anche dai Beatles. I nostri riferimenti italiani sono i Subsonica, i Negramaro, e in generale il cantautorato italiano, cerchiamo di dare molta importanza ai testi. Suoni apparentemente sprecisi, poco definiti, ma che creano (con le chitarre e i sintetizzatori) un ambientazione sonora, che gli inglesi chiamano Sonic Landscape. In realtà non ci rifacciamo molto ai suoni della nostra zona, nonostante l’influenza rock-emiliana sia dentro di noi da sempre, e quindi ci influenzi indirettamente.

Qual è l’obiettivo artistico della vostra band? Quali messaggi vorreste veicolare agli ascoltatori?
Non abbiamo un messaggio preciso, non vogliamo utilizzare la musica per veicolare dei messaggi, siano politici o di altra natura. Noi cerchiamo di descrivere, con le nostre parole, tratti dell’animo umano, in relazione con se stessi e gli altri. Io penso che il primo vero rinnovamento e cambiamento debba partire dalla conoscenza di se stessi. Il disco è un piccolo viaggio, una piccola analisi all’interno di un io narrante.

Credete che la crisi economica che sta investendo qualsiasi ambito lavorativo possa a lungo andare valorizzare prodotti di qualità?
No, io penso in verità il contrario. Meno soldi ci sono, meno le persone hanno voglia di investire in qualità, e quindi è più difficile riuscire a produrre qualcosa di buono. Ti faccio un esempio : io sono una pro-loco che vuole organizzare una festa, ma ho la metà dei soldi a disposizione rispetto all’anno scorso. Chiamerà giocoforza un gruppo che ha meno qualità rispetto all’anno scorso. Questo si riflette anche nella qualità delle registrazioni, nel tempo che si dedica alla scrittura ed all’arrangiamento. Penso proprio che ormai la musica emergente (ormai anche “affogata” dai talent show) stia diventando una guerra tra poveri. Però la speranza c’è sempre, l’importante è godersi il viaggio, ed essere felici di ogni cosa che arriva, consci di averlo fatto con onestà, perlomeno intellettuale!

Qual è la vostra posizione relativamente alla moderna questione della musica in streaming? Credete possa definitivamente assestare il colpo di grazia a un modello discografico già sufficientemente compromesso e vetusto?
Il problema non è tanto la piattaforma, ma è la fruizione. Il fatto di poter mettere su iTunes un brano, e che tutto il mondo in un attimo lo possa comprare, è una grandissima opportunità. La realtà però è diversa, e come sempre più dura. In 10 anni il mercato è crollato. Quindi la musica in streaming senz’altro è (perlomeno) complice dello sfascio. Bisognerebbe regolare più decentemente la questione “diritti d’autore” sulle piattaforme digitali (youTube, Spotify etc…). Naturalmente, il mondo è cambiato tantissimo con l’avvento e l’uso odierno massiccio del digitale. Ma è successo tutto troppo in fretta, e non abbiamo ancora avuto modo di metabolizzarlo.

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