Il nuovo album de La Cricca si intitola “In Qualche Modo“, il video da poco rilasciato di “Le Mani Su” identifica chiaramente le coordinate in cui Andrea Bonomo (voce), Lallo Visconte (basso e voce), Paolo Bianchi (batteria) e Ruben Vaghi (chitarra) si muovono. Nei vostri pezzi c’è molta elettronica e molto rock. Queste due anime però più che mescolarsi o lasciarsi andare in sperimentazioni dove è il suono o la citazione a reggere il pezzo, si mettono a disposizione di quella che è poi una scrittura pop tradizionale. Il vostro intento rimane quindi quello di creare piccole visioni di diversi genere ma poi rimanere fedeli a una tipologia di musica che sia piuttosto diretta?
Essere intelligibili per noi è una priorità assoluta,perché crediamo che presentarsi con un primo lavoro ermetico ad ogni costo, sia scomodo, se non stupido. Le persone tendono a presentarsi stringendosi la mano e parlando del più e del meno in maniera umile e molto chiara. Ed è esattamente quello che abbiamo fatto noi. Non facciamo esercizi di stile. Vogliamo dire una cosa e la diciamo vestendola con il suono che ci appare più appropriato. Tradizionale è un aggettivo che escluderei.
Anche nei testi si nota la volontà di arrivare subito al dunque, pochi preamboli o parole usate per bellezza. Come nascono i vostri testi?
A dire il vero c’è anche una certa ricerca nel suono delle parole, ci teniamo a sottolinearlo. I testi nascono da un’ intuizione casuale o dal finale di una riflessione. Tendiamo a prediligere un linguaggio molto comune per il motivo sopracitato e anche perché detestiamo chi fa sfoggio delle proprie conoscenze letterarie. Facciamo musica senza prenderla in prestito per vantarci di altre virtù.
Costruito è un termine che nella musica non è sempre positivo. Nei vostri pezzi però si percepisce una certa pulizia ed ordine, la scrittura dei vostri brani come avviene, chitarra acustica e poi ci lavorate? sperimentate in sala prove? Vi trovate davanti ad un pc partendo da suoni elettronici e arpeggiatori?
La pulizia e l’ordine di cui parli fa sempre parte della stessa logica per la quale, se devi comunicare qualcosa, lo devi fare nel modo più chiaro possibile. Da qui la scelta di usare strutture “canoniche”. La pubblicità insegna in questo senso. I pezzi nascono durante i sound check, in viaggio, in coma sul divano e con qualunque strumento a disposizione, comunque in maniera molto istintiva per poi essere limati strada facendo.
Quanto sono cambiati i pezzi entrando in sala di registrazione (essendo voi stessi i produttori) e quanto cambiano invece poi live?
Sono cambiati pochissimo in fase di registrazione, ma moltissimo in fase di scrittura. Nei live invece c’è qualche introduzione in più ma preferiamo(almeno in questa fase) proporre i brani così come sono, perché il pubblico che abbiamo di fronte non conosce quello che sta sentendo e se dovesse apprezzarlo lo ritroverebbe nel disco.
L’intero album ha un certo climax, parte molto forte, rallenta fino ad arrivare a momenti molto dolci come in “Tutto bene” e poi sul finale riparte. Cosa volevate trasmettere, che tipo di reazione emotiva vi piacerebbe poter scatenare in un vostro fan che ascolta tutto un fiato il vostro lavoro?
Che siamo vivi. Che abbiamo l’anima fratturata ma siamo ancora capaci di sentire tutte le emozioni. La musica è questo: trovare pezzi di noi persi ovunque.
Ancora un volta i testi, come detto sono molto “Veri”. Vicini alla quotidianità, quanto c’è di voi, di autobiografico?!
Quasi tutto, se per autobiografico si può anche intendere ogni pensiero maturato durante la vita di ogni giorno. Nella banalità dei solito gesti.
Giuseppe Guidotti
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