Laurent “Lags” Barnard (Gallows)

Dopo la data di supporto con i Rage Against The Machine l’anno scorso a Modena, ritroviamo Laurent “Lags” Barnard (chitarrista dei Gallows), al RII day 2 per la loro seconda calata in territorio italiano.

14 giugno 2009

“Grey Britain” è uscito pochi mesi fa, come è stato accolto dal pubblico?
Molto bene, abbiamo scritto a fine 2005 il nostro primo lp, “Orchestra Of Wolves”, e da allora è passato davvero tanto tempo prima che ci rimettessimo a lavorare su qualcosa di nuovo. “Grey Britain” ha avuto una genesi nettamente diversa da “Orchestra”, a cominciare dal budget a disposizione: con “Orchestra” avevamo a disposizione solo mille pounds e abbiamo dovuto farceli bastare, questa volta ne avevamo molti di più oltre a diversi studi di registrazione; anche le tematiche sono differenti. I fan comunque l’hanno apprezzato molto, perché è sempre Gallows al 100%.

Hai citato le tematiche, parlamene un po’.
Quando sei un bambino ti sembra tutto bello e non ti accorgi di quello che succede realmente attorno a te, ma crescendo capisci un sacco di cose, come ad esempio i politici che usano i nostri soldi per pagarsi le proprie vacanze. Quando cominciammo la stesura eravamo molto interessati alla situazione nazionale e internazionale, leggevamo molti giornali, cercavamo di capire cosa succedesse al di fuori dell’Inghilterra. Ci è venuto naturale parlarne nei nostri nuovi pezzi; Frank ha dato il massimo per catalizzare questi sentimenti nei testi e anche le musiche sono nate con un che di velenoso e diretto. In definitiva “Grey Britain” è un album con un’aura negativa che però rispecchia la situazione attuale del nostro paese.

Quanto è durata l’esperienza in studio stavolta?
Abbiamo iniziato a scrivere i pezzi all’inizio della scorsa estate, per poi passare un paio di mesi verso ottobre in studio a registrare; purtroppo Frank ha avuto un breve periodo di malattia che gli ha impedito di registrare le parti vocali immediatamente, e alla fine abbiamo dovuto far slittare il mixaggio previsto a New York a gennaio. Ci abbiamo messo un po’ di più del previsto ma siamo decisamente soddisfatti del risultato finale.

Chi è di fatto la mente dietro le tracce di “Grey Britain”?
Frank ha scritto praticamente tutti i testi, mentre io mi sono occupato le linee di chitarra; rispetto ai tempi di “Orchestra” però mi sono fatto più da parte, in modo da rendere maggiormente partecipi anche gli altri.

Nell’album sono presenti numerosi campionamenti, cosa ci puoi dire in proposito?
Ti dico che ogni singolo brano meno uno contiene piccolo innesto; alcuni li abbiamo registrati da noi, mentre altri, come i famosi grugniti di maiale, li abbiamo trovato in rete. Su quest’ultimo c’è stato un casino pazzesco perché si diceva che fossimo andati in una stalla a sgozzare il maiale con le nostre mani, una cosa ridicola. Per lo sciabordio del Tamigi o il rumore del treno che passa invece siamo andati noi di persona microfono alla mano, volevamo rendere l’album più realistico possibile.

Quale sarà il futuro della band? Corrono voci su un vostro prossimo scioglimento.
Anche questa è una storia inventata, come puoi ben immaginare. Una volta Frank ha detto in un’intervista che data la nostra intensità e passione che mettiamo in ogni concerto finiremo per bruciarci molto velocemente, e che se continuiamo per questa strada non dureremo oltre il 2009. Su questo siamo tutti d’accordo; se una band ogni volta che va onstage suona al limite delle sue possibilità fisiche e mentali, rischiando anche di farsi del male, arriverà sicuramente un momento in cui non potrà tenere lo stesso ritmo, ma questo non significa affatto che abbiamo intenzione di separarci.

Quali differenze hai potuto scorgere tra il pubblico di casa vostra e quello europeo?
Quando suoniamo in Inghilterra Frank ama dialogare molto tra un pezzo e l’altro con i ragazzi che vengono a vederci, mentre sul continente lo fa molto meno, perché non conosce altra lingua che la sua, e il pubblico non sempre riesce a seguirlo nei suoi discorsi. A parte questo devo dire che suonare più o meno ovunque in Europa, trovando ogni sera qualche ragazzo che canta i testi con noi è una sensazione fantastica.

Nicolò Barovier

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