È uscito ad aprile “Tieniti Forte“, l’album di debutto di Le Scimmie Astronauta, trio catanese composto da Michele Giustolisi (basso), Giorgio Falsaperna (voce e chitarra) e Luca Bajardi (batteria). Sebbene la sua formazione sia recente (nascono ufficialmente nel 2011), con il suo rock contaminato da venature elettroniche la band ha già ottenuto un buon riscontro e si è esibita su palchi importanti come quello dell’Heineken Jammin’ Festival e dell’Arezzo Wave.
Il primo full length delle Scimmie, prodotto e mixato da Steve Lyon (già al lavoro con Depeche Mode, The Cure e Sir Paul McCartney), racconta la società contemporanea con la stessa ironia che il trio ha riversato nella scelta del suo nome: “La tecnologia avanzata, di cui tanto andiamo fieri, va di pari passo con l’inquinamento e la distruzione graduale della Terra. Le Scimmie Astronauta è un modo sarcastico per definire gli uomini che partono per lo Spazio dimenticando il rubinetto aperto e le luci accese in casa propria“.
Abbiamo parlato con Giorgio Falsaperna per farci raccontare della band e di “Tieniti Forte.”
Quando e grazie a quali artisti vi siete innamorati della musica? E come nasce il vostro progetto in qualità di trio?
Abbiamo iniziato a suonare negli anni ’90 quando eravamo dei teenager. In quel periodo era facile innamorarsi della scena grunge e anche noi ci cascammo. I Nirvana sono stati senza dubbio la band che ci ha lasciato maggiormente l’imprinting del rock, il gruppo che non ci stancavamo mai di ascoltare e che ci dava l’adrenalina necessaria per andare avanti nel nostro sogno di fare musica. Io e Michele volevamo fare la stessa cosa, suonare forte, spaccare gli strumenti, esprimere il disagio che provavamo e che non poteva essere sfogato in una discoteca ma solo in una sala prove o su un palco.
Così nel ’97 anche noi fondammo una band, i Delirium Tremens, tra il grunge, il punk e il metal, sempre con i testi in italiano.
Senza esagerare troppo, a quei tempi se una rock band emergente aveva due o più chitarristi si ispirava quasi sicuramente ai Pearl Jam, se invece ne aveva una ed era in trio si ispirava ai Nirvana. Eravamo in tre ovviamente. Bel periodo.
Se doveste scegliere una frase del vostro album per presentarvi come band, quale sarebbe?
La frase che più ci rappresenta potrebbe essere “Non capisco cosa sia la normalità” che è lo special del brano “Tieniti Forte”. Soprattutto in qualità di artisti, siamo terrorizzati dal concetto della normalità, che si ricongiunge quasi sempre alla paura di una vita insipida, dell’annullamento dell’identità, dell’incedere incontrollabile del tempo che scalfisce le passioni. Questa minaccia aumenta la nostra carica nel fare musica e ci aiuta a cercare approcci sempre diversi alla composizione dei brani.
Chi di voi compone principalmente le canzoni e i testi? Qual è l’apporto di ciascuno di voi in fase compositiva?
Io ho scritto tutti i testi tranne quello di “Barca di carta” interamente scritto da Michele e “Come se non ci fosse un domani” scritto a due mani. Tra le canzoni del disco, alcune sono state composte e scritte da me e poi arrangiate con Michele che si è occupato dell’elettronica, altre in cui lui aveva già prodotto le basi musicali e io mi sono occupato della voce e del testo, altri ancora sono stati composti in studio insieme.
“Tieniti Forte” può vantare un produttore di alto livello, Steve Lyon. Com’è avvenuto questo incontro artistico e cos’avete imparato lavorando a contatto con lui?
Abbiamo incontrato Steve alla fine del nostro secondo concerto. Qualcuno ci disse che c’era un signore che voleva salutarci. Restammo di stucco quando, solo il giorno dopo, ci rendemmo conto che fosse Steve Lyon e di quello che ci aveva detto. Da lì a poco abbiamo iniziato a lavorare insieme. Lui ha curato la produzione artistica, la registrazione e il mixaggio del disco. Abbiamo imparato molte cose stando con lui. Oltre alle cose tecniche apprese durante la registrazione e in fase di pre-produzione, abbiamo imparato che si può essere pratici e artisti allo stesso tempo e che si può rimanere coi piedi per terra anche quando si arriva molto in alto.
“Dio” è una canzone vecchia, persino più vecchia del progetto Le Scimmie Astronauta. Decidendo di inserirla nell’album, perché avete sentito di doverla riarrangiare e cosa cambia fondamentalmente dalle prime versioni?
“Dio” è un brano molto vecchio che suonavamo con i Delirium Tremens, uno dei nostri cavalli di battaglia che ci fece vincere, tra l’altro, un’importante tappa del “Tim tour”, un contest nazionale ai tempi diretto e presentato da Red Ronnie.
Ci piaceva l’idea di inserire nel disco un brano che testimoniasse il nostro passato artistico insieme. Il testo è abbastanza forte ma l’ arrangiamento e la stesura erano troppo vecchi: grunge allo stato puro. L’elettronica ha rinfrescato tutto, abbiamo cambiato anche la stesura (durava 7 minuti) e quasi tutti i giri armonici.
“Stalker” è una canzone peculiare, se non altro nel tema, che ribalta i punti di vista convenzionali e racconta una storia d’amore dalla prospettiva di uno stalker. Da dov’è nata questa idea?
Il testo di “Stalker” rappresenta il mio approccio nello scrivere i testi del disco. Ho provato a guardare le cose dai punti di vista estremi e opposti e fare questo il più delle volte finisce per esorcizzare i mostri.
In “Come se non ci fosse un domani” cantate «se non sono morto dentro, vivrò come se non ci fosse un domani»: in definitiva, è questa la soluzione per sopravvivere nella società contemporanea, che criticate apertamente e con ironia in tutto l’album? È una filosofia che adottate?
Vivere come se non ci fosse un domani esorta ad andare al massimo in quello che si fa e che ci dà soddisfazione. Ognuno lo mette in pratica come vuole. È la strada che seguiamo nella musica e nella vita: ribellione agli schemi degli altri. C’è anche chi nasce in situazioni in cui gli schemi sono già rotti e allora vuole ribellarsi a questo e costruirseli. È comunque una ribellione a ciò che il contesto impone.
Avete già dei piani per un eventuale prossimo tour?
Inizieremo la nostra tournée dalla Sicilia quest’estate per poi toccare le principali città italiane.