Lemmy, intervista con il leader dei Motorhead: “Ciò che sono è legato al mio stile di vita”

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Lemmy sta bene. No sta male. Deve cambiare stile di vita. I Motorhead sono tornati. No sono in pausa forzata. Ultimamente il signor Kilmister non è al top. Benché il nuovo album “Bad Magic” sia stato accolto come una liberazione dai fan, il completo recupero di una delle icone assolute del Rock è tutt’altro che prossimo. Nonostante questo, Lemmy non ha alcuna intenzione di mollare. Ne è la prova un nuovo album che è tutto tranne che di maniera…
Non ho mai avuto paura della morte, in nessun periodo della mia vita e nemmeno questa volta, semplicemente ho capito che stavo morendo o che comunque era una possibilità con cui dover fare i conti. Quello mi ha fatto desiderare di tornare a suonare per il nostro pubblico, ma per farlo sono stato costretto a cambiare qualcosa nella mia vita, anche se ai medici ho chiesto di dirmi cosa potessi mantenere.”

…e cosa ti hanno detto i dottori?
Che dovevo smettere di fumare. L’ho fatto senza alcun problema. Ho dovuto smettere con la coca, l’ho fatto anche se ogni tanto la tentazione viene ancora. Non sono riuscito a smettere di bere, non ci ho proprio mai pensato, sapevo bene che non ci sarei riuscito. Non devo a tutti i costi mantenere il mio personaggio. E’ solo che smettere con tutto non era pensabile. Ciò che sono è legato al mio stile di vita e viceversa. Non ho mai finto di essere chi non sono. Mi sono reso conto di avere dei limiti, ma non per questo mi ci voglio arrendere.”

E in questo senso l’uscita di Bad Magic è un evidente segnale in questa direzione…
Penso sia un lavoro molto solido, per me è migliore di Aftershock. Molti ti diranno che Inferno è superiore, e possono anche aver ragione. Ma sono davvero soddisfatto di Bad Magic, credo non potessimo pubblicare un disco migliore in questo periodo. Lo abbiamo registrato alla solita maniera: pochissimi ritocchi in studio e pochi take dal vivo quando ci troviamo per incidere. Abbiamo capito che solo in questo modo riusciamo a esprimere tutta la nostra potenza.

Quanto ti senti oramai parte di una band considerata leggendaria da un pubblico così trasversale come il vostro? Bene o male qualsiasi appassionato di rock e metal vi conosce e vi rispetta.
Se penso che nella seconda metà degli anni novanta eravamo considerati finiti, sorrido a questa tua domanda. Nei Duemila c’è stato un processo di crescita in termini di pubblico, è innegabile. Noi avevamo già fatto tutto ciò che serviva per essere celebri già negli Ottanta, ma queste cose non hanno spiegazioni razionali. Il meccanismo prevede che a un certo punto diventi una leggenda vivente. La gente inizia a parlaredi te come di qualcosa da vedere almeno una volta nella vita, tutti iniziano a fingere di conoscerti per moda e la cosa in qualche modo si riflette su vendite e concerti. Succede a tutte le band vecchie, perchè a un certo punto la gente ha paura di non poterti più venire a vedere… Per quanto riguarda il pubblico, penso di avere molto più a spartire coi fan degli Stones e dei Ramones piuttosto che con quelli degli Stratovarius. Insomma coi vecchi rockettari. So bene che la nostra audience è hard & heavy ma io tengo sempre a sottolineare che noi siamo una band che suona rock n’ roll. E mi fa davvero incazzare quando mi accostano a scene con cui non c’entriamo niente. Preferisco mi avvicino alla scena punk onestamente, piuttosto che ad altre in cui non mi sono mai riconosciuto.

Com’è nata la collaborazione con Brian May? Come è stato confrontarsi con il suo stile?
“Brian è un grandissimo amico. È una persona splendida, di grande umanità. Aveva già suonato con noi Overkill durante il concerto per il venticinquesimo anniversario della band a Londra. Erano anni che volevamo fare qualcosa insieme in studio. Abbiamo quindi pensato che i nostri quarant’anni sarebbero stati l’occasione perfetta per realizzare questo sogno comune: è nato così l’assolo di The Devil. Servirà a far stare zitti tutti quei coglioni che continuano a vederlo come un chitarrista pop!”

Quando è nata l’idea di fare la cover di Sympathy For The Devil?
“L’idea, ad ogni modo, ce l’ha data il nostro amico Triple H. È stato piuttosto stimolante metterci a suonare un pezzo così grande degli Stones. Ci sono canzoni che capisci subito andare alla perfezione per il tuo sound. Questo è un pezzo blues vero, ma il blues scorre da sempre nelle vene dei Motorhead!”

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