Esce oggi “I muri di Berlino”, il nuovo disco di Maldestro. Ad accompagnare la pubblicazione l’uscita del secondo singolo “Abbi cura di te”, corredato dal bel video per la regia di Federico Catalano, il brano, da oggi in radio, fa parte della colonna sonora del nuovo film di Massimiliano Bruno, “Beata Ignoranza”, con Alessandro Gassman e Marco Giallini.
A due anni dall’esordio con “Non trovo le parole”, l’album è stato lanciato dal singolo “Canzone per Federica”, con cui Maldestro ha partecipato quest’anno a Sanremo Giovani, raccogliendo un ottimo consenso di pubblico e una nutrita messe di premi (premio della critica “Mia Martini”, Premio Lunezia, Premio Enzo Jannacci, Premio Assomusica e il premio della Regione Bsilicata per il Miglior Videoclip).
“Sanremo”, racconta Maldestro, “l’ho vissuto in maniera molto rilassata, perché la musica è un gioco che mi piace vivere senza alcun tipo di pressione. Infondo sono andato lì a cantare una canzone, non a fare la guerra”. Poi, però sono arrivati i riconoscimenti. “Sarei un ipocrita se dicessi che non mi ha fatto piacere, però i premi stanno là appesi al muro a prendere la polvere, mentre quello che interessa a me è di fare emozionare e far riconoscere qualcuno nelle mie canzoni”.
In questo momento per il cantautore napoletano c’è la musica al centro di tutto, basta osservarlo nei suoi modi rilassati mentre racconta di come Sanremo abbia allargato il suo pubblico, portando quel po’ di popolarità che lui vive secondo la massima del suo “padre putativo”, Massimo Troisi: “Il successo non è altro che una cassa che amplifica, se prima eri scemo, diventi scemissimo, se prima eri buono, diventi buonissimo”.
“Sarà il luogo da dove vengo o il fatto di avere fatto teatro per molti anni”, spiega, “ma ho imparato a gestire delle cose con tranquillità, senza presunzione, però, anzi, sono una persona piena di dubbi. Insomma, so che può succedere che un domani camminerò per strada e nessuno mi cagherà più, ma la mia preoccupazione non è questa, è quella di non avere più l’esigenza di scrivere, che per me è fondamentale, scrivo tutti i giorni, è il mio modo di liberarmi da molte cose”.
E forse anche di scavalcare o abbattere i muri di cui canta nel disco, “quei muri interiori che poi fanno si che vengano tirati su anche quelli esterni. Vedi Trump in America e tutto quello che sta accadendo con le migrazioni”, dice Maldestro, “ma i muri di cui parlo non sono solo quelli che fanno rumore. Possono essere anche quelli silenziosi della vita di tutti i giorni, quelli nel lavoro, nelle scuole, un muro può essere anche la cattedra di un insegnante, che se non riesce ad usare lo strumento nel modo giusto può rovinare la vita di uno studente”.
Ma allora perché il riferimento a Berlino? “Ho girato tutta la Germania e sono stato a Berlino, che è una città pazzesca, una nazione a sé rispetto alla Germania, ci gira tutto il mondo, esiste integrazione, ha anche i suoi difetti, ma è una città bella, dove un giovane può realizzare i propri sogni e costruirsi una carriera in ogni ambito. È una città che mi è rimasta dentro ed è stato bello poterla omaggiare nel disco”.
Una città aperta ed accogliente, come la sua Napoli, dove già da ragazzino Antonio Prestieri (questo il nome dell’artista all’anagrafe), incontrava il teatro, una disciplina che gli ha cambiato la vita e che da cantautore traduce inevitabilmente in una scrittura tra immagini e narrazione. “Per me il teatro è stato fondamentale, lo è ancora oggi e ad essere onesto mi è mancato più non fare teatro, che non suonare, forse mi rappresenta di più”, confessa.
“La scrittura teatrale è molto più lunga e ragionata di quella delle canzoni e ho notato che negli anni la composizione teatrale è entrata molto nella mia scrittura, che oggi è molto per immagini e racconti, come se fossero monologhi. Prima pensavo che fosse un limite, ma poi mi sono detto: perché dovrei cambiare il mio modo naturale di scrivere? Facendo un paragone azzardato, faccio l’esempio di Lucio Dalla, che aveva un modo molto semplice di raccontare le cose, ma una poetica pazzesca, molto teatrale e fatta per immagini. Il mio obiettivo è quello di riuscire a raccontare in questo modo e il teatro mi ha aiutato moltissimo”.
Dalla, Fossati, ma anche, ovviamente, Gaber, sono queste le influenze più immediate e profonde per Maldestro. “Fossati mi ha rovinato la vita, se non ci fosse stato lui non avrei fatto il cantautore probabilmente. Da ragazzino cantavo le sue canzoni allo specchio, lo imitavo e pensavo, da grande voglio essere come lui. Poi ho cominciato ad ascoltare i grandi cantautori, tra cui Gaber, che si avvicinava più di tutti al mio modo di essere, perché metteva il teatro nelle sue canzoni, facendo il teatro canzone, che è quello a cui aspiro”.
Un approccio che entrerà già negli spettacoli tournée teatrale in partenza, dopo la serie di showcase nelle librerie, il 14 aprile da Bologna. “Escludendo i festival estivi e gli spettacoli all’aperto, in teatro li immagino così: canzoni alternate a pochi interventi di prosa, che racconteranno “I muri di Berlino” senza discostarsi dal disco, ma cercando di trasportare lo spettatore ancora più dentro lo spettacolo con un altro mezzo e con l’ironia che è fondamentale e non va mai sottovalutata”.