Abbiamo raggiunto il Maniscalco Maldestro a Volterra in occasione del concerto di presentazione del nuovo lavoro. Vedere dal vivo il Maniscalco è una gran bella esperienza fatta di cabaret e musica e, per quest’occasione, i nostri sono stati raggiunti anche dagli ex membri del gruppo e da Marzio del Testa (Ginevra Di Marco, Cisco, Bugo, Max Gazzè, …).
8 aprile 2009
Dopo la presentazione, defluito il pubblico composto da giovinastri, rocchettari più attempati, vecchini, vecchine e bimbi, abbiamo avuto modo di scambiare un po’ di chiacchiere con i ragazzi del gruppo davanti a una discreta pizza. La parola quindi a Tonjo (voce), Borkkia (batteria), Frence (chitarra) e Dado (basso).
Il maggiore problema di un gruppo emergente è quello di farsi conoscere, venire da un piccolo centro come Volterra è più un ostacolo o un’opportunità?
Tonjo – Mah, penso tutte e due le cose alla fine. Nel senso che nel vivere in un posto piccolo ci siano sia gli ostacoli che i pregi. Gli ostacoli sono il fatto che comunque le possibilità sono poche e spesso per una città come Volterra paghi la lontananza con i centri più grandi. Ad esempio da Firenze ci sono 90 km di distanza, da Pisa 70. Le distanze quindi ci sono e oltre questo non va sottovalutato il fatto che i gruppi dei centri grandi sono privilegiati, soprattutto dove regna un po’ di campanilismo: ci sono città dove è davvero difficile riuscire a mettere piede.
I vantaggi sono che bene o male ci si conosce tutti, hai visto tu stesso che il teatro era pieno. Il posto piccolo porta però un po’ di invidia fra le persone.
Negli ultimi anni in Italia stanno emergendo tantissime proposte musicali innovative e di assoluto valore (Ufomammut, Teatro Delle Tenebre, Maniscalco Maldestro, Agghiastru, OfflagaDiscoPax, Marta Sui Tubi, …), forme musicali diverse ma con in comune la voglia di fare qualcosa di nuovo. Cos’è successo secondo te?
T – Bella domanda!
Cos’è cambiato? Probabilmente credo ci sia sempre stato un undergound fatto di gruppi che si sbattevano e che portavano avanti un discorso musicale valido. Oggi, in tutto questo assurdo marasma, c’è comunque una possibilità di visibilità in più, rappresentata dalla rete, che permette di arrivare a tutte le persone o quasi.
Prima era anche più difficile registrare la musica e avere un prodotto che fosse ascoltabile. Esistevano i demo su cassetta che erano assolutamente deteriori, di qualità assolutamente insufficiente rispetto alla media degli ascolti che si facevano.
Ora fare un disco o un promo fatto bene è una cosa più economica e se uno ha un minimo di astuzia e si sa muovere un po’ con il computer riesce a farlo.
Quindi penso che sia tutta una serie di circostanze che ha fatto sì che ciò che brillava fosse visto dalla gente. Penso però che anche prima ci fossero cose interessanti, ma non avevano la possibilità di farsi notare.
Nello stesso periodo viviamo una riscoperta delle nostre radici popolari, sono tornati di moda canti e balli della nostra tradizione voi stessi non vi vergognate, di tanto in tanto, a mischiare il vostro rock con il liscio. In più anche nel rock più o meno duro, si sta ricominciando ad utilizzare la lingua italiana. America e Inghilterra stanno passando di moda?
T – No, America e Inghilterra non passeranno mai di moda, penso. Sicuramente però non bisogna vergognarsi delle nostre origini ma fare di questa cosa una virtù.
Per quanto mi riguarda, il fatto di cantare di italiano mi permette di esprimermi nella totalità di quello che voglio dire. Le cose veramente italiane sono anche il liscio, la musica popolare, le tarantelle, le mazurche e non bisogna vergognarsi di questo!
Mio padre è un grandissimo appassionato e ha un gruppo che fa musica popolare, quindi fin da piccolo l’ho ascoltata tanto. C’erano gli amici di mio padre che venivano a cantare e provare con lui e ho passato tante cene con un bicchiere di vino e musica popolare e quindi m’è entrata dentro.
Quali sono gli ascolti del Maniscalco Maldestro?
Borkkia – Gli ascolti del Maniscalco Maldestro sono vari, molto vari, ed è grazie a questa varietà d’ascolti che nasce questa musica bizzarra. Dicono che sono l’anima rock ‘n roll del gruppo ma, in realtà, ragazzi, qui lo dico e non ci si pensa più, io sono l’anima pop. A me mi garbano Queen e gli U2, basta.
Frence invece ha un ascolto un po’ più crossover e sempre tamarro, come me d’altronde, però lui è più sui Rage Against The Machine, ZZtop, Limp Biskitz, …
Frence – Mi garbano anche i progetti solisti di Borkkia, per leccargli un po’ il culo. Ci piace… diciamo… sinceramente neanche ci piace poi tanto la musica.
B – Poi c’è Dado che ascolta tutta quella roba col capello liscio e stirato con la piastra, tipo Dream Theater, Pain Of Salvation, Iron Maiden, …
Dado – E’ stato già abbastanza chiaro Borkkia, io vengo da un ascolto un po’ più orientato verso il metal. Ascolto anche altro ovviamente, però come matrice principale delle mie influenze ci sono i gruppi classici della storia del metal.
T – Io alla fine mi ritengo il più puttana musicale di tutti. Passo di palo in frasca e infatti Borkkia mi critica spesso per questo. I miei miti durano una settimana, m’innamoro e subito dopo non mi piacciono più. Mi garbano Ac/Dc, Led Zeppelin, Beatless, Litfiba, un po’ di buona techno degli anni ‘90, anche quella più commerciale tipo Ace Of Base. Negli anni ‘90 sono stato anche un appassionato di grunge, tipo Nirvana, Pearl Jam, Stone Temple Pilot, Alice in Chains, poi dopo è stata la volta del crossover con Korn, System Of A Down, Primus e su tutti i Faith No More con Patton e tutti i suoi progetti. Ora m’è piaciuto l’ultimo degli U2 mi piacciono i Deus e ho scoperto altre cose, tipo i Morphine…
C’è un musicista del presente o del passato a cui vorresti far ascoltare la tua musica e perché?
B – io farei ascoltare la nostra musica a The Edge, non mi interessa il suo parere, mi interessa solo conoscerlo.
F – Io farei ascoltare il nostro disco alla scimmietta di Remì, perché secondo me potrebbe essere bellino e interessante. Era un personaggio molto valido, ecco.
D – io a Iva Zanicchi
T – Capace che ti tromba subito! (Risate)
D – infatti! (Risate)
T – Io forse a Fabrizio De André
Sempre nel regno delle ipotesi, chi vorresti come ospite sul prossimo disco o sul palco?
B – In questo momento, a parte Marzio che ospiterò sempre nei miei dischi, mi piacerebbe avere sul palco due batterie, con Marzio e Keith Moon accanto che stravolge un po’ la batteria.
F – A me piacerebbe avere ospite sul disco il mio personaggino Balancha (si riferisce a un nano di pezza che lo accompagna sempre dal vivo. Ndr) che spero un giorno riesca a suonare la chitarra almeno la metà di me. Tanto ci vuol poco, basta buttare lì un po’ di cose. Mi piacerebbe che un giorno m’apparisse con una chitarra bella.
D – Essendo bassista vorrei collaborare col bassista degli Opeth, Martin Mendez. Mi piace tantissimo il suo approccio allo strumento e potrebbe venir fuori qualcosa di veramente bello.
T – Io sono più per le rimpatriate. Il mio sogno è di avere un Maniscalco Maldestro sempre allargato. Oltre a noi quattro mi piacerebbe avere sempre la situazione che abbiamo proposto questa sera, con Marzio e gli ex membri del gruppo negli sketch. Penso che i valori più importanti siano quelli affettivi ed è questo che poi ti permette di dare il meglio sul palco.
Nonostante siate in giro da relativamente poco, avete già un’immagine piuttosto riconoscibile. In questo quanto c’è di spontaneo e quanto di costruito? Insomma, quanto ci marciate?
B – ti dico la verità e te la dico col cuore. Di quello che hai visto nello spettacolo di oggi, di preparato c’erano solo le scenografie e i costumi. Tutto quello che è stato recitato da parte nostra, a parte il colpo di pistola di Antonio, è stato improvvisato sul momento, perché sul palco siamo solo noi stessi. Poi, chi più chi meno… ma se non fossimo noi stessi non sarebbe credibile. Poi nessuno di noi ha studiato per recitare e quindi siamo noi.
Quindi non torni mai ad essere Stefano e resti Borkkia anche la domenica al pranzo coi parenti?
B – Peggio! (Risate)
T – Il costume che abbiamo di scena è quello che magari ci piacerebbe portare anche nella vita quotidiana. Io sul palco non mi sento timido, cosa che invece mi succede camminando per strada.
Il vostro disco d’esordio si poteva ascoltare interamente sul vostro sito, poi, un po’ di tempo dopo l’uscita, avete deciso di farlo scaricare gratis. Questa politica ha pagato, secondo te?
F – Pagato no, perché era gratis! (Risate)
B – sicuramente mettere in download il disco vecchio, l’omonimo del 2005, ha fatto si che il nome del Maniscalco Maldestro si spargesse più di quanto si sarebbe sparso se lo si fosse venduto… a “macchina d’olio” suggerisce Dado.
Il disco nuovo invece lo vendete al prezzo popolare di 10 euro, cosa che vi fa molto onore. Continuerete per sempre con questa politica o solo finché non diventerete ricchi e famosi?
B – Noi finché il galletto della Fattoria Maldestra non gli verrà tirato il collo, ci potremo permettere di fare prezzi popolari. È logico che se il tutto dovesse diventare per noi una rimessa come per esempio stare sotto contratto con una etichetta che ti mangia l’80% delle vendite, dovremo vendere a prezzi non più popolari. Ma finché il galletto starà sul suo paletto a indicare la rotta della Fattoria Maldestra, ci potremo permettere i prezzi che ci pare a noi.
Fra i tanti gruppi emergenti, non solo italiani, vi distinguete per l’attenzione che dedicate ad internet come mezzo sia promozionale che di contatto diretto con i fan. Rispondete subito alle e-mail, siete attivissimi su Facebook, il vostro bellissimo sito è ricchissimo di contenuti e notizie. Sembra incredibile dirlo, ma siete fra i pochi che hanno capito le potenzialità delle rete soprattutto nei confronti di una realtà che ha bisogno di farsi conoscere da più gente possibile.
Qual è il vostro rapporto col download illegale, invece?
T – penso che alla fine, quando una persona apprezza il lavoro di un gruppo, anche quando ha scaricato l’album in modo illegale, se il disco gli piace e lo entusiasma, credo sia un piacere poterlo avere fisicamente in casa e non solo virtualmente in un lettore mp3.
B – Il vero appassionato di dischi, una volta che ha assaggiato e gli piace, se lo compra. Chi non se lo compra, se non lo avesse scaricato non se lo sarebbe nemmeno mai ascoltato.
F – Secondo me è proprio cambiato il modo di ascoltare i dischi e di fruire la musica in generale. Il fatto di poterla avere subito e non dover più fare la fatica di andare a prendere il disco ha modificato il nostro comportamento.
La perdita più grossa che secondo me si è avuta riguarda il fattore sorpresa. Io prima mi ricordo che quando compravo i dischi arrivavo a casa, li scartavo, me li guardavo, aspettavo, pigiavo play e mi godevo quell’emozione. Ora l’emozione è fregata, scarichi, due click e via.
Parliamo invece del disco nuovo, quali sono le differenze rispetto al precedente?
B – A chi ha ascoltato il disco passato consiglio di prendere questo perché secondo noi è una buona conferma del precedente ma senza un’auto clonazione di noi stessi. È una buona conferma, sicuramente più matura a livello di arrangiamenti, di suoni e sicuramente più libera perché con Panna Polvere e Vertigine siamo stati produttori di noi stessi e quindi veramente Noi.
T – Noi di qualche anno fa, perché ormai le registrazioni risalgono a un anno e mezzo fa. Fra l’altro per l’esordio io mi ero improvvisato cantante, Borkkia si era improvvisato batterista e ora, pian piano, il mestiere è entrato nel sangue, come dicono a Firenze.
E ora, un messaggio ai nostri lettori.
B – La musica è bella, amatela!
F – Ma che bello il carosello! (Risate)
D – Borkkia ha comprato il vinile! Lo ha scoperto grazie a Marzio (Risate)… forza e coraggio dopo Aprile viene maggio! (Risate)
T – Il messaggio è questo, fate la caccia al tesoro e assaggiate questa porzione di album… e se poi l’album vi piace fateci un pensierino!
F – Grazie a tutti, noi siamo dei ragazzi, delle sciaguratine burattine, più insane che italiane e penso che con questo si racchiuda tutto il nostro fulcro.
Stefano Di Noi