A più di tre anni da “King del rap“, Marracash torna a pubblicare un disco di studio con “Status“, in uscita il 20 gennaio 2015. Il rapper della Barona di Milano nel frattempo ha combinato parecchia altra roba, da Mtv Spit alla creazione dell’etichetta Roccia Music, per cui non è che se ne stia stato in panciolle a godersi il successo fino all’esaurimento. Ma senza girarci intorno, l’attesa dei fan del rap italiano era tutta per il suo album, anticipato qualche mese fa dall’omonimo singolo. Per questo nuovo lavoro (che ha portato Marracash negli States, dove si è occupato del mixaggio Anthony Kilhoffer, uno che è pappa e ciccia con gente come Kanye West), l’autoproclamatosi re del rap ha avuto buona compagnia, dai colleghi Salmo, Fabri Fibra, Neffa e Guè Pequeno, fino a quel prezzemolino di Tiziano Ferro, che ha prestato la sua voce a “Senza un posto nel mondo”. Ecco come Marra ha raccontato Status.
Tre anni sono tanti, oggi come oggi…
È vero, ma io non faccio musica per rispettare le leggi del mercato, secondo le quali devi fare un disco all’anno. In questi anni ho fatto tante altre cose. E soprattutto ho acquisito l’esperienza necessaria per fare un disco davvero nuovo, che non fosse uguale agli altri.
“Status” è un lavoro molto ambizioso: come te lo senti?
È il mio disco più solido. È monumentale. È Compatto. Anche per questo non è un disco che capisci al primo ascolto: ci vuole tempo.
Ultimamente parli del rap italiano con una certa disillusione: come mai?
C’è un po’ troppa confusione tra pop e hip hop. Intendiamoci, se un rapper ha una vocazione pop non c’è niente di male. Ma tutto sta nel modo in cui conquisti il pubblico: dandogli semplicemente quello che vuole, oppure perché sei davvero bravo.
E in cosa la tua musica si distingue dal resto del rap italiano?
È lampante che il mio disco è diverso. Ha tutto un altro livello di profondità.
Nel pezzo con Tiziano Ferro canti “Cosa c’entro con loro?”: ti riferisci proprio a questo?
In effetti tante volte mi chiedo: ma cosa c’entro io con tutti questi rapper? E mi sono anche chiesto che senso avesse fare un disco hip hop oggi in Italia. La risposta è stata proprio “Status”.
Ha a che fare anche con la tv?
Non c’è niente di male ad andare in tv. Dipende da dove. A fare un’intervista da Daria Bignardi ci vado. Da Amici no. Dipende. Per dire, tempo fa mi hanno chiesto di fare il giudice a X Factor e ho detto di no. L’hanno chiesto più o meno a tutti… a Fabri Fibra, a Guè.
…e poi si è proposto Fedez.
Già.
Il nuovo singolo “In radio”, invece?
Si intitola così perché tutto sommato la radio continua a fare la differenza tra underground e mainstream. Magari spacchi su Youtube, ma è solo un trampolino di lancio per andare in radio o alla tv.
Dal tuo viaggio all’estero per la produzione del disco che impressioni hai riportato?
All’estero c’è molta più considerazione della musica, mentre qui ti guardano come se volessi rubare. E c’è una professionalità maggiore, c’è umiltà anche ai massimi livelli… anche in chi magari ha vinto cinque Grammy!
Il duetto con Tiziano…
Tiziano è uno dei pochi in Italia a fare musica dal respiro internazionale. Lo rispetto tantissimo.