Dopo l’esperienza di “Glastress”, colonna sonora di una mostra sui vetri, presentata nel 2011 alla Biennale di Venezia, Max Casacci e Daniele Mana (MCDM), tornano con “The City”. Al centro del nuovo disco, i rumori della città di Torino, catturati, campionati e trasformati in corpo ritmico dal duo, su cui si innesta il sassofono jazz di Emanuele Cisi, co ideatore del progetto, oggi finalmente disponibile in formato album.
“È un disco che ci ha tenuti occupati per sei mesi della nostra vita h 24 e che mescola l’esperienza del jazz, quella dell’elettronica e della trasformazione di rumori in musica, fino a lambire i territori del pop e dell’hip hop”, spiega Max Casacci, chitarrista, produttore e paroliere dei Subsonica. “Le ispirazioni per questo progetto sono state tante e varie, dalla Los Angeles di Flying Lotus, Kamasi Washington, Kendrik Lamar, dove nel momento in cui questo disco stava nascendo jazz e hip hop iniziavano a flirtare, suscitando interesse presso un pubblico non strettamente legato a questi due ambiti di provenienza. Poi ci fu “Glasstress”, una prima esperienza con cui ci siamo impratichiti nella trasformazione del rumore in ritmo. Successivamente ci fu il viaggio per rientrare da Umbria Jazz, dove avevo suonato con i Subsonica. Chiesi un passaggio a Emanuele, che seguivo e stimavo da tantissimo, senza mai avere avuto l’occasione di conoscerlo. Fu durante quel viaggio che è nato “The City””.
Un lavoro intrigante, che, passato il 25 aprile 2016 dall’esperienza dal vivo di “Pulse”, esprime l’anima musicale di Torino, trascinando l’ascoltatore in un’esperienza immersiva nei suoni della città. “È una dichiarazione d’amore a cuore aperto nei confronti della città, ma anche della musica che storicamente vi è stata fatta”, continua Casacci. “La grande forza narrativa di questo progetto è che non è semplicemente un esercizio di stile, ancorché in una forma nuova, ma che i protagonisti del jazz nati a Torino o calamitati dalla città, sono personaggi di importanza internazionale notevole. Enrico Rava, Furio di Castri, Gianluca Petrella, Flavio Boltro e Sergio Di Gennaro sono cittadini musicali di serie A”.
E sono tutti presenti in un disco che racconta di un passato e di un presente, che si mescolano nei suoni del lavoro in fabbrica, delle strade e dei mezzi di trasporto (ordinati per l’occasione da Casacci e Mana in un nuovo fantasioso strumento il “gititofono”, così battezzato in onore dell’azienda dei trasporti torinese), dei mercati e delle fontane (i mitici turet), delle chiese e delle manifestazioni, degli eleganti bar del centro, così come della raccolta dei rifiuti in periferia o delle curve del Toro e della Juventus.
“Il ruolo di Torino nella storia del jazz italiano è stato importantissimo, ne è stata un po’ la culla. C’era l’orchestra della Rai, da cui è partita la formazione di molti musicisti jazz torinesi poi diventati famosi a livello internazionale. Alcuni di loro sono torinesi di nascita, altri lo sono diventati per naturale attrazione e ancora oggi c’è un giro molto solido di giovani musicisti jazz, che vengono attratti da Torino. Alla fine, quindi, è stato molto naturale mescolare i rumori della città con il suono degli strumenti dei suoi musicisti. Nella storia del jazz, poi la narrazione dei suoni è molto importante e le scuole delle varie città si sono sempre differenziate molto storicamente”, spiega Cisi.
Ma Torino non è solo jazz e si può dire che, in Italia, la città piemontese abbia fatto da culla anche all’elettronica, come sottolinea Daniele Mana, aka Vaghe Stelle, torinese, classe ’84 e tra i musicisti elettronici italiani più stimati a livello internazionale. “Per quanto riguarda il mio background elettronico”, racconta, “Torino è sempre stata una città molto libera, c’è sempre stato moltissimo clubbing, tanti personaggi grossi che venivano a suonare in città e festival importanti che spingevano il genere, quindi si può dire che la mia generazione sia cresciuta con l’elettronica”.
Ma “The City” si spinge oltre, come dichiarato in partenza da Max Casacci. Oltre ai confini geografici della città, con il coinvolgimento di un’artista extratorinese, la cantante jazz Petra Magoni, e oltre i confini di genere con il coinvolgimento di Ninja alla batteria e il featuring con Ensi, esponente autoctono di uno dei generi che negli ultimi anni ha detto la sua ai piedi della Mole.
“I punti di contatto tra il jazz e l’hip hop sono già stati tanti nel corso della storia a partire dagli anni’80”, spiega Max. “Ensi, lo abbiamo scelto in quanto rappresentante dell’hip hop torinese in Italia e maestro di freestyle in ambito nazionale. In più è uno dei rapper che più si discostano dagli stereotipi del genere, riuscendo a essere molto universale nei suoi testi, quindi è stata una scelta automatica istintiva, non ci abbiamo ragionato nemmeno più di tanto e lui ha detto di si senza neanche avere ascoltato il pezzo, perché gli tornava tutto e quello che ne è venuto fuori è una dichiarazione d’amore per la città per rime molto forte, perfetta per rappresentare il cuore di questo progetto”, che presto potrebbe ritrovare una traduzione live.