Max Pezzali ha sempre dimostrato di essere un grande osservatore, sin dai tempi degli 883 e di “Non me la menare”, e “Astronave Max”, il nuovo album in uscita il 1 giugno 2015, a quattro anni dall’ultimo “Terraferma”, è l’ennesima conferma di questa sua qualità. Ancora una volta Max fa quello che gli riesce meglio (e non è poco), ovvero osservare e raccontare, questa volta però da una prospettiva diversa: dalla sua “astronave”.
«Il tema dell’astronave nell’album ha una doppia implicazione», ha spiegato Max ieri in conferenza stampa a Milano. «Innanzi tutto c’è un pezzo che si intitola “L’astronave madre”, che racconta di quello che secondo me è uno dei non-luoghi più rappresentativi dei nostri tempi, il centro commerciale. Posti tutti uguali, con la loro socializzazione e la loro vita surrogata. Non si tratta di un giudizio morale, ma di un pezzo psichedelico in cui osservo questo luogo, in cui vado anche spesso peraltro, proprio perché per me è una specie di teatro nel quale si rappresentano le vicende umane, ma di uomini che sembrano più che altro criceti sulla ruota. Da lì è nata l’idea di chiamare l’album “Astronave Max”, dove il concetto dell’astronave rappresenta l’allontanarsi dalla Terra per vedere le cose in prospettiva».
Quattordici canzoni, prodotte da Claudio Cecchetto e Pier Paolo Peroni con Davide Ferrario (già con Franco Battiato, Gianna Nannini, Piero Pelù, Marco Mengoni e a sua volta cantautore), che ben testimoniano il desiderio di Max Pezzali di vedere le cose da un nuovo punto di vista, ma sempre con uno sguardo attento alla vita quotidiana. Come in “Ogni giorno una canzone”, «un brano in cui il protagonista immagina di portare la sua partner in orbita a vedere il mondo a distanza e capire che tutto è relativo e cose che ci sembrano enormi quando le viviamo da dentro, viste da fuori assumono tutta un’altra dimensione». Un concetto in cui, a detta dello stesso Max, si racchiude un po’ il senso di tutto il disco.
Un cambio di prospettiva legato anche al passare del tempo: «arrivato all’età di 47 anni, vedo le cose in maniera diversa, non è tanto quello che vedo, ma come lo vedo, il contesto da cui osservo è molto più ampio e mi consente in qualche modo di comprenderne la relatività. Come in “Col Senno Di Poi”, osservando a distanza l’amore della tua vita andato male, ti rendi conto semplicemente di avere scampato un pericolo! Oppure ti trovi a confrontarti con le giovani generazioni nel contesto di un club ad esempio e ti rendi conto che, viste in prospettiva, hanno molte più similitudini che differenze con quello che la tua generazione è stata alla loro età. Ha tutto un po’ a che fare col rimettere le cose al loro posto, con quel distacco che ti dà l’età, ma sempre la consapevolezza di fondo che tutto finirà bene, che ci sarà un happy ending».
“Astronave Max” è un disco maturo, in cui l’entusiasmo degli 883 e la maturità del Max Pezzali uomo e padre convivono in testi nati da un processo di scrittura come al solito non semplice: «Ci si trova sempre all’inizio ad affrontare la sindrome da foglio bianco, un momento in cui vorresti concentrare tutta la massa dell’universo in un atomo che finisca in una canzone. Poi però ti rendi conto che l’unica cosa che sai fare è parlare di ciò che ti sta attorno, guardare quel centimetro quadrato che ti circonda e partire da lì. Per me qui la svolta è stata capire che non esiste un ambito di indagine da giovani o da vecchi, esiste la realtà e che anche a 47 anni puoi raccontare la tua, qualunque essa sia. Quello che cambia è solo la lente con cui la osservi». Anche perché, prosegue Max, «l’idea di entrare nell’immaginario del cantautore di mezza età, non mi si addice proprio, anzi a dirla tutta mi mette un po’ d’ansia».
Dal punto di vista musicale si passa dai Bon Jovi, ai Run D.M.C., a Rihanna, fino a Jay-Z (tutti citati nel brano “Come Bonnie e Clyde”), con una varietà di toni accomunati da un approccio attento all’anima e alla contemporaneità del suono. E a proposito della formazione con cui ha lavorato in studio e che lo accompagnerà nel tour in partenza dal 23 settembre con date nei palazzetti di tutta Italia, Max racconta: «La band con cui vado in giro è davvero una benedizione! Credo che oggi ci sia bisogno di uscire dalla dinamica del concerto scontato e della musica perfettamente eseguita, ma priva di anima, ci vogliono musicisti che siano anche autori. Preferisco perdere qualcosa sul versante della tecnica precisa, ma guadagnare in impatto emotivo. Sergio Carnevale (batteria, ndr) e Luca Serpenti (basso, ndr) non hanno bisogno di presentazioni, sono due fenomeni provenienti uno dalla storia del rock italiano e l’altro dall’elettronica, da progetti veramente d’avanguardia. Lo stesso Davide Ferrario, che ha fatto da producer e arrangiatore di tutti i pezzi dell’album è un fenomeno assoluto e anche lui proviene da ambienti musicali diversi, il suo immaginario di riferimento sono i Radiohead. Ecco, mettendo insieme tutto questo si riesce ad avere un suono moderno e, indipendentemente dall’età dell’artista in questione, vario e contemporaneo».
«Sicuramente ci sono abbastanza mesi per fare ascoltare le nuove canzoni alla gente e sarà mia premura capire quali sono quelle 5/6 che piacciono di più, per inserirle in scaletta, però voglio che il peso maggiore sia ricoperto dai pezzi vecchi», conclude a proposito del tour Max, che tra il 1 e l’11 giugno incontrerà i fan nei principali store di Milano, Torino, Curno (BG), Modena, Bologna, Varese, Roma, Firenze, Reggio Emila e Genova.