Esce oggi Cultura Generale, un disco che segna la maturità artistica de I Ministri. Nuove consapevolezze prendono strada tra le parole dei testi e le atmosfere musicali. Ho incontrato Federico Dragogna per sviscerare, il più possibile, il disco e chi sono i Ministri oggi.
Perché Berlino?
Perché penso che ci stesse inseguendo in qualche modo. Pensa che quando ho scritto Berlino 3 non ero mai stato a Berlino. Era un brano sul fatto che tutti mi dicessero di visitare questa città, appunto. Berlino ci gira intorno da anni, l’ultimo concerto l’abbiamo fatto in quella città e quindi ci ha avuto, ci ha conquistato. E’ stato quasi per caso e molto semplice in realtà, abbiamo contattato Gordon e lui vive lì.
Come mai arrivati a questo punto della vostra carriera, avete pubblicato un album che è in qualche modo un ritorno alle origini dei Ministri?
Direi quasi più indietro delle origini, le origini erano già più leccate rispetto a questo album. Come si dice nelle coppie, penso che sia successo per il bisogno di una riconferma anche tra noi tre, al fatto di essere una band e tante idee cambiano in corsa. Capisci cose di te stesso scrivendo le canzoni, andando in giro a suonare e devi chiederti se la nostra musica funziona di per sé, oppure dobbiamo costruire un brano cercando di fare un prodotto. Cultura Generale è stato concepito diversamente rispetto ai dischi precedenti. Entravamo in una stanza, suonavamo una volta tutto il brano per intero, Gordon ci chiedeva se fosse quella la traccia che sarebbe finita all’interno del disco. Se volevi rifare solo una parte, ricominciavi a suonare il brano dal principio. Una battuta che facevamo con Gordon a proposito di questo era: “Yes we have the technology”. Lui vede tutte le nuove tecnologie non necessarie, basta suonare di più.
Ci sono sbavature nel disco
In realtà ci sono sempre state.
Forse in Cultura Generale qualcuna in più proprio per la presa diretta e non te lo sto dicendo come elemento negativo. Anzi, sono sbavature che danno un’impronta inconfondibile al disco.
Sono vere. Suonavamo in stanze enormi piazzando i microfoni in ogni dove, girandoli brano per brano in ogni parte delle stanza. Ci sono delle atmosfere molto diverse traccia per traccia e percepibili all’ascolto. Quando riascolto il disco è un ricordo preciso, è una cosa successa per cui ti rivedi bene. Mentre di solito, con i dischi anche precedenti, provavo sempre uno strano senso di straniamento. Come se avessero fatto una foto a ogni parte del tuo volto nel dettaglio per poi completare il mosaico del tuo volto.
Possiamo dire che è il vostro disco della maturità? Avete detto delle cose senza il bisogno di urlarle. Vedi il brano: Cultura Generale.
Parlavo proprio con un caro amico di questa cosa, negli anni 60 tanti cantanti nuovi erano detti gli urlatori, era un momento in cui chi urlava era “la cosa contro”. Ora tutti urlano, è una cifra comune e quindi c’è bisogno di dire delle cose sottovoce. La delicatezza può diventare rivoluzionaria più del suo contrario. Non vale per tutto, siamo una rockband, in Idioti e altri pezzi forse pestiamo di più che in passato.
Le persone crescono, le idee cambiano. Cosa è rimasto uguale dall’inizio ad oggi?
Trovarsi a suonare noi tre, avere delle canzoni e doverle dire al di fuori.
Le generazioni sotto palco?
Si sono mescolate in vari modi divertenti. E’ un piccolo involontario successo nostro, siamo arrivati a un punto in cui ti riviene davvero la voglia di dire quello che stavi pensando e sentendo senza pensare a chi in questo momento ci sta seguendo. Un sacco di pezzi sono sfuggenti e difficili da decifrare, me ne rendo conto. E’ una sorpresa costante e comunque continuiamo a seguire noi stessi, se non funzionasse più, non cercherò le parole giuste per farmi seguire.
Cosa vuol dire esser fatto di neve in una società iperpresente?
Io sono fatto di neve è un brano che nasce da quando hai avuto una serie di delusioni che ti segnano e ti fortificano. Alcuni si raffreddano, nel senso che mantengono una verità oltre tutto ciò che è molto debole e si sfalda, si scioglie. Il brano è un flusso con moltissimi elementi biografici. Un canto della debolezza della difficoltà di farsi amare. Se guardi le strofe sono un dialogo con una persona il ritornello è una presa di coscienza. “Come le persone normali” è ciò che vedo ogni volta, la normalità è quella debolezza e quell’inadeguatezza, la gente cerca di sfuggirla cercando di condividere. Niente di nuovo rispetto a quando Nietzsche diceva che in fondo la vita è caos e riuscire a capirlo.
C’è la generazione che vive da signore e una sabotaggio?
Sabotaggi è un pezzo di Divi. Divi è super autobiografico e riesce ad essere un rappresentante di questo tempo e della sua generazione. Quando suoniamo Sabotaggi ci emozioniamo tantissimo, è una sorta di liberazione. Vivere da Signori è un brano che mantiene un equilibrio tra lo scherzoso, una visione e un trip, un insieme di parole che si sfaldano. Sicuramente siamo più la generazione sabotaggi. Anche Macchine Sportive racconta qualcosa fuori da noi, dal nostro modo di essere e vivere. Definire per negazione, in fondo, ci serve per definirci. E’ un riconoscere un mondo di parole e scelte che ti serve per capire chi sei tu, “sogno macchine usate”.
Il primo brano interamente dedicato all’amore, o così pare è Lei non deve stare male mai
Sì, è molto track. E’ una sensazione fresca, che vibra quando lo suoniamo. E’ una definizione di amore, se devo pensare a come spiegare l’amore, il meglio e il massimo del sentimento più virtuoso è questo. Un sentimento più forte dell’egoismo, è l’unica cosa che riesco percepire come amore. Vivo emozioni fortissime davanti alla gente quando suono, diventa difficile definire l’amore attraverso un desiderio. Invece quello che sento forte è che la persona che ami non stia male.
Ci sono brani pieni e altri in crescendo
Ho un problema con le canzoni, quando inizio a scrivere per me la risoluzione va alla fine in crescendo, dove stai raggiungendo la consapevolezza di qualcosa attraverso l’andamento della canzone. Il finale non potrà essere uguale all’inizio per tale motivo, perché sull’ultima parte raggiungi quel concetto che fa esplodere la canzone vedi Idioti, Macchine sportive e Io sono fatto di neve. E’ anti-pop sicuramente, perché per noi la fine è il punto.
Il 4 novembre inizia il vostro tour. Avete perso Effe Punto, rimanete in tre sul palco?
In realtà abbiamo già riguadagnato un elemento per il tour. Il chitarrista e cantante de Il Triangolo, Marco Ulcigrai. Un artista già pronto, ovviamente per i palchi. La scaletta è in divenire stiamo provando soluzioni diverse con brani che non suonavamo dal 2008. A volte mi chiedo come faccia Divi perché trovi di fila dei pezzi tiratissimi di voce. Stiamo provando tutti i giorni e siamo pronti.