Quali sono le differenze principali fra “Nice One” e il tuo precedente album solista realizzato con la Monte Carlo Nights Orchestra, “The Devil”?
Sono due dischi completamente diversi, perché sono stati concepiti per formazioni nettamente distinte. Il precedente s’inscrive nella tradizione della musica da big band, con sonorità quindi più decise e imponenti. In “Nice One”, al contrario, ho scelto di focalizzare la mia attenzione su di un organico più ristretto, un quartetto jazz con l’inserimento di un’orchestra d’archi in grado di enfatizzare alcuni passaggi. Certo, ci sono anche molti ospiti, ma in generale l’atmosfera è più raccolta.
In effetti, ho notato anch’io un’atmosfera più intima nei pezzi di “Nice One”. Si può dire parlare del tuo album romantico?
Assolutamente sì! E, non a caso, ho utilizzato l’orchestra d’archi. Ho davvero voluto che le canzoni fossero intime e romantiche. Sai, un’orchestra è come un treno, ti dà molto ma a volte priva le composizioni di certe sottigliezze che solo organici più ridotti possono donare. Oltre a questo, di “Nice One” mi piace anche il fatto di aver sfruttato al massimo la mia voce, perché proprio grazie al tipo di formazione ho potuto esprimerla al meglio delle sue potenzialità.
C’è una canzone alla quale sei particolarmente legato?
È difficile scegliere, ma se proprio devo ne segnalo almeno 3: “Kiss The Bride”, “Midnight Pasta” e “I’m Not Afraid”, perché dal vivo sono le prime che la gente canta subito, e questo è un enorme piacere per me. Il testo di “Kiss The Bride”, poi, per me è molto importante. Oggi c’è la tendenza a separarsi, a divorziare, così ho voluto scrivere un inno al matrimonio, un brano romantico in cui parlo di questo giorno meraviglioso e della grande promessa che due giovani si fanno quando decidono d’instaurare un legame forte per tutta la vita.
Nel disco sono presenti anche tre cover: come le hai scelte?
Si tratta di tre brani che hanno avuto molta importanza nella mia vita, che mi sono sempre piaciuti particolarmente. “When I Fall In Love” è un classico indimenticabile, che ascolto sin da quando ero bambino. “Song For My Father” ha un titolo bellissimo a parer mio, e Horace Silver è uno dei miei jazzisti preferiti. “Brother Where Are You”, di Oscar Brown Junior, parla in modo appassionato di fratellanza universale, e quindi l’ho inserito soprattutto per la bellezza e l’importanza del suo messaggio.
Sei sempre coinvolto in una miriade di attività. DJ, direttore artistico del Blue Note, talent scout, cantante…a quale aspetto della tua carriera sei più legato?
Sicuramente a quello di cantante e musicista! È sempre stato il mio sogno, ho sempre voluto esprimermi attraverso la musica, e ora posso farlo. Con questo non voglio dire che ospitare grandi artisti in radio e al Blue Note, pubblicare compilation scelte da me e scovare nuovi talenti non sia importante, anzi. Tutte questi aspetti della mia carriera mi hanno dato moltissimo, ma la possibilità di esprimere direttamente me stesso come musicista è il massimo, non si può paragonare a null’altro.
A proposito, nella tua lunga carriera avrai assistito a molti cambiamenti nel mondo della musica. Com’è cambiato questo con l’avvento di internet?
È cambiato moltissimo. In particolare, quello che si è modificato è il modo di consumare la musica. Pensa a giovani di adesso: invece di dire “ti faccio sentire i miei dischi” dicono “ti faccio sentire i miei file”. Insomma, sono intervenuti moltissimi mutamenti, ma è comunque importante tenersi sempre al corrente, perché le novità non sono per forza negative. Tuttavia si è forse persa un po’ di profondità nell’ascolto della musica, i tempi più veloci di consumo spesso fanno si che non ci si soffermi abbastanza sulla qualità artistica in sé. Eppure nel jazz, nel soul e in generale nella musica di qualità c’è ancora spazio per apprezzare il vero talento, è forse una parte del pop che risente maggiormente di questo scadimento artistico, che viene frequentemente fagocitato in questa spasmodica ricerca della novità a tutti i costi.
Che cosa rappresenta la musica per te?
Sarà banale dirlo, ma è la mia vita. Con la musica ci lavoro, ma non la considero assolutamente un mero lavoro, un’attività come un’altra. È una grandissima passione, e considero un grande privilegio poter vivere con questa passione. D’altronde ho sempre sognato di poterlo fare, ecco perché è davvero un privilegio per me. Qualcosa di magico.
Stefano Masnaghetti