Al cospetto della Machete Crew al gran completo, in un incontro che si sarebbe dovuto tenere nel loro quartier generale ma che per un inconveniente tecnico si è svolto in Sony, Nitro ha presentato alla stampa “Suicidol” (fusione dei termini suicidal e idol), il suo secondo disco da solista. “Un punto di svolta per Machete” assicura DJ Slait, “perché abbiamo potuto occuparci del prodotto a 360 gradi“. Gli fa eco El Raton, altro socio di etichetta assieme a Salmo ed En?gma: “Compreso lo staff Sony, più di trenta persone hanno lavorato a questo disco, che corrisponde in ogni aspetto all’immagine che voleva dare di sé l’artista“. Ecco come il vicentino Nitro, al secolo Nicola Albera, ha parlato del seguito di “Danger”, un disco solido, sostenuto da una tecnica notevole e da quell’attitudine hardcore comune ai suoi compagni di crew.
Al secondo disco vengono spontanei i confronti con l’esordio…
“Suicidol” e “Danger” sono uguali ma sono diversi sotto tanti punti di vista. Danger era uno sfogo in diretta, mentre questo disco è studiato e ragionato a fondo.
Dal freestyle ai dischi si rischia di perdere un po’ di quella rabbia che viene spontanea nei contest?
Non penso, perché conservo la mia attitudine da freestyler anche in studio. Quando ho un testo entro in studio e dico a Ignazio [nda: Slait] “Metti il beat” e via, si registra. E poi mentre quando fai freestyle, almeno in Italia, vince chi urla più forte, nei dischi puoi dire cose sensate senza dover per forza sbraitare.
In “Suicidol” i featuring sono ridotti all’osso…
Un concept album è un disco personale. E poi ho già collaborato con così tanti mc che non ho bisogno di collaborazioni. Senza contare che se fai un disco che parla di morte come “Suicidol” non puoi certo prendere un rapper preso bene, e questo già taglia fuori una bella fetta di nomi.
Con Fabri Fibra, presente in “Ong Bak”, come è andata?
Molto spontaneamente. Sono andato a sentire “Dexter”, il pezzo che ho registrato per il suo ultimo album, e gli ho fatto sentire quel che avevo registrato fino ad allora, assieme ai beat che avevo ancora liberi. Lui si è preso bene e ha detto: “facciamo questa traccia“. E il giorno dopo avevo già il suo testo…
Visto che citi direttamente il pezzo di Eminem, “Baba Jaga” è un po’ il tuo “Rap God”, un pezzo in cui in sostanza dici “Io rappo meglio di te”?
Esattamente. È il pezzo più funny, più spensierato del disco, in cui cerco di far vedere che non sono sempre preso male e in cui dico che se sono dove sono, c’è un motivo.
Un pezzo come “Stronzo” parla da sé, invece…
“Stronzo” in sostanza è un elenco di tutto quello che mi fa girare le palle. Tra l’altro contiene un intermezzo con Alberto Pagnotta che fa Stewie dei Griffin… mi sembrava più figo sentirlo rivolgersi direttamente a me, piuttosto che usare un campione preso dalla serie.
Gli insulti in copertina?
Significano che se vi sentite offesi non dovete pigliarvela, perché alla fine il più vituperato di tutti sono io. [ride]
Invece stupisce un disco che parla di morte che termina con un brano intitolato “Rivivere”…
Già… diciamo che è il colpo di scena finale.
Quanto influisce sul tuo lavoro il far parte di una crew come Machete?
Oggi come oggi la favola del lupo solitario non ha più senso. Ogni musicista dovrebbe far parte di una comunità. Anche perché quando sei preso dalla registrazione di un disco c’è bisogno di un parere esterno. Io quando scrivo qualcosa di nuovo ho sempre tre tipi di ascoltatori: uno che fa rap, tipo Maurizio (ndA: Salmo); uno che non fa rap ma ne sa, tipo Dj Ms; uno che non sa un cazzo di rap… cioè mia madre.
Si può fare musica anche senza essere presi male?
Secondo me un artista felice non è più un artista. Un artista è una persona che sta cercando qualcosa, e quando la trova non ha più niente di interessante da dire.
Suicidol esce nei negozi di dischi il 26 maggio, anche in edizione Deluxe con una prestigiosissima rag doll di Nitro, che lui stesso consiglia di usare come bambolina voodoo.