Il prossimo 4 febbraio Pat Metheny, con la sua Unity Band, ha pubbliato l’album “Kin (←→)”. Oltre ad Antonio Sanchez, Chris Potter e Ben Williams, si aggiunge alla formazione anche il polistrumentista italiano Giulio Carmassi. Questa e altre novità sono state svelate da Metheny stesso, in occasione della presentazione del disco alla stampa.
“Kin (←→) rappresenta un passaggio dal bianco e nero al technicolor” afferma il chitarrista jazz “Il disco precedente, Unity Band, mi aveva riportato indietro nel tempo, all’epoca di 80/81, perché sono tornato ad utilizzare il sassofono dopo tantissimo tempo. Per certi versi stavo aspettando l’arrivo di Chris Potter. Il tour promozionale di Unity Band è andato molto bene, ben 100 date. Tuttavia, alla fine del tour, eravamo tristi perché era finito tutto. Di conseguenza abbiamo deciso, tenendo conto degli impegni di tutti, che saremmo tornati nel 2014 per realizzare un progetto che riunisse tutte le mie esperienze ma eravamo consci che ci mancava qualcosa. Il caso ha voluto che, in quello stesso periodo, il bassista di David Letterman Will Lee mi chiamasse per parlarmi di Giulio Carmassi, un polistrumentista italiano valido che avrebbe voluto incontrarmi. Così ci siamo incontrati e mi sono reso conto di quanto fosse bravo, è un musicista in grado di fare molte cose. Grazie al suo contributo, il nostro suono si è ulteriormente amplificato”
Il simbolo (←→) apposto vicino al titolo è una spiegazione di questo concetto?
“In realtà non ci avevo mai pensato, ma d’ora in poi potrei usare questa teoria, essendo anch’essa particolarmente calzante. La parola Kin si riferisce alla sfera privata, quella che ha a che fare con la famiglia e le relazioni affettive. La freccia verso sinistra rappresenta il passato, quella destra il futuro che ci aspetta. Ricordo di aver detto all’art director che avevo un’idea per un simbolo, gliel’avrei disegnata su un foglio e lui avrebbe dovuto dirmi “cool” o “non cool”. Ha guardato il foglio e mi ha promosso l’idea“.
A differenza di “Unity Band”, per il quale erano bastati due giorni in studio, “Kin (←→)” ha richiesto più tempo: “ci abbiamo messo due settimane in sala di registrazione. E’ stato molto più complesso, la musica è più difficile e lunga, è complicata ritmicamente, soprattutto per le parti da mettere insieme, e i musicisti hanno dovuto avere più tempo per poterla imparare. Ci sono delle dinamiche melodiche molto più articolate che hanno richiesto un approccio molto più impegnato. E’ questo che intendo quando dico che Kin (←→) è un technicolor. E’ stato interessante constatare che, con la stessa band, sono riuscito a lavorare in due contesti così diversi: uno più semplice ed immediato, l’altro molto più elaborato“.
Quando si ha a che fare con una formazione di diversi elementi e si suona jazz, genere per antonomasia aperto alle improvvisazioni, è praticamente impossibile essere liberi al 100%, come sostiene Metheny “ritengo che dare delle direttive e dei limiti entro i quali stare sia necessario. Poi, ovviamente, è giusto che ognuno ci metta del suo. Vi faccio un esempio: decido di voler parlare solo ed esclusivamente dei bicchierini di plastica. Lascio ai musicisti la totale libertà di trattare come vogliono il tema bicchiere di plastica ma sono costretto a bloccarli se parlano di lattine, perché non è il tema che stiamo trattando. Le limitazioni sono fondamentali, solo così si può capire la strada più giusta da percorrere. Tuttavia, sono tranquillo: ho dei musicisti molto bravi, che sanno perfettamente il contributo che devono dare, e ciò si evince anche dai nostri live. E a proposito dei live, ho notato con molto rammarico che, attualmente, durante i concerti il pubblico tira fuori il telefonino e si distrae. Vivo questo comportamento come una mancanza di interesse e, come reazione, tendo automaticamente a ridurre la durata dei pezzi. E’ una cosa che va contro la mia natura di musicista: mi sono sempre piaciute le strutture musicali complicate, se avessi voluto fare musica semplice avrei fatto musica pop. In fondo, però, spero e credo sempre che la musica sia la cosa più importante”.
Il tour di Pat Metheny e la Unity Band prenderà il via il 3 febbraio e prevede 200 date, tra cui ben 8 in Italia. “Non vedo l’ora di partire”, esclama il chitarrista “siamo un gruppo ben consolidato ormai. L’unico punto di domanda è Giulio Carmassi, il quale non ha mai affrontato un’esperienza simile. Lui, però, mi ha rassicurato dicendomi di sentirsi completamente preparato e mi fido di lui”.
Gli appuntamenti nei quali sarà possibile ammirare Pat Metheny e la sua Unity Band dal vivo sono i seguenti:
14 giugno, Udine Jazz Festival
15 giugno, Tortona (AL) Arena Derthona
16 giugno, Fiesole (FI) Anfiteatro Romano
18 giugno, Roma, Sala Santa Cecilia, Auditorium Parco della Musica
19 giugno, Avellino, Teatro Carlo Gesualdo
20 giugno, Bari, Teatro Team
21 giugno, San Marino San Marino Jazz Festival
22 giugno, Gardone Riviera (BS) Anfiteatro del Vittoriale
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