A pochi giorni dall’uscita sul mercato europeo del suo nuovo lavoro come solista, abbiamo fatto una chiacchierata con André Matos. Ecco cosa ci ha raccontato l’ugola d’oro del metal made in Brazil.
Il nuovo album, come il precedente, è uscito in anticipo sul mercato giapponese, e a breve sarà disponibile anche in Europa. Come sta reagendo il pubblico asiatico? Hai già ottenuto dei risconti? Soddisfatto per ora?
Il disco sta andando molto bene, dal pubblico giapponese da sempre ho un ritorno enorme e sul loro mercato ho da sempre avuto un’ottima esposizione. Anche il primo disco è andato bene, arrivando al secondo posto nelle classifiche delle vendite per quanto riguarda il genere metal.
Nel primo lavoro a nome André Matos hai voluto racchiudere una summa delle tue esperienze precedenti (Viper, Angra, Shaman), su questo nuovo lavoro hai proseguito su questo stile o ti sei spinto in nuove direzioni ?
Questo lavoro è differente dal debut, perché in quel disco ho voluto racchiudere tutte le mie influenze e le mie idee, mentre questa volta tutto è risultato più spontaneo e più naturale. E’ stato composto in meno tempo rispetto al precedente e tutta la parte relativa alla sua stesura è stata più naturale e spontanea, penso che si sentano molta più forza ed energia su questo nuovo lavoro.
Anche questo disco affronta temi personali ed introspettivi come il precedente? Quali sono gli argomenti principali di cui parli?
Scrivo sempre i miei testi su esperienze personali, ma su questo lavoro affronto anche un lato più filosofico della musica. Si tratta quasi di un concept album, anche se non è un concept a tutti gli effetti, ma ha comunque un filo conduttore che in un certo senso accomuna tutte le canzoni.
Considerando il primo demo dei Viper (1985) come tuo primo lavoro, la tua carriera quest’anno è al 25 anniversario. Se ti guardi indietro cosa vedi? Un momento migliore e uno peggiore? Qualche aneddoto divertente da raccontarci?
Ho iniziato a fare musica molto giovane, il primo concerto coi Viper lo tenni all’età di 13 anni, e il primo disco venne registrato quando ne avevo 15. Ora ho 38 anni e penso che mi resti ancora moltissimo tempo per continuare a scrivere la mia musica. Se mi guardo indietro posso dire che la mia carriera è sempre stata predominata da un’idea principale, che è quella di essere sempre fedele alla mia passione per la musica.
Anche su questo disco alla batteria c’è Eloy Casagrande, giovane fenomeno che ha suonato con te anche sul disco d’esordio. Come si trova a lavorare con dei professionisti come voi? E voi con lui? E tu con il resto della band?
Eloy è un musicista davvero molto professionale e bravissimo, ha iniziato a suonare da giovanissimo e già a 14 anni era considerato uno dei migliori batteristi latino-americani. Oltre che un bravo musicista è anche una bravissima persona e si relaziona sempre molto bene con tutti noi nonostante la grossa differenza di età. Trovo che sia importantissimo che le relazioni personali fra i membri di una band vadano per il meglio, penso che un buono spirito di gruppo sia indispensabile a far si che la tutto funzioni al meglio e che si scriva della buona musica.
Al momento di dare alla luce i tuoi dischi hai sempre tentato paragoni con i Queen, questa volta fra le bonus dell’edizione giapponese compare una loro cover. Com’è stato registrare finalmente una cover di questa band, che so essere molto importante per te?
Ho sempre pensato che non sarebbe stato facile realizzare una cover di un loro pezzo, e mi sono sempre detto che non avrei mai registrato qualcosa di loro da mettere su un disco, perché li ho sempre ritenuti un gruppo intoccabile, e anche per una questione di rispetto verso questa grandissima band. Poi riflettendo sulle bonustrack da inserire nella versione giapponese del nuovo album ho pensato che non sarebbe stato male inserire una cover dei Queen, così abbiamo provato a registrarla. Alla fine sono rimasto molto soddisfatto di com’è venuta e sono stato quasi tentato di metterla sul disco e non solo come bonus, ma poi ci ho pensato bene e ho deciso lasciarla solo come extra.
Nelle interviste di 15 anni di fa, quanto ti si chiedeva dei tuoi ascolti, parlavi di Queensryche, Manowar, Maiden, Queen, Hellowen. Oggi, quali sono i tuoi ascolti? Quali sono gli stimoli musicali e culturali che ricerchi? E cosa ne pensi della scena metal odierna? secondo te c’è ancora qualcosa di interessante e nuovo da dire, oppure continueremo a sentire lavori di band che fanno il verso ai grandi del passato senza tirare fuori niente che rimarrà nella storia?
Ritengo che i gruppi storici siano insostituibili, le nuove band che ho ascoltato sinceramente non mi hanno comunicato molto. Trovo che manchi molta dell’originalità e delle idee che le band storiche avevano, alla fine mi ritrovo sempre ad ascoltare quei vecchi dischi…
Paul Di Anno, lasciando i Maiden ha fatto il più grosso errore della sua vita. Ozzy lasciando i Sabbath è riuscito a ridarsi una credibilità e a portare il suo nome nel firmamento. André Matos se potesse tornare indietro cosa farebbe? Lascerebbe nuovamente gli Angra o cercherebbe di riportare le cose sui giusti binari?
Ritengo che lasciare gli Angra sia stata la decisione più convinta che abbia preso. Le cose all’interno del gruppo ormai non andavano più come dovevano e non riuscivamo più a comporre buona musica, e, come ti ho già detto, ritengo che se fra i membri della band non c’è armonia la musica composta è la prima a risentirne. Penso che se non avessi fatto questa scelta la mia vita, sia personale che musicale, non avrebbe accumulato l’esperienza che invece ho avuto in questo periodo.
Tornando a parlare del nuovo disco, ho visto che hai registrato un vecchio pezzo degli Angra, “Don’t despair”, presente sul primo demo della band “Reaching Horizont”. Come mai hai deciso di incidere nuovamente questo pezzo? Sei soddisfatto di come è venuto?
Si tratta di un brano che ho composto tantissimi anni fa e che era stato registrato solamente su demotape. I fans, soprattutto quelli brasiliani, mi hanno chiesto per anni se mai avrei registrato Don’t despair con un nuovo arrangiamento e ho sempre risposto che sì, forse sul prossimo disco avrei potuto farlo, ma non lo facevo mai. Alla fine pensando ad una bonus track per il nuovo disco mi è venuta l’idea di incidere Don’t despair con un nuovo arrangiamento, in modo da accontentare finalmente tutti i fans che chiedevano questa cosa. Penso sia stata effettivamente una buona scelta.
Per concludere, hai già in programma un tour Europeo? Ti vedremo presto in Italia?
Stiamo pianificando delle date per partecipare ad alcuni festival in Europa, ma al momento non so ancora se passeremo in qualche festival italiano. Seguirà poi un tour da headliner, e in quel caso una delle priorità sarebbe quella di passare anche da voi. Mi piacerebbe poter fare più di una data singola, e di poter suonare oltre che a Milano anche in altre città italiane.
Cosa hai da dire ai tuoi numerosi fans italiani?
Ringrazio i fan italiani per l’appoggio che mi hanno dato in tutti questi anni. Siete tantissimi e sempre carichi di entusiasmo. Prometto che farò di tutto per essere in Italia molto presto per vedervi tutti.
Corrado Riva