Rego Silenta, intervista alla band

Rego Silenta intervista

Dopo aver assistito ad un loro folgorante set live, ed essere stati colpiti più che positivamente dal loro disco d’esordio “La notte è a suo agio”, abbiamo contattato i Rego Silenta per conoscere meglio questa strepitosa band.

Ciao e grazie per il tempo che ci state dedicando. Prima di tutto domanda di rito: chi sono i Rego Silenta?
I Rego Silenta sono 4 amici che cercano di fare della buona musica…o almeno, ci provano!

Cosa significa il nome della band?
Significa “Re del silenzio”. E’ il titolo di un vecchio pezzo dei Litfiba, grazie al quale Mau (Maurizio Cordì), Bo (Luca Borin), e Pae (Andrea Paesanti) si sono conosciuti ai tempi della scuola. “Rego Silenta” ne è semplicemente la traduzione in Esperanto.

Il vostro primo disco “La notte è a suo agio” ha riscosso un buon successo di critica e, immagino, di pubblico. Voi, a distanza di qualche mese dalla sua uscita, come vedete il vostro lavoro? Vi soddisfa ancora come quando l’avete inciso? O c’è qualcosa che cambiereste?
C’è sempre qualcosa che cambieresti, non esiste l’album perfetto. Però il lato positivo è che col tempo, riascoltando il tuo lavoro, scopri dettagli che apprezzi più di quanto avevi immaginato in testa, prima di entrare in studio di registrazione. A parte questo, siamo molto contenti del risultato finale. E’ stato un lavoro minuzioso e lungo, in cui abbiamo lasciato al caso il meno possibile. Speriamo che questo si senta!

Come nascono i vostri brani?
Fino ad oggi l’idea base più o meno avanzata, la portava Bo e poi ci si lavorava tutti insieme. I testi sono tutti suoi. Per quanto riguarda i lavori nuovi, la faccenda probabilmente cambierà (in autunno torneremo in sala prove a “edificare suoni”). Con l’arrivo al basso di Roberto Tambone, sopraggiunto dopo la stesura dei pezzi di “La notte è a suo agio” e rivelatosi quindi perfetto come produttore artistico, anche la genesi dei brani cambierà, e questo non può che portarci ad un prossimo lavoro di certo differente dal primo.

Com’è nato il concept che sta dietro al disco? E come avete sviluppato tutto il filo conduttore della notte e del sonno?
Lo abbiamo trovato dopo. Questo disco è piuttosto lungo e ricco di pezzi (soprattutto per un esordio) cosa che a volte ci è anche stata criticata. Noi non volevamo lasciare indietro nessuno dei brani ai quali siamo affezionati, ma sono molto diversi tra loro, anche perché scritti in periodi diversi. Così per rendere più fruibile l’ascolto, Mau ha proposto di dividerli in 4 “suite” e di identificarli in alcune fasi del sonno. La divisione è avvenuta raggruppando le tracce in base alle loro caratteristiche. Riguardo alla scelta della notte, c’è un disagio di fondo ad accomunare i vari testi, e se li guardi e li intendi come fossero dei fantasmi di qualcuno, beh…quando i fantasmi abbondano, La notte è a suo agio.

Il disco è composto da brani a volte piuttosto differenti fra loro come stile e approccio. Immagino che anche le vostre radici musicali siano piuttosto varie, quali sono i vostri musicisti preferiti?
Al di là dei punti in comune, che possiamo trovare nel “Seattle sound” e nei suoi derivati, abbiamo alla chitarra un Mau di matrice rock ‘60/70, alla batteria un Pae amante di un più recente prog metal, al basso un Rob di anima stoner, e alla voce un Bo legato al cantautorato.

Perchè la notte, quando è a suo agio, vi (o “ti” o “ci”) chiama?
Perché è il momento in cui siamo più vulnerabili e volubili, e sentiamo il richiamo a farne parte. Ma la voce è nella nostra mente.

Come vi è uscita la cosa del brano strumentale con il testo?
Beh, il titolo (“Guardando in terra mentre defecavo”) è tra le cose più esaustive e sincere dell’album. Bo riportò in prosa la scena che aveva realmente visto mentre…beh…defecava. Il testo, così com’era aveva un tono quasi di cronaca. Riportava dei fatti, e l’inserimento in una metrica forse avrebbe distratto l’utente dalla scena in sé, quindi optammo per fare sì che il brano fungesse da “colonna sonora” alla semplice lettura della prosa.

L’ultimo disco che avete ascoltato? E il disco della vita?
Bo – “The Devil Put Dinosaurs Here” degli Alice in Chains
Mau – “Ziltoid the Omniscient” di Devin Townsend
Pae – “Behind the Sun” dei Motorpsycho
Rob – “…Like Clockwork” dei Queens of the stone age

(Tutti) “eeeeeeeeeh!”

So che siete al lavoro su un nuovo video. Come sta procedendo?
Abbiamo il soggetto, e l’olio di gomito. Stiamo aspettando di vedere come si conclude la campagna che stiamo facendo su “Musicraiser” per produrre il progetto. Non diciamo altro per scaramanzia!

Siete già al lavoro su del nuovo materiale? Avete già programmato un prossimo disco?
Ci sono idee qua e là, ma nulla di pronto. Adesso chiuderemo l’estate con una bella sorpresina, e poi ri-sfodereremo penna e calamaio!

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