Poche band nella storia della musica hanno colpito l’immaginario collettivo come i Doors. Sarebbe tuttavia troppo semplice ricercare le ragioni di tale successo nella sola figura del leader Jim Morrison: se infatti era Jimbo a catalizzare l’attenzione pubblica, prima e dopo la scomparsa, è anche vero che a metà degli anni sessanta (quelli del Peace And Love), nessuno suonava come la band di Los Angeles e soprattutto nessuno poteva permettersi quei testi. Testi che non sempre erano opera del Re Lucertola, ma che molto spesso portavano la firma del chitarrista Robby Krieger. Molti fan dell’ultima ora forse ignorano il fatto che i tre singoli a vendere di più nella storia della band, “Light My Fire”, “Love Me Two Times” e “Touch Me”, sono proprio farina del sacco del chitarrista, che col suo background flamenco contribuì in maniera decisiva anche al sound della band. “Non credo che le mie esperienze pre Doors fossero più influenti di quelle jazz di Densmore o blues di Ray e Jim” – confessa Robby ad Outune – “quel che è certo è che ai tempi nessuno suonasse come noi”. Di sicuro non i Beatles, che comunque ebbero un’influenza notevole anche sulla band americana grazie al seminale “Sgt. Pepper”: “Quando lo sentimmo in anteprima non riuscimmo a capire come si potesse suonare in quel modo. In effetti ci influenzò molto durante le session di “Strange Days”, anche se i nostri testi non dicevano proprio che l’unica cosa di cui avevi bisogno fosse l’amore…”. In effetti la band non si era mai avvicinata al movimento hippy, del quale condivideva solo l’idea di cambiamento e di rottura degli schemi: lo stesso Morrison non si riconosceva nelle parole dei figli dei fiori, ma preferiva un modo meno immediato, più criptico e surreale ed oscuro di descrivere ciò che lo circondava. “Jim era una persona di rara sensibilità, oltre a possedere un’intelligenza sopra la media” – continua Krieger – “quindi capì in anticipo che quell’ottimismo diffuso sarebbe finito purtroppo male, come poi accadde”.
I fatti di Altamont e la follia di Manson misero fine a quel sogno ma, ironia della sorte, negli stessi anni anche quello dei Doors giunse alla sua conclusione. “Tutto girava intorno a Jim, era lui che poteva rendere uno show qualsiasi il più importante di sempre. I suoi movimenti sul palco, i suoi testi deliranti, il suo modo di comunicare col pubblico, sono cose che non ho mai più visto nel resto della mia vita. Purtroppo di colpo l’alcol prese il sopravvento su di lui e tutto iniziò a degenerare”. Lavorare con Jim divenne sempre più difficoltoso: i problemi con le forze dell’ordine erano sempre più frequenti e l’alcol spesso faceva compiere al Re Lucertola atti totalmente incontrollabili ed imprevedibili: “Ai tempi di “L.A. Woman” era in grado di bersi quasi quaranta birre in un giorno di prove. Gli attriti erano sempre maggiori, anche se incidemmo uno dei nostri album più belli”. Poi il volo verso Parigi e la fine di tutto. Bill Siddons, storico manager della band, sostiene che quando Morrison partì, la band fosse ufficialmente sciolta. “Tutte cazzate, i problemi c’erano eccome, ma nessuno pensava che la band fosse sciolta. So che Siddons disse anche che non eravamo presenti ai funerali di Jim per questo motivo, come se un litigio o lo scioglimento di una band potesse influire su un fatto così importante”.
Su una cosa Krieger non ha però dubbi: Jimbo quel 3 luglio morì davvero. Niente trucchi, niente complotti o cambi d’identità. “Se ascolti tutti quelli che dicono di averlo visto morire, potresti riempirci dieci libri. L’unica cosa che so è che Jim è morto, come sia successo non ha mai avuto alcuna importanza per me”. E dire che il suo amico Ray Manzarek, invece, spesso ha contribuito ad alimentare il mito: “Ray ama prendersi gioco dei media, che regolarmente abboccano. Se avesse davvero inscenato la morte, in quarant’anni una telefonata me l’avrebbe fatta, anche solo per dirmi che ci aveva fregato tutti. Non l’avrei mai tradito”. Un rimpianto, Robby però se lo porta dentro da quel giorno: “Avrei potuto salvarlo, vedevo che la strada che aveva intrapreso l’avrebbe portato alla rovina, ma non ne fui in grado. Questo pensiero mi ossessiona da quarant’anni”.
Luca Garrò