Senhit: “Abbiamo sempre la stessa grinta con cui suoneremmo al Madison Square Garden”

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Con un singolo “Living For The Weekend” ft. Marracash uscito il 4 dicembre, un tour partito l’11 dicembre da Bologna, che toccherà tra i primi di gennaio e aprile le principali città italiane, e un album, il suo quarto, in arrivo ad aprile 2016, Senhit ha tutte le ragioni per festeggiare un Natale coi fiocchi. Abbiamo fatto quattro chiacchiere con la cantante bolognese di origini eritree, che ci ha raccontato del singolo, del tour e delle tante e illustri collaborazioni, che stanno dietro questo nuovo capitolo della sua carriera.

Il 4 dicembre è uscito il tuo singolo “Living For The Weekend” ft. Marracash. Raccontaci, com’è nata questa collaborazione?
Prima di parlare della collaborazione con Marracash, “Living For The Weekend”, ha un’altra collaborazione, che è quella col produttore Brian Higgins, con cui abbiamo scritto questo bellissimo brano. Si tratta di un grande, che ha lavorato con gente come Pet Shop Boys, Pink e tanti altri e ha questo bellissimo posto nel sud dell’Inghilterra, Xenomania, una mega casa che è il quartier generale di tutta la musica inglese. Quindi quando mi ha invitata ad organizzare tutta la sessione brani, abbiamo lavorato anche su “Living For The Weekend” ed è uscito questo capolavoro. Dopo di che sono tornata in Italia e col team di produzione si pensava di aggiungere una chicca italiana a questo brano internazionale e da qui è nata la collaborazione con Marracash, che conosco tramite amici in comune e addetti ai lavori. Avevo voglia di avere una ciliegina un po’ tamarra italiana e quindi ho pensato a Marracash, con cui abbiamo in mente di fare tante altre cose in futuro, ma non si dice niente per scaramanzia. Nel frattempo ho cominciato a lavorare a tutto il repertorio con Brian e altri grandi autori lì a Xenomania e lo sto portando in giro in questo mini-tour partito da Bologna e che si concluderà ad aprile, quando finalmente lanceremo l’album.

Puoi darci qualche anticipazione su quello che sentiremo nell’album?
L’album dovrebbe racchiudere un misto di generi, il cui comune denominatore è sempre comunque il pop rock commerciale, quindi molto orecchiabile, radiofonico ed energico. Poi spazierò anche con una ballad, sempre molto pop e grintosa, tipo Pink, Alanis Morisette. Tutti i brani sono stati scritti da grandi autori internazionali, ma anche italiani. La produzione, invece, è seguita da Maurizio D’Aniello, con cui lavoro da tempo trovandomi molto bene, ed è proprio con lui che ho cominciato a fare la ricerca di autori, compositori e musicisti per questo disco, che è un po’ un misto frutta. L’unica cosa che accomuna i brani, come dicevo, è il genere pop rock, molto ballabile e molto live, che mi è stato cucito addosso e dal vivo lo riporto con molta naturalezza e spontaneità.

Hai già suonato le prime tre date del tuo tour, che genere di show hai proposto?
Un live molto essenziale e minimale. In scena ci siamo io, il tastierista/violinista, Vito, il violino tra l’altro dà un tocco di eleganza a tutto il repertorio, Marco alla batteria e Gabriele alle chitarre. È uno show di un’ora e un quarto circa e non ci si siede mai, poi io sono abbastanza un animale da palcoscenico, però ci sono anche dei momenti che strizzano l’occhio alla parte più melodica, come l’apertura con un brano tutto a cappella. In generale però abbiamo la stessa fotta e la stessa grinta come se ci esibissimo al Madison Square Garden! Per una voce e tre musicisti portare in scena dei pezzi pop/electro pop, dance, ma comunque ascoltabili, non è cosa facile, però alla fine ci siamo riusciti e da gennaio porteremo il live in giro per tutta Italia, fino ad aprile, quando l’idea è quella di spostarci in Europa.

La scelta di cantare in inglese, quindi, non è stata casuale…
Ormai l’inglese è una lingua musicalmente internazionale, ma anche in Italia si canta tanto in inglese e passa tanta musica in inglese in radio. È una cosa che io faccio da tanto tempo e non ti dico che non mi manchi cantare in italiano, infatti nel live ci sono due cover, una in inglese, “Missing” degli Everything But The Girl cantata in stile chillout, e una in italiano. Per ora ne abbiamo un paio papabili, ma ci siamo presi questo periodo delle vacanze di Natale per scegliere, perché cantare in italiano, che è la mia lingua madre, mi piace tantissimo, ma la scelta della canzone deve essere studiata.

Negli ultimi anni hai avuto questa svolta electro pop e danzereccia, nei live suonerai anche pezzi più datati della tua produzione, quindi dal tono più soul e R’n’B?
No. Se dovessi etichettare i pezzi in scaletta direi che sono electro pop rock, questo è il mood, non c’è niente di funky e niente di soul. Tra l’altro si aggiungeranno altri due o tre brani, perché sono appena tornata da Xenomania, dove li abbiamo provati e quindi, si, è tutto un work in progress, per cui sono stracontenta e stracarica, ma anche strabollita. Sono giorni di fuoco, ma che mi danno anche una grande adrenalina.

L’ultima domanda è extramusicale, ma neanche troppo: da anni sostieni l’associazione Save The Dogs, che ha scelto come inno il tuo brano “Please Stay”. Com’è nato questo sodalizio?
Sono sempre stata una grande sostenitrice degli animali e ho sempre detto no agli animali in casa. Poi cinque anni fa è arrivato Buddy, mio malgrado, perché col lavoro che faccio ho pensato subito, “ma come cacchio faccio io con un cane?!” Fu mia sorella a chiamarmi, dicendomi che c’era un problema, perché una signora che aveva visto questo cane in un lager – che non era un canile, ma un lager – a Brindisi e lo aveva adottato, una volta arrivato a Bologna non lo voleva più, perché secondo lei era troppo brutto e voleva rimandarlo indietro! Quindi mia sorella lo tenne e, visto che io ero in tour a New York , mi disse: “quando torni vediamo cosa fare”. Ovviamente ho fatto il viaggio di ritorno pensando al povero cane e piena di sensi di colpa perché ero certa di non poterlo tenere. Una volta arrivata, le ho detto che lo avrei tenuto tre giorni e avrei fatto tutta la pubblicità del caso per trovargli una famiglia. Da allora sono passati cinque anni e Buddy è diventato la mia ombra, il mio fidanzato, mio fratello, il mio migliore amico, il mio compagno e ha cambiato la mia vita in modo molto positivo. Un amore incondizionato del genere non credo che lo riceverò mai da nessun’altro. Da qui ho scoperto il mondo delle associazioni benefiche, cosa che già facevo, ma in modo un po’ più superficiale. Poi Sara (Turetta, fondatrice dell’associazione, ndr) mi ha chiamata e mi sono innamorata dell’associazione, perché l’ho trovata incredibilmente seria. Così Buddy ed io siamo diventati testimonial di questa associazione italiana, che lavora soprattutto all’estero (Romania, ndr), e le abbiamo regalato “Please Stay”, proprio come se fosse il cane a chiederlo al suo padrone.

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