Animo tra i più elevati della scorsa edizione del Festival di Sanremo, Simone Cristicchi si ripresenta al grande pubblico con uno degli album più politici e impegnati della propria carriera. Non che in passato il cantautore abbia nascosto il proprio spirito ironico e, spesso, cinico nei confronti della realtà che ci circonda, ma mai come in questa circostanza la sua somiglianza con i grandi parolieri della musica italiana si è fatta così netta.
I primi nomi a venire alla mente sono di certo Rino Gaetano e Fabrizio De Andrè. “Diciamo che per quanto riguarda l’Italia, secondo il mio modesto parere, nessuno è arrivato più in alto di loro due. Seppur esprimendomi in modo diverso, ci uniscono moltissime cose. Rino, poi, è stato probabilmente la mia più grande fonte di ispirazione”. Cristicchi, di sicuro, non ha paura di dire le cose che pensa e questa volta lo fa abbandonando un po’ lo stile musicale dei suoi album precedenti: “E’ vero, questa volta il rock è la voce che ho scelto di utilizzare per esprimermi. Non riesco a ripetermi, è più forte di me. Sono una persona che tende ad annoiarsi, quindi ho sempre bisogno di nuovi stimoli”.
Al di là dell’orientamento musicale, che a tratti sfiora il punk, a colpire è la facilità con cui l’artista dipinge, in modo molto diretto, quello che non gli piace vedere ogni giorno intorno a sè. Una canzone di protesta come “Genova Brucia” (sui terribili fatti del G8), che ha già creato più di un problema all’autore, o il pezzo presentato lo scorso febbraio al Festival, da questo punto di vista sono forse i momenti più significativi dell’album. “Anche in questo senso mi rifaccio a De Andrè. Pensate a un pezzo come “Don Raffaè”: con apparente leggerezza parlava invece della mafia come non aveva mai fatto nessuno”.
Da sottolineare anche la presenza della stupenda “Quattro minuti e 28 secondi”, dedicata a Luca Flores, semi sconosciuto pianista jazz, morto suicida. “Ho voluto ricordarlo perchè è tremendamente ingiusto che artisti come lui non abbiano raggiunto il grande pubblico. Sono sempre stato attratto dagli artisti più sensibili, quelli che hanno lottato fino a quando hanno potuto con i propri fantasmi, le proprie patologie. Penso a Jeff Buckley, Nick Drake o Syd Barrett. Probabilmente sono questi i personaggi che mi piacerebbe poter ospitare nel mio Grand Hotel…”.
Luca Garrò