Il vostro gruppo è considerato una delle realtà più importanti del neofolk italiano, come vi siete avvicinati al genere? Chi sono i vostri ispiratori, all’interno di quello che è il percorso più visionario e colto fra quelli sbocciati dal dark e dalla scena post industriale?
Non credo Spiritual Front sia un gruppo neo folk, almeno che per neo folk tu intenda una forma differente e trasversale di folk music, allora sì, ma se per neo folk intendi ballate minimali acustiche che si rifanno alla mitologia pagana o a racconti d’appendice sulla seconda guerra mondiale allora no. Generalmente siamo associati al neo folk per via di un paio di dischi che facemmo all’inizio di
questa decade, o per le mie frequentazioni del giro dark – industrial, ma come ti dicevo prima non è assolutamente neo folk, e francamente in un disco come “Rotten Roma Casinò” non credo vi sia nessun elemento riconducibile al neo folk e dai suoi derivati. Personalmente amo l’industrial, un certo tipo di folk oscuro, la old school ebm, tanto quanto il pop, il country o l’electro ma non credo che la cosa influisca più di tanto sui miei dischi; la musica che compongo è quella che più semplicemente dà forma ai miei sentimenti, se un giorno avrò voglia di esprimerli con l’ hip hop o con il black metal lo farò, senza pormi nessuno problema di etichetta o di coerenza.
“Rotten Roma Casino” è, musicalmente parlando, un tentativo notevole di avvicinamento al pop, gli arrangiamenti si sono fatti più semplici e meno aggressivi, e le melodie hanno raggiunto una cantabilità che prima non avevano mai avuto. I vostri testi però, continuano invece ad essere tutt’altro che patinati, come se voleste soltanto ingentilire il mezzo, ma non il fine.
Hai detto una cosa giusta, anche se credo che un certo tipo di pop, nel senso del popolare e semplice del termine, c’era anche in passato. Posso dirti che più pop è la produzione, la cura dei suoni e certe scelte ‘estetiche’, quello sì. Riguardo ai testi…parlo di me, della mia vita, quindi di patinato c’ è ben poco purtroppo. Spiritual Front è e rimarrà un gruppo onesto e vero, potranno cambiare certi stilemi sonori probabilmente, ma ciò che lo anima rimarrà invariato.
Cosa vi stava influenzando, nel periodo in cui avete registrato questo album?Quali immagini vi scorrevano in mente, e quali parole?
Per la prima volta ho sentito l’esigenza di raccontarmi in concomitanza alla mia esperienza nella città in cui vivo, Roma, capendo quanto il posto in cui abitiamo, la comunità con cui dividiamo ogni giorno la nostra vita possano essere influenti nelle nostre scelte, in tutte le scelte, nei comportamenti, nei gusti, nei gusti sessuali, quanto lo scontro natura/cultura sia vivo, pericoloso e prepotente. Cerco di parlare sempre e comunque di me stesso, ma senza velleità autoreferenziali, voglio solo raccontarmi, riportare in musica e parole quello che sento e vivo, aprirmi agli altri, immaginando e sapendo che altri ragazzi e ragazze come me vivono e sentono lo stesso, magari senza la possibilità di lasciare una testimonianza tangibile di quello che sono. Deve esserci sempre un portavoce per ogni categoria di persone, per ogni sbandato, per ogni inutile vita.
Da quale esigenza arriva la scelta di accompagnare al cd un dvd che comprenda non solo alcuni video, ma anche un’intervista ed alcune letture di opere di autori quali Majakovskij e Pasolini? Volevate regalare ai fan una chiave di lettura più chiara per il vostro nuovo lavoro, o c’era semplicemente voglia di far uscire qualcosa che lavorasse a più livelli?
Entrambi. Dopo quasi 5 anni di inattività discografica abbiamo voluto dare ai nostri fans un prodotto più completo e interessante, ma allo stesso tempo lavorare a più livelli al fine di rendere il nuovo album un prodotto comprensibile, intrigante, ed esplicativo di cosa sia Spiritual Front. Non vogliamo essere solo un gruppo che suona canzoni, vogliamo essere un gruppo vivo, che pensa e fa pensare, che si mette a nudo, senza filtri, e che mostra senza problemi quali sono le proprie inspirazioni, le proprie guide, mostra quali sono i sentimenti che permeano la sua anima.
Quanto pensate di dovere alla scena neofolk, e quanto sperate di lasciarvela alle spalle, per iniziare un nuovo cammino?
Non mai pensato di lasciare alle spalle nulla, di rinnegare nulla. Penso solo che ci siano stati dei cambiamenti in questi anni, un maturare costante, e l’etichetta neofolk ormai non si confà a noi, per niente. Ho amato ed amo ancora band come Death In June, Ordo Rosarius Equilibrio, Sol Invictus, Sonne Hagal, Ostara, etc. ma credo che il nostro stile e la nostra attitudine sia lontana anni luce dalla loro. Nessun rimpianto, nessuna rinuncia, nessun divorzio. Solo un amore balordo.
Francesca Stella Riva