In una stagione che sembra stimolare le reunion storiche e il ritorno di band date ormai per morte, anche i Supertramp hanno voluto dire la loro e nell’anno di grazia 2010 si presentano con un tour celebrativo di una carriera quarantennale: “70-10”.
La band, formatasi nel lontano 1970 dall’unione artistica tra Rick Davies e Roger Hudgson, pare voler festeggiare in questo modo, non certo rivoluzionario, i suoi primi quarant’anni di carriera.
A onor del vero bisogna dire che, nonostante gli originali membri siano tutti in vita e in buona salute, ci sono delle defezioni non certo trascurabili in questa reunion, a partire da quella dello stesso Roger Hudgson che non concede la propria benedizione al progetto, quasi sicuramente nato nella sola mente di Rick Davies.
Ed è proprio per questo che abbiamo scambiato 4 chiacchiere con l’ormai solitario leader della band britannica ma di adozione statunitense.
Lo incontriamo in una calda giornata nel bel mezzo del Luglio Newyorkese e cerchiamo di farci spiegare cosa passa per la testa di un sessantaseienne che non ha ancora perso la voglia di sputacchiare dentro al microfono.
L’impressione iniziale è quella di aver di fronte un uomo nel pieno delle proprie forze, per niente consapevole di avvicinarsi alla veneranda età dei 70. E, infatti, dopo averci ringraziato per gli auguri, e averci spiegato cosa avesse fatto per festeggiare, niente che sia degno di essere raccontato se pensiamo di avere a che fare con una rock star, inizia spedito a parlarci della nuova produzione. L’intenzione, ci racconta, è quella di voler riproporre la storia dei Supertramp attraverso le canzoni più rappresentative del gruppo.
Nella setlist appariranno un po’ tutti i lavori che nel corso degli anni, e 40 non sono proprio pochi, hanno segnato il percorso artistico del quartetto: non mancheranno di certo hit come “Goodbye Stranger”, “Take the Long Way Home”, “It’s Raining Again”, “The Logical Song”, “School”, “Crime of the Century”, “Dreamer”, “Give a Little Bit”, “Don’t Leave Me Now” e “Fool’s Overture”.
Appare lampante l’assenza di Roger Hudgson che possiamo tranquillamente definire come co-fondatore della band e autore al 50% dei pezzi dei Supertramp. La spiegazione di Rick appare decisamente diplomatica, probabilmente un po’ insincera. Dietro a quelle che lo stesso ci propone come scelte personali dell’amico, che parrebbe aver scelto una strada più personale, si nascondono, a parer nostro, le vecchie incomprensioni che avevano segnato ineluttabilmente la fine della collaborazione tra i due già dall’inizio degli anni ’80.
Per lo stesso Davies la carriera solista appare certo una probabilità, ma con tutta probabilità di questo se ne riparlerà in futuro, per il momento il suo più vivido interesse sembra orientato nel suonare i pezzi dei Supertramp.
Oltrepassando queste dolenti note, il tour riserva anche delle sorprese positive come il grandissimo successo che Davies e soci sembrano riscontrare in Germania, e proprio per questo motivo il tour è pieno zeppo di date in terra d’Alemagna, mentre un ritorno a casa, in patria, dopo 40 anni rappresenta la serata che si terrà a Londra all’O2 Arena. Rick sembra decisamente contento di questo ritorno anche perché consapevole di riportare a migliaia di fan un gruppo che per anni si era allontanato dal nido primordiale per emigrare in America.
Trovandosi di fronte a chi ha scritto almeno una delle pagine di un ipotetico almanacco della musica anni ’70 non possiamo dimenticarci chi e cosa sono stati i Supertramp, e allora senza nessuna nota nostalgica o lacrimucce in ricordo di quando eravamo giovani, proviamo a indagare con occhi post-moderni nella valigia dei ricordi. Rick non è annoiato da questo nostro desiderio e ci segue gentilmente nel percorso della memoria nel quale lo stiamo conducendo. Parlando dei primissimi album emergono immediatamente le influenze date da King Crimson, Procol Harum, Spooky Tooth, l’intenzione all’epoca era sicuramente quella di entrare in questo tipo di mood.
Una leggenda molto curiosa sulla nascita dei Supertramp narra che a un certo punto il gruppo sia stato interamente finanziato da un milionario olandese che aveva deciso di investire una notevole quantità di soldi. Come raramente accade nelle storie del rock questa pare non essere per niente una leggenda, bensì la pura verità. Rick racconta come questo signore interessato alle qualità della band si sia infine deciso a voler supportare il gruppo, e lo ringrazia tutt’ora perché molto probabilmente senza il suo aiuto l’esperienza Supertramp sarebbe finita in men che non si dica. Per quanto riguarda la successiva affermazione della band, Mr. Davies attribuisce il tutto alla giusta combinazione di ingredienti, di parole, riconoscendo molto saggiamente a ognuno i suoi meriti. Concretamente parlando, comunque, l’esplosione vera e propria è da attribuire a “Crime Of The Century”, perché prima la band era letteralmente in “cardboard boxes”. L’influenza dei King Crimson è stata inoltre decisiva per raggiungere un livello superiore, e spostare l’attenzione sull’impatto live, che nel tempo si è strutturato con luci, proiezioni video, il tutto sincronizzato con la musica. Questo processo ha trovato poi la sua naturale evoluzione con “Breakfast in America”.
Tra le tante anomalie di questo gruppo facciamo notare come i Supertramp siano stati un gruppo che ha “flirtato” poco con la stampa, e questo nell’attuale mondo dell’immagine sembra una bestemmia. Eppure, serafico, Rick ci spiega come non abbiano mai avuto questo atteggiamento verso la stampa anche perché nella loro formazione non c’è mai stato un personaggio alla Mick Jagger che stuzzicasse le attenzioni dei giornalisti, per di più sono sempre stati privi di un addetto stampa e quindi l’insieme ha portato ad avere un rapporto abbastanza freddo con il mondo della carta stampata.
Il festeggiamento dei 40 anni di una band sembra anche il momento per fare una riflessione sul momento attuale. Ed è con un po’ di amarezza che l’autore di questo pezzo vi domanda se abbiamo ancora bisogno di rispolverare un gruppo che per quanto importante sia stato di certo ha concluso, e già molto tempo fa, la propria parabola artistica. Se la forma d’arte deve essere un punto di vista, più o meno parziale, su quanto è, ed esiste intorno, e questo facevano gli stessi Supertramp negli anni del loro apice, ci pare che quanto oggi cerchino di raccontarci tutte queste reunion sia spesso, non sempre, fuori luogo.
E allora, mi viene da pensare che il tutto sia un po’ troppo asservito a esigenze economiche, non certo artistiche, e fin che lo spettacolo regge, verrà spinto avanti anche contro qualsiasi valutazione estetica, solo e soltanto piegato a una logica di opportunità. La nazionale bis di Marcello Lippi non ha certo rivinto il mondiale in quanto si era messo al comando lo stesso timoniere. Si è concesso al popolo quello che il popolo voleva, un vincitore da spolpare fino al midollo…e forse anche un po’ umiliare… tanto il ricordo, in quanto non più reale e dunque non più sottoposto al deperimento dell’istante diventa immortale…nella sua bellezza, nella sua finzione.
Francesco Casati