The Swellers: il tour insieme ai Paramore è stata la nostra svolta

I The Swellers non si risparmiano di certo quando si tratta di suonare live. Questa è la loro seconda calata europea nel 2010. Prima del concerto con gli Anti-Flag abbiamo avuto la possibilità di scambiare qualche battuta con la band al completo.

Come sta andando il tour europeo?
Sta andando benissimo. Quando siamo atterrati in Francia era un po’ freddo, qua invece…beh, non è così freddo. Scherzi a parte, siamo sempre molto felici di venire a suonare in Europa, perché qua il pubblico dimostra di essere veramente affezionato a noi.

Parliamo proprio di questo: quali differenze ci sono fra i tour europei e quelli negli Stati Uniti? E i vostri fan in cosa si distinguono?
La differenza principale sta nel fatto che negli Stati Uniti conosciamo ormai ogni singola strada, ogni singolo stato, ogni singola città, e quindi certe volte suonare nel nostro Paese può essere noioso; mentre per noi l’Europa è un mondo totalmente nuovo, che non conosciamo ancora bene, dove tutto è da scoprire, e quindi è doppiamente eccitante suonare qui! E questo si riflette nel rapporto con il pubblico. Negli USA le reazioni sono del tipo: “Ah, ecco un’altra band, la possiamo vedere anche il mese prossimo”, mentre in Europa il pubblico è più coinvolto, perché sa che per venire a suonare abbiamo fatto un lungo viaggio, e di questo ci è riconoscente, e oltretutto non sa con certezza quando potrà rivederci, quindi si mostra ancora più entusiasta.

“Ups And Downsizing” è uscito ormai da un anno: quali sono state le reazioni di pubblico e critica?
Ottime. Siamo molto contenti di questo, anche perché si tratta della nostra prima uscita veramente importante. Sulle riviste l’album ha avuto buone recensioni, e soprattutto durante i concerti la gente voleva sentire proprio le canzoni di “Ups And Downsizing”. Durante questi show abbiamo suonato anche molti brani del nostro disco precedente, “My Everest”, ma il pubblico non era così partecipe come quando ci mettevamo a suonare i brani del nuovo: allora i ragazzi impazzivano e cantavano anche tutto il pezzo. È stato molto gratificante tutto ciò, perché abbiamo toccato con mano che è valsa la pena lavorare duramente su questo disco, e la risposta dei nostri fan non poteva essere migliore.

Il vostro stile musicale è spesso paragonato a quello di NoFx, Bad Religion, Millencolin, e personalmente sento delle influenze dei Green Day nella vostra musica, come in “Sleeper” ad esempio. Ma quali sono le vostre vere fonti d’ispirazione, i vostri gruppi preferiti?
Nick Diener: proprio quelli che hai citato.
Jonathan Diener: già, mi ricordo che quando avevo 14 anni, il primo cd che presi con i miei soldi fu proprio “Pennybridge Pioneers” dei Millencolin, e grazie ad esso imparai a suonare la batteria in senso ‘punk’. Li amavo così tanto che quell’anno, per il mio compleanno, ebbi una Millencolin – cake! Sono stati la band fondamentale per me.
Nick Diener: io invece ho iniziato a suonare la chitarra ascoltando i Nirvana, ma poi ho capito che volevo dedicarmi al punk, e le band che mi hanno fatto capire questo sono state proprio quelle citate: NoFx e Millencolin soprattutto, ma anche Mistfits, Descendents, No Use For A Name, tutti i dischi della Fat Wreck Chords, e molto del primo punk, quello uscito fra il 1977 e il 1984. Ognuna di esse è stata importante per me e per il nostro gruppo.

State scrivendo del materiale per un nuovo album? Avete delle canzoni già pronte?
Per ora nessuna canzone terminata, però abbiamo molte idee sulle quali stiamo lavorando, e speriamo di entrare in studio verso l’inizio dell’anno prossimo per sviluppare queste idee e tirarne fuori dei brani compiuti. Vorremmo fare uscire il nuovo disco per l’estate prossima circa.

Quando componete, vi concentrate esclusivamente sui vostri intenti artistici oppure pensate alle reazioni che potrebbero avere i vostri fan?
Una via di mezzo fra le due cose: quando iniziamo a scrivere le canzoni, ci concentriamo esclusivamente su di esse e non pensiamo alle reazioni. Così spesso ci capita di buttar giù brani molto veloci, altri bizzarri e intricati…però quando si tratta di registrare il disco ci fermiamo un attimo e pensiamo a come poterlo fare in modo equilibrato. E soprattutto cerchiamo di evitare canzoni troppo strane o complesse che non renderebbero per nulla dal vivo: questa è la cosa più importante per noi, dato che siamo in tour la maggior parte dell’anno e vogliamo che il nostro pubblico ci apprezzi soprattutto in quella dimensione.
Pensiamo anche a quello che fanno i Green Day: cerchiamo di costruire un brano accattivante e incisivo tramite pochi accordi, e successivamente pensiamo: “il nostro pubblico capirà quello che stiamo facendo?”, e quindi tralasciamo le parti delle quali non siamo sicuri e cerchiamo di realizzare qualcosa che catturi da subito l’attenzione.

Qual è stato il momento più importante della vostra carriera come gruppo, il punto di svolta?
Nick Diener: il primo è stato quando Jonathan sì è diplomato all’high school. Allora ho detto: “Andiamo in tour”. Da quel momento in poi abbiamo cercato di suonare in giro il più possibile per farci conoscere e abbiamo capito di essere una band. Ma il vero punto di svolta è stato quando abbiamo firmato per la Fueled By Ramen, abbiamo fatto uscire “Ups And Downsizing” e siamo andati in tour con i Paramore: una grossa etichetta, un ottimo disco e una grande band che ci ha chiamati a suonare con loro, fantastico! Tutto questo ci ha ripagato del duro lavoro fatto fino allora, anche se sappiamo che dobbiamo ancora lavorare molto per raggiungere gli obiettivi che vogliamo ottenere.

Siete una band giovane, cresciuta con la musica su internet: che cosa ne pensate della ‘rivoluzione della rete’ e dei problemi ad essa connessi?
È difficile rispondere. Sai, molte band già famose e affermate oggi dicono: “Non c’interessa se la gente scarica la nostra musica illegalmente, l’importante è che circoli liberamente”. Possiamo anche essere d’accordo con loro, ma i problemi iniziano a sorgere quando sei un gruppo agli esordi, e allora è difficile andare avanti senza incontrare molti problemi, anche perché, alla fine, se fai un disco è perché lo vuoi vendere. E allora, se già i grandi nomi hanno problemi in questo, figuriamoci le band al primo disco. Certo c’è la possibilità di far conoscere la tua musica a più gente, che poi spesso viene a vederti dal vivo. Noi siamo nati quando è nato tutto questo, e tutto sommato non abbiamo avuto grossi problemi, ma parlando con altre band…beh, molte di esse dicono che non riescono ad accettare tutto questo. È un altro capitolo nella storia della musica; prendi i Paramore ad esempio: una volta sarebbero stati delle grandissime rockstar, avrebbero fatto moltissimi soldi, sarebbero stati milionari, invece adesso, dati i tempi, non sono assolutamente delle rockstar astronomiche, sono solo dei ragazzi che scrivono belle canzoni. In un certo senso è molto strano tutto questo, perché non ci saranno più dei nuovi Nirvana, dei nuovi Green Day, quella è un’epoca finita. L’aspetto positivo è che oggi un artista deve mettersi alla prova più di quanto non facesse un tempo, e per vendere i suoi dischi deve essere il più creativo possibile. L’aspetto più negativo, invece, è quando trovi i dischi in download illegale su internet già due – tre mesi prima della loro uscita fisica; questo ci fa davvero incazzare, anche perché poi, quando l’album esce, molti non ci pensano neppure a prenderlo perché dicono: “Lo sento da due mesi, lo conosco già a memoria, cosa lo prendo a fare”. Manca del tutto la bellezza dell’attesa e l’eccitazione quando finalmente vai in negozio a comperare un disco dei tuoi gruppi preferiti. Noi cerchiamo di preservare questo, e quando esce il disco di un’artista che amiamo preferiamo aspettare, anche se ci sono già i link su internet.

Stefano Masnaghetti

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