Abbiamo incontrato in Svizzera Doug Aldrich, chitarrista dei Whitesnake e nome conosciuto in tutta la scena internazionale. Gentilissimo e disponibile, c’ha raccontato a pochissime ore di distanza anche le sensazioni provate al Gods Of Metal 2011 in Italia (audio in fondo all’articolo…).
We met Doug Aldrich, Whitesnake’s guitarist, at the end of june 2011. Here’s what he told us about “Forevermore”, his feelings about being on stage with legends such as R.J.Dio and David Coverdale and how much his guitar style has changed throughout the years.
““Forevermore” è abbastanza differente da “Good To Be Bad”, in Good avevamo un sacco di pressione su di noi, non potevamo sbagliare e dovevamo fare colpo subito per rilasciare un disco di ottima fattura in perfetta tradizione Whitesnake. Per Forevermore invece avevamo grandi canzoni e abbiamo voluto coinvolgere più possibile la band, eravamo più sicuri di noi stessi e dell’unità del gruppo, io e David abbiamo giusto dato qualche input agli altri musicisti lasciando poi a loro lo sviluppo delle parti a cui si sarebbero dedicati: Brian Tichy ha scritto le drum parts, così hanno fatto gli altri ragazzi, ognuno ha sviluppato l’idea come voleva. Forevermore è più vario, più discontinuo con varietà di ritmi e soluzioni stilistiche differenti!”
Cosa ne pensi quando senti dire che sei stato determinante nel riportare i Whitesnake in una dimensione artistica eccellente? “Bè ne sono felice ovviamente ma David Coverdale è sempre David Coverdale, mi fa molto piacere che si dica che ho avuto il mio ruolo nel riportare i Whitesnake in alto ma i Whitesnake sono una leggenda insomma, ho una piccola parte in tutta la lunga storia della band…”
C’è qualche episodio che ti ha fatto capire di essere entrato a far parte dell’elite della musica rock?
“Domanda difficile… episodi veri e propri non saprei, spesso è solo questione di sguardi e di intesa per la quale non servono parole…Ronnie James Dio (se non fosse stato per lui non sarei mai entrato nei Whitesnake) mi trattava benissimo, mi ha lanciato effettivamente. Ronnie sul palco era il massimo, era coinvolto in tutto quanto gli accadeva intorno, io lo guardavo quando era nei Rainbow e poi mi sono trovato sul palco con lui, fantastico… ho molti bei ricordi con lui anche se è stato per poco tempo. Con David mi pare di essere a casa, come se fossimo insieme da sempre. La gente mi dice che David mi vuole bene, so che lui si fida molto di me, io non cerco mai di fare qualcosa fuori posto che non sia a vantaggio della band. Alcuni pezzi su Forevermore mi hanno gratificato molto, “Till The End Of Time” su Good To Be Bad con quelle parti melodiche e acustiche per le quali ho insistito molto…insomma sono felice di aver dato il mio contributo nel sviluppare il sound, amo le slide guitars e sono felice di averle introdotte qua e là nei Whitesnake. Poi bè se vuoi proprio un episodio qualche tempo fa io e gli altri ragazzi eravamo a Londra nei camerini e all’improvviso è entrato Jimmy Page a salutarci, non male devo dire…”
Quant’è cambiato il tuo modo di suonare negli anni?
“E’ cambiato e migliorato, soprattutto ho cercato di affinare le mie capacità nel produrre melodie, la melodia è la cosa più importante in assoluto. I Whitesnake sono da sempre una band legata alla voce del leader ma David ha sempre avuto chitarristi mostruosi e mi ha sempre detto “Doug la melodia è tutto”. Io e Reb (altro chitarrista, ndr) ci dividiamo bene le parti e cerchiamo le soluzioni migliori, su Forevermore mi è piaciuto tantissimo lavorare sulle parti lente e acustiche – esegue qualche arpeggio – ispirandomi a Jimmy Page, uno dei miei idoli. Come ti dicevo prima quando ci siamo incontrati mi ha detto che aveva sentito il pezzo e che gli era piaciuto un sacco…”
Il concerto in Italia è stato incredibile, i fans continuavano a cantarci questo coro…