Sabato 13 dicembre 2014 è arrivato anche all’Estragon di Bologna il fenomeno 2Cellos per il terzo concerto italiano di un tour che sta registrando il tutto esaurito, non solo nel nostro paese ma nel mondo intero. Luka Šulić e Stjepan Hauser hanno conquistato la notorietà grazie a YouTube, una storia piuttosto comune di questi tempi. Quello che invece va ben oltre l’ordinario quando si parla dei due violoncellisti balcanici (sloveno l’uno, croato il secondo), è la dimostrazione sul campo del valore del loro progetto.
La formazione dei due musicisti è classica, la tecnica quella impeccabile appresa da anni di studi in istituti prestigiosi; ma l’anima, quella è rock.
Questa la parabola rappresentata dal concerto, virtualmente diviso in due parti, una prima più romantica e una seconda dal tono smaccatamente hard. Si parte dal classico di “Benedictus”, poi “Viva la Vida” e “Shape of My Heart”, i cui toni mansueti e toccanti vengono alleggeriti dalle parentesi giocose dei protagonisti sulla scena, avvinghiati alla loro arma più potente, quel violoncello elettrico dal design minimalista che apre sconfinati sentieri all’immaginazione. “Resistence” dei Muse è tra le versioni migliori di questa tranche iniziale, che nel finale si fa notare per la prima scarica di distorsione elettrica che manda impulsi diretti su per la colonna vertebrale. C’è spazio per il battito di mani più fuori tempo della storia (su “Human Nature” di MJ), ma anche per i karaoke a tratti impacciati di chi canticchia i brani, ancora timidamente.
Il live è un crescendo che dunque dal classico si avventura nel pop ammiccante e ballabile, fa un coraggioso e ottimamente ingegnato excursus nell’elettronica con “Voodoo People” dei Prodigy, e pian piano tramuta in un rock sempre più heavy fino a schiantarsi in un vorticoso schioccare e vibrare di corde. Il ruolo di Traghettatore tra le due sponde immaginarie del set spetta al batterista Dušan Kranjc, che sale sul palco sulle note di “Thunderstruck” e aggiunge l’impeto necessario ad eseguire degnamente i brani degli AC/DC (“You Shook Me All Night Long”, “Highway to Hell”), Nirvana (nella devastante realizzazione di “Smells Like Teen Spirit”) e The Rolling Stones (“(I Can’t Get No) Satisfaction”), in cui finalmente si perdono le inibizioni e ci si abbandona ai cori, mentre i due musicisti, posseduti sulla scia della loro cavalcata demoniaca sulle corde, si applicano con dedizione all’headbanging.
La ferocia riversata sugli strumenti affina sempre più gli archetti, che alla fine dello show sono diventati l’ennesimo stendardo di una battaglia vinta. Perché Šulić e Haser non giocano a compiacere il pubblico in cerca del facile consenso, proponendo alcuni dei brani più celebri della musica contemporanea; i loro arrangiamenti per violoncello riprendono sì le canzoni ma stravolgono le carte in tavola, veicolano nuovi significati, ne estremizzano i toni risaltandone le diversità, riuscendo a travalicare limiti di genere e stereotipi, sintetizzando due culture solo apparentemente antitetiche. Ne è l’incarnazione viva “The Trooper Overture”, mash up tra il “Guglielmo Tell” Rossiniano e l’intramontabile pezzo degli Iron Maiden. Un azzardo, il loro che gli sta consegnando i meritati frutti.
Fotografie a cura di Mathias Marchioni.