I 30 Seconds to Mars si sono esibiti in concerto a Torino, presso il Palaolimpico, il 19 giugno 2014. E tutto ciò che seguirà sarà condizionato da un imprescindibile fatto: la band è salita sul palco senza Shannon Leto – arrestato a Los Angeles per guida in stato di ebrezza – e senza la batteria. Esatto, una band che tiene un concerto senza la batteria, solo campionature. Quanto pensate possa essere disturbante guardare il palco e non vederla? Ve lo dico io: troppo.
Le premesse per la serata, se si escludono i dubbi sulla presenza di Shannon, in realtà erano ottime. Quando si tratta di descrivere i tour delle rock band, gli anglofoni son soliti abusare della parola “massive”, massiccio, imponente. Ma per i tour della formazione guidata da Jared Leto il più delle volte è usato con criterio, perchè i californiani non si risparmiano mai nel conteggio delle date annuali. Questo si traduce nella concreta possibilità che ascoltare i Mars nel bel mezzo del tour inoltrato possa essere deludente. Perciò è normale che dopo una lunga pausa, alla prima data del tour europeo 2014, le aspettative fossero dannatamente alte.
E ad onor del vero la voce di Jared c’era tutta! Peccato che lo show confezionato dai due terzi della band rimasti ad esibirsi sul palco sia stato una pallida imitazione di quelli con cui la band era solita scuotere le arene alcuni anni fa. Innanzitutto la cosa più disarmante: nonostante gli Echelon – tra i migliori fan che un gruppo possa sperare di avere – abbiano provato timidamente a sollevare un coro per il loro amato batterista, per avere quanto meno una giustificazione, se non delle scuse, Jared Leto ha preferito ignorarli e continuare la sua mezza pantomima. “Torino, il mio cognome è di origine italiana lo sapete? Scegliete un nome italiano per me?”, e questa simpatica scenetta ha occupato più tempo di quanto ne sia stato dedicato a brani storici come “From Yesterday”, unico caso insieme a “The Kill” di pezzo saccheggiato dalla prima metà della discografia. E anche la scelta di far salire sul palco tale Enrico, ragazzo veneto che canta in una cover band dei 30STM, per fargli cantare il ritornello di “The Kill” è un boomerang, nonostante faccia onore a Leto per il gesto in sè. Perchè? Perchè quel ragazzo ha cantato da Dio e ha tirato fuori una rabbia e una voce che un tempo appartenevano al suo idolo, qualunque location ospitasse un suo concerto. Adesso invece un ritornello lo si fa cantare al pubblico, l’altro ad un giovane aspirante rocker.
Ma in tutto questo, il rispetto per quei fan di cui difficilmente se ne trovano di più accaniti, c’è sempre? Fan a cui durante “Night of the Hunter”, o “Closer to the Edge”, si dice “voglio vedervi saltare”, mentre loro stanno già saltando, come una informe massa manovrata da istinti primordiali. Le cui mani sono sempre alzate, spesso a mimare il logo della band come piccoli soldati di un esercito al servizio di un generale poco empatico. Alla fine il concerto dura meno di un’ora e mezza, e di una spiegazione neanche l’ombra. Come sempre tanti “I love you”, tante persone fatte salire sul palco, ma poco rock, sempre meno.
Perciò questo report è per gli Echelon, per riconoscergli tutti i meriti per i quali il 19 giugno non sono stati ripagati. E anche se per i ragazzi che sono stati invitati sul palco questa sarà stata una delle serate più belle della loro vita e non condivideranno la plausibile delusione degli altri fan, è giusto che sappiano che questo non è un concerto rock.
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Purtroppo i 30stm non sono diventati famosi grazie ai primi album (decisamente più pesanti come sound) ma grazie agli ultimi due album più orecchiabili e forse (?) più commerciali. Il mio primo concerto è stato a Rho Fiera Milano, eravamo 4 gatti sotto la pioggia. Neanche un’ora di concerto credo. E la delusione dei miei 17 anni si è fatta sentire. Jared si era mosso poco e niente. E The Kill e From Yesterday sempre acustiche. Invece a Torino mi è piaciuto molto di più, nonostante le mancanze. E poi trovalo un premio Oscar e cantante che fa salire i suoi fan sul palco..