Quello degli Aerosmith all’Arena Rho Fiera di Milano, in data 25 giugno 2014, era senza dubbio uno dei concerti più attesi dell’anno e, a conti fatti, è stato uno dei concerti dell’anno. Non hanno praticamente sbagliato nulla, tutto è stato come ci si sarebbe aspettato delle leggende dell’hard & heavy, forse anche di più.
Pochi minuti dopo le 22 un breve video introduce la band sul palco e ci si ritrova subito la coppia Steven Tyler – Joe Perry sulla passerella che con “Mama Kin” dà il via alle danze. Tyler è l’immagine della rockstar da clonare per crearne un esercito, perfetto per quel ruolo, dannato e consumato. Joe Perry ha una cera leggermente meno incoraggiante, ma lascia che siano le sue chitarre a mostrare la sua forma. “Eat the Rich” e poi “Love in an Elevator” per i primi sing-along, e dopo una “Oh yeah” leggermente sottotono si arriva ad una coppia di pezzi in cui condensare l’essenza di 44 anni di carriera: “Cryin’” e “Livin’ on the Edge”. Anche la scelta di inserire in scaletta “Freedom Fighter”, brano estratto da “Music From Another Dimension” e cantato da Joe Perry, non risulta così errata. Si tratta sì del brano meno efficace dell’ultimo disco degli Aerosmith, ed è certamente il più debole del lotto selezionato per lo show, ma è l’occasione perfetta per mostrare nel frattempo sui megaschermi il chitarrista che si aggira in giornata nei pressi del Duomo di Milano, come fosse un qualunque artista di strada, che alla lunga viene riconosciuto e si concede ai fan. Insomma, alla fine il siparietto riesce perfettamente e ci si dimentica pure del disappunto per la canzone, quindi con un pizzico di furbizia hanno azzeccato anche questa, no? In “I Don’t Want to Miss a Thing” era prevedibilissimo un coinvolgimento al limite della legalità, dal momento che è il brano più noto al pubblico italiano, e così è stato. Una bella cover di “Come Together” dei Beatles e poi “Dude (Looks Like a Lady)” che fa scatenare la platea, prima dell’intramontabile “Walk This Way”, che conferma l’impressione che la setlist della serata sia simile ad un greatest hits. Peccato solo per l’acustica, ormai croce della maggior parte dei concerti nostrani, e per una durata appena oltre il soddisfacente. Perchè tutto il resto è magnifico e maestoso.
Va detto che anche il resto della band suona con la solita maestria, con un Tom Hamilton particolarmente ispirato al basso. Eppure l’attenzione è quasi sempre focalizzata su Tyler, sulle sue ipnotiche movenze, sulle sue formidabili grida che innestano più di un dubbio sulla presenza di qualche traccia vocale in playback a supporto di una prestazione superlativa. Ma diffidenze a parte, sull’acuto di “Dream On”, in piedi sul pianoforte piazzato in pedana, il pubblico è prostrato, e la macchina del rock ha già compiuto il suo prodigio.
Davvero nessuno rimane sconvolto nel realizzare che Steven Tyler ha 66 anni? SESSANTASEI. Solo quattro anni in meno di Mick Jagger – sempre sia lodato – che veneriamo tutti come miracolo che fa crollare ogni statistica medico-scientifica. E invece un rocker che non molto tempo fa ha alluso ai suoi numerosi abusi con la frase “Se si potesse mettere qui sul polso un bottone che porta all’orgasmo, quanti di noi non passerebbero la giornata a premere quel pulsante?”, vi pare non sia un caso fuori dalla nostra portata? Il paragone con Mick Jagger non è casuale, perchè dopo il concerto dei Rolling Stones al Circo Massimo – già materia di leggenda – è più che plausibile affiancare questo evento per parlare dei due concerti sovrani dell’estate italiana (sì ovvio, ci sono pure i Pearl Jam, ma lasciatemi andare avanti con il mio teatrino). E soprattutto perchè le accuse di Mick Jagger verso uno Steven Tyler apparantemente reo di aver copiato movenze e altro dal frontman degli Stones, per quanto fondate devono crollare, costantemente. Perché gli Aerosmith sono gli Aerosmith, profondamente influenzati dai sovrani del blues (come chiunque altro del resto), ma autentici e forti di un’identità che in questo concerto a Milano si è palesata con una dirompente prepotenza, da lasciare tutti senza fiato. E la voce del frontman, il suo fisico e le sua resistenza sono tutti indizi dell’ennesimo patto col diavolo.
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Concerto unico. Una leggenda e suono perfetto
Perfettamente d’accordo. Condivido ogni parola.
Lunga vita agli Aerosmith ♡
non mi trovo d accordo sul fatto dell audio.. si sentia da dio e i volumi erano accettabilissimi, anche troppo delicati quasi! bassista e batterista un po stanchi (mangiato pesante?!) .. steven e perry una garanzia… setlist da paura.. peccato che abbiano tralasciato toys in the attic… ottimo anche il clima e i bis… giornata perfetta!