Lo sPAZIO211 di Torino è conosciuto per essere un luogo magico per gli appassionati di musica dal vivo. Nonostante le sue dimensioni ridotte e la posizione decisamente decentrata nello Stivale, riesce spesso a portare nel capoluogo piemontese delle vere e proprie chicche, senza discriminazione di genere. Col passare degli anni, in questo piccola isola felice, in una città votata per lo più a grandi eventi, festival elettronici o tour nostrani, abbiamo visto alternarsi sul palco band come The Raconteurs, We Were Promised Jetpacks, Lonely The Brave, Brother & Bones, e tanti altri, fino ad arrivare al 6 novembre 2016 con uno dei tour più interessanti dell’anno. Syndrome, Mono e Alcest.
Quella di Torino è l’ultima di quattro date in Italia per il trio di band provenienti rispettivamente da Belgio, Giappone e Francia. Ad aprire la serata c’è Mathieu Vandekerckhove (già noto per aver preso parte ad una sfilza di progetti musicali quali Amenra, Kingdom, SemblerDeah, Caan, C-O-R) che con il nome Syndrome porta sul palco del locale di Via Cigna un solo lunghissimo brano. La suite intitolata “Forever And A Day” è un viaggio sonoro unico nel suo genere. Con la sua sola chitarra e supportato da visual potenti e a tratti disturbanti, in linea con il mood autunnale e con i suoni ambient, Mathieu fa passare la mezz’ora in sua compagnia in un baleno. Si ha l’impressione di aver percorso una strada insidiosa uscendone illesi, protetti da uno status mentale ad un passo dalla metempsicosi. La sfida, ora, starebbe nell’assistere ad un set completo di Syndrome, in cui la bolla di “Forever And A Day” non sia l’unico pezzo in scaletta, in cui non ci sia un solo tema con le sue molteplici variazioni, ma un vero e proprio concerto, studiato per essere apprezzato da un platea non più da stupire o affascinare, bensì da fidelizzare e soddisfare. A quando l’opportunità?
Dopo i 30 minuti di Syndrome i riflettori vengono puntati sui Mono, la band giapponese che ormai è riuscita a ritagliarsi il proprio prestigioso spazio anche in Europa. I quattro ragazzi di Tokyo sono dei musicisti eccezionali, nonché paladini di sonorità eteree e sfuriate noise rock, in grado di creare alchimie complicate con il pubblico. E per la platea il live dei Mono non è di certo solo intrattenimento. Il post-rock proposto dalla formazione nipponica è da contemplare, richiede una dedizione fuori dal comune e, soprattutto per la totale assenza del cantato, un orecchio allenato a certe progressioni sonore ben lontane dall’essere pensare per un ascolto distratto. Pezzi come “Pure As Snow” o “Dream Odissey” trasportano i paganti dello sPAZIO211 in una dimensione parallela, in cui l’aria è rarefatta e in cui l’ora e un quarto di show sembra dilatarsi, fino all’imponente conclusione affidata a “Requiem For Hell”, title-track dell’ultimo album in studio.
Sono passate circa due ore e mezza dall’inizio della serata e dopo i live di Syndrome e Mono – non esattamente due concertini facili facili – alle 23.30 salgono sul palco gli Alcest. L’ensemble transalpino ha il compito di chiudere il cerchio e mostrare per la quarta volta al pubblico italiano cosa voglia dire padroneggiare la musica senza essere incatenati dal proprio genere di provenienza. Per chi segue gli Alcest fin dagli esordi non è facilissimo approcciarsi alla produzione recente. L’eclettico Neige, timido e misterioso frontman del combo francese, è uno di quegli artisti dai quali ci si può aspettare davvero qualunque cosa. Per questo il suo progetto musicale è partito come riuscitissima incarnazione del black metal ed è approdato sulle sponde del post-rock, concedendosi ammalianti divagazioni shoegaze. In fondo l’obiettivo dell’autore e polistrumentista a capo della band, è sempre stato quello di costruire un immaginifico concept attorno al suo progetto. Gli Alcest infatti hanno la smisurata ambizione di riportare ogni singolo ascoltatore in una dimensione astrale in cui rievocare ricordi d’infanzia. Dico smisurata perché l’idea di poter scavare nel passato di ogni singola persona e riportarne a galla non solo i fatti, ma anche le sensazioni e le percezioni, va ben oltre il voler essere una band di successo o l’aspirare agli slot da headliner nei festival maggiori. E anche se talvolta l’obiettivo di Naige si è rivelato fuori dalla portata di qualunque musicista – anche uno spaventosamente talentuoso come lui – è indubbio che un concerto dei suoi Alcest sia un evento fuori dal comune. A dominare la scena è “Kodama”, il quinto album in studio, con una forte preponderanza di brani lunghi e tendenti al progressive, con strutture complesse e intricati strumentali.
Il set degli Alcest, trattandosi di un tour da co-headliner, è ben più breve del solito e dopo solo un’ora e un quarto si conclude, senza concedere encore. Si chiude così una delle serata più ricche ed emotivamente impegnative della stagione live a Torino.