A detta dello stesso Mark Tremonti, il cantante Matteo Infante e i due shredder Domenico Santoro e Marco Pisani sono stati i migliori fans/musicisti a essersi esibiti on-stage insieme alla band fino a questo momento del tour europeo degli Alter Bridge. Davvero strepitose le loro performance su White Knuckles, Buried Alive e Metalingus, come altrettanto magnifica la partecipazione dei fortunati estratti che hanno seguito il soundcheck e hanno quindi potuto incontrare da vicino il gruppo al termine dello stesso.
Passando direttamente a circa un paio d’ore dopo, dobbiamo ammettere che anche l’esibizione dei supporter Logan (sconosciuti ai più) non ha affatto deluso, lasciando colpita e interessata l’audience che ha partecipato al set degli scozzesi supportandoli sin dalle prime note.
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Non è cattiveria liquidare i cinque in questo modo, ma l’attesa era ovviamente tutta per gli Alter Bridge. Se il 2007 li aveva visti protagonisti con Blackbird, il 2008 potrebbe essere l’anno della loro affermazione definitiva (parlare di affermazione per un combo che vede in line-up tre quarti di Creed e un vocalist fenomenale come Myles Kennedy potrebbe risultare ridicolo…) a livello mondiale considerando il monicker che si fa apprezzare dal 2004. Riempire l’Alcatraz in un paese notoriamente all’avanguardia quando si parla di rock duro (…) è impresa non da poco, visto poi il seguito e l’attaccamento quasi maniacale della folta schiera di fans che Tremonti e soci raccolgono, l’ascesa degli AB all’interno del music biz è da seguire molto attentamente.
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Le chiacchiere di cui sopra stanno a zero comunque quando alle 21:15 si parte con Come To Life e Find The Real in sequenza. L’Alcatraz esplode (anche troppo visto che il frontman chiederà più volte al pubblico di diminuire la pressione sulle prime file), la band cresce col passare dei minuti e suona compatta e quadrata. Difficile trovare il pezzo migliore, preferiamo parlare di una serie di highlight che sono passati uno via l’altro con pochissime pause: One Day Remains, Ties That Bind, In Loving Memory, Open Your Eyes e la pazzesca Blackbird hanno emozionato e coinvolto oltre ogni migliore aspettativa.
Possiamo dire che l’atmosfera che si respirava qualche mese fa al piccolo Fillmore di Cortemaggiore coi suoi 44 gradi e l’umidità disumana era un’altra cosa, possiamo constatare che Myles Kennedy aveva osato l’impossibile vocalmente parlando e questa sera si è “limitato” a cantare alla grande, possiamo dire che i volumi non erano poi così alti (per lo meno è l’impressione che ho avuto rimanendo sotto lo stage a riprendere per buona parte del set) e che l’acustica era buona ma non eccelsa…ma fondamentalmente sono recriminazioni di chi anziché godersi e vivere un evento eccezionale, preferisce andare a cercare l’ago nel pagliaio.
Una grande band, una grande audience, un grande futuro. Serve altro?