Angel Olsen, il report del concerto a Milano del 2 ottobre 2014

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Angel Olsen è una di quelle artiste che se ne va per la sua strada e il titolo del suo ultimo disco “Burn Your Fire For No Witness” (febbraio 2014, Jagjaguwar) lo testimonia. Nato da un periodo di rotture sentimentali, viaggi e profondi cambiamenti, l’album, che arriva dopo il promettente EP d’esordio “Strange Cacti” del 2011 e l’LP “Half Way Home” del 2012, è stato registrato in North Carolina nell’arco di un’istintiva session di dieci giorni sotto la sapiente guida del produttore John Congleton (Erykah Badu, St. Vincent, Anna Calvi, Antony and The Johnsons).
Con quello che rappresenta il suo primo progetto pensato per una full-band, Angel Olsen, impegnata da metà settembre nella leg europea di un tour che toccherà poi US e Australia, ha fatto tappa in Italia con due date, il 2 ottobre al Biko di Milano, dove l’abbiamo intercettata, e il 3 al Covo di Bologna. Il pubblico assiepato poco prima del concerto davanti al Biko è il solito dei pochi ma buoni, d’altro canto il carattere intimo della venue non permetterebbe il contrario e a noi piace così.

Ad aprire la serata il set acustico del cantautore brasiliano Rodrigo Amarante, già componente di Los Hermanos, Orquestra Imperial e Little Joy e oggi al primo lavoro solista, “Cavalo”, che ha incantato il Biko con la delicata poesia delle sue ballate indie rock intrise di sentimento e saudade.
Angel sale sul palco accompagnata da Stewart Bronaugh (chitarra), Josh Jaeger (batteria) e Emily Elhaj (basso) e senza perdersi in convenevoli attacca con l’intensa ballata “Unfucktheworld”, che è anche opening track del suo ultimo lavoro, un set che in poco più di un’ora farà viaggiare il pubblico del Biko tra le atmosfere Sixties, folk e cantautorali della prima parte del live e quelle più marcatamente Nineties e post-grunge della seconda. La scaletta, giocata su pezzi pescati da tutta la produzione della Olsen, trova dapprima i suoi momenti migliori in “Lights Out”, intensa ballata dal sapore decisamente retrò tratta dall’ultimo album, e “Acrobat”, incantevole opening track dell’LP d’esordio sulla quale Angel, benché convalescente da un brutto raffreddore (cosa che in realtà non intacca più di tanto la qualità della performance), tira fuori tutta l’eccezionale voce ed il suo caratteristico vibrato.
“High & Wild” è la chiave di volta verso la parte del live più energica, la band fin qui delicata e compatta si fa nerboruta su pezzi come “Sweet Dreams”, dal singolo del 2013 “Sleepwalker” e “High Five”, ronzante singolo estratto dall’ultimo LP, che fanno muovere la testa alla platea prima della chiusura in chiave molto intima con la cantautrice di St. Louis sola sul palco per un paio di pezzi, tra cui l’eterea “Something Cosmic”. «Questa è la mia ultima canzone» annuncia Angel, prima di lasciare il palco ed un pubblico stordito da un live breve, ma estremamente intenso, quasi ipnotico.

Saranno tra le poche parole proferite durante il live dalla Olsen, la cui freddezza e refrattarietà alla comunicazione verbale e al contatto visivo col pubblico sono inversamente proporzionali alla portata emotiva della sua musica, capace nella sua essenzialità o forse proprio in virtù di essa, di toccare nel profondo. Illuminante.

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