Anna Calvi ha chiuso con la sua seconda e ultima tappa italiana l’edizione 2015 del Sexto ‘NPlugged, la rassegna friulana che quest’anno celebra il decimo anniversario e che, nelle cinque serate, ha ospitato nomi del calibro di Einsturzende Neubauten, St Vincent, Belle And Sebastian e Passenger.
Sentire Anna Calvi suonare accompagnata da un’orchestra d’archi e coro significa assistere al prendere corpo di una visione, quella nitida ma versatile, che sin dall’esordio informa la musica dell’artista londinese, rock sì, ma dall’anima sinfonica, un po’ David Bowie e un po’ Ennio Morricone. Ascoltarla, poi, nell’incantevole cornice dell’Abbazia di Santa Maria in Sylvis di Sesto al Reghena (PN), dove si è esibita sabato 25 luglio, aggiunge ulteriore fascino ad un live carico di suggestione già sulla carta.
Prima chicca della serata, arrivata dopo un interminabile soundcheck dettato dall’esigenza della Calvi di provare i pezzi in scaletta con la Sexto Orchestra Ensemble e costringendo il pubblico ad un’attesa imprevista di oltre un’ora rispetto all’orario fissato per l’apertura cancelli, è stata la performance di Patrick Wolf, il cui ultimo album d’inediti, “Lupercalia”, risale al 2011. Ospite speciale di questo live, come già di quelli del 13 dicembre 2014 assieme alla Heritage Orchestra nella londinese chiesa di St. John at Hakney e del 20 luglio al Concertgebouw di Amstedam, accompagnato dalla Metropole Orkest, il cantautore e polistrumentista britannico, sul palco assieme ad un quartetto d’archi, ha dato vita ad un set delicato ed intenso.
Cinque pezzi – tra cui “Paris”, “Hard Times”, una toccante “Wind In the Wires” e “Penzance”, cantata in duetto con Anna – eseguiti da un artista eclettico, evidentemente votato all’esplorazione, un musicista in grado di destreggiarsi tra voce, chitarra, piano e violino, sintetizzando linguaggi distanti tra loro. Come ci si poteva attendere, anche sul palco del Sexto ’Nplugged Patrick Wolf si è lasciato possedere dalla musica (di che pasta è fatto si capisce quando sul finale di “Theseus” sprona il quartetto a «dargli di più»), entrando da subito in empatia con la platea e portandola sulle giuste frequenze rispetto a quanto seguirà.
Un’introduzione perfetta all’attesissimo live di Anna Calvi, che dopo un breve cambio palco fa il suo ingresso in scena, look come di consueto elegantissimo ed essenziale, accompagnata dalla sua fedelissima Fender Telecaster. I brividi iniziano a scorrere lungo la schiena già a partire dall’attacco con “The Bridge” – il primo degli unici tre pezzi tratti da “One Breath” in scaletta –, eseguito nell’arrangiamento originale assieme all’ensemble di 19 elementi (13 archi e 6 coristi), diretta dal maestro Anthony Weeden.
Sarà proprio l’aspetto sinfonico a prevalere nel primo poker di pezzi calato dalla Calvi, che prosegue con l’opening track dell’album d’esordio, quella “Rider to the Sea” che esalta nell’esecuzione orchestrale il caratteristico connubio tra una tecnica chitarristica del tutto peculiare, integrata a meraviglia nella tessitura dell’ensemble, e il bridge corale. “Sing to Me”, con la voce della Calvi che svetta eterea ma potente sopra quella del coro, è l’ultimo brano puramente orchestrale prima dell’ingresso della band, composta dall’immancabile Mally Harpaz (harmonium, percussioni e chitarra), Alex Thomas (batteria) e Ben Christophers (tastiere e basso), su “First We Kiss”. Una resa certamente affascinante quella offerta dall’esecuzione orchestrale, che non stravolge la natura dei brani suonati, portandone però in superficie quell’aspetto sinfonico che ci rimanda direttamente alla genesi dei pezzi, probabilmente più vicini qui a come li aveva immaginati Anna prima di cesellarli nell’arrangiamento definitivo, che ad una loro successiva versione creata ad hoc per orchestra.
“Susanne & I” apre la sezione del live in cui, egregiamente sostenute dalla band, sono la voce e la chitarra a farla da padrone. L’unico deficit del pezzo eseguito live risiede nell’assenza di Daniel Maiden-Wood, l’incredibile batterista che ha suonato nei due studio album della Calvi e dal vivo con lei fino a tutto il 2013, che lascia noi e il pezzo orfani del groove originale, ricco di ghost notes e di un varietà di dinamiche davvero gustosa. Senza nulla togliere ad Alex Thomas, purtroppo non è sempre Natale! Un piccolo neo, di cui ci si dimentica in fretta con l’esecuzione di “Wolf Like Me”, cover dei TV On The Radio, e di “I’ll Be Your Man”, due pezzi in cui Anna dà sfogo a tutto il suo estro sulle sei corde. Non è una novità, il talento dell’Anna Calvi chitarrista è puro e travolgente: dotata di vagonate di tecnica ed espressività, sentirla suonare è un piacere senza pari ed incredibilmente non smette mai di migliorare. Anche la voce, non sempre precisissima in passato, pare avere acquistato una sicurezza inedita. Il risultato? Uno show che rasenta la perfezione. La cornice, con la torre del campanile dell’Abbazia che si staglia in un cielo di tanto in tanto squarciato dai fulmini (una situazione che ricorda un po’ la furia controllata della musica dell’artista londinese) fanno il resto.
“No More Words”, suonata solo chitarra e voce con l’ingresso dell’orchestra sul finale, prelude ad uno dei momenti più intensi del concerto, quella “A Kiss to Your Twin” che, cantata assieme a Patrick Wolf e l’accompagnamento dell’ensemble, risulta davvero da brividi. “Desire”, ormai un classico, e “Love Won’t Be Leaving”, col suo memorabile solo di chitarra, chiudono il live prima dell’encore. Chiamata a gran voce, Anna torna sul palco con la band per eseguire un altro classico, la cover di “Jezebel” di Frankie Laine, che ottiene una meritata standing ovation, e “Eliza”, l’unico brano che in versione orchestrale assuma un carattere inedito, lasciando emergere la peculiarità ritmica del cantato e una vocalità decisamente più rilassata del solito.
A questo punto il concerto parrebbe finito e il cielo gravido di pioggia non promette nulla di buono. Anna, visibilmente soddisfatta, ha salutato il pubblico, buona parte del quale abbandona il parterre, ma agli irriducibili, a quelli arrivati da svariate centinaia di chilometri di distanza, quest’ora e un quarto di concerto, benché intensa, non basta, vogliono di più e lo fanno sentire. Ed è qui che la Calvi regala ai fedelissimi di Sesto al Reghena un dono prezioso, una perla da conservare a lungo nella memoria. Tornata sul palco seguita dalla band, imbraccia la Telecaster, la gente si è ormai riversata tutta sottopalco, in barba alle solite seggioline. L’ultimo colpo in canna è l’esplosiva “Ghost Rider”, cover dei Suicide inclusa nell’EP “Strange Weather”. Anna si acquatta prima sul palco vicino al pubblico, lasciando friggere le sei corde distorte, poi torna al microfono per attaccare la strofa mentre la base strumentale pulsa, insana e strisciante, fino ad esplodere in un solo di chitarra indemoniato durante il quale fanculo il ditale, sulla tastiera ci va con l’asta del microfono, suona col sangue negli occhi e dalla sua chitarra sgorga un incontenibile fiume di rock’n’roll, un’inebriante vertigine sonora che difficilmente verrà dimenticata da chi c’era.
Foto a cura di Simone Di Luca