Anna Calvi si è esibita in concerto a Torino il 21 febbraio 2014. Ci sono cose per cui vale la pensa aspettare, tuttavia un’ora e mezza di attesa prima dell’inizio di un concerto può causare momenti di paranoia collettiva tra i convenuti, nonché l’indesiderato sforamento dal budget prefissato per la serata (non c’è molto da fare in un locale pronto ad ospitare il live di un’artista internazionale, per cui attaccando la seconda chiara tra una chiacchiera e l’altra ti attraversa la mente l’immagine del tachimetro fisso sui centotrentacinque all’ora della tua utilitaria, intenta a sfidare le leggi dell’aerodinamica sulla Milano-Torino, e… vuoi vedere che ho preso pure la multa?). Ma veniamo al sodo.
A cinque mesi di distanza dall’ultimo passaggio nel nostro Paese per la presentazione in anteprima al Teatro Parenti di Milano del suo ultimo pregevole lavoro, One Breath (7 ottobre 2013, Domino), Anna Calvi è tornata a farci visita con una serie di quattro date a Torino, Bologna, Roma e Brescia. L’abbiamo vista venerdì nel capoluogo piemontese, dove in un giro e mezzo d’orologio la cantautrice e chitarrista di Twickenham, ha letteralmente stregato l’audience dell’Hiroshima Mon Amour. Abbandonata la tanto vituperata attitudine alla posa perfettina e riesumato per l’occasione il look rosso passione degli esordi, solo meno patinato (si veda il capello sciolto e a tratti indomabile), Anna sul palco si dà con intensità e generosità inedite rispetto a quanto visto in passato.
La sensazione di trovarsi davanti ad una dose di bellezza quasi schiacciante si materializza sin dall’attacco con Suzanne & I, Eliza e l’ipnotica Sing To Me; quel che sorprende in questa prima fase di concerto è la straordinaria abilità di Anna e soci di giocare con le dinamiche, utilizzando tutta la gamma dal pianissimo al fortissimo e proponendo soluzioni nuove anche in un pezzo “vissuto” come il primo. Seguono due brani nuovi Suddently e Cry, il cui solo di chitarra, al limite della violenza e a tratti quasi cacofonico, ben rappresenta una delle direzioni in cui si è mossa la ricerca della Calvi in One Breath sia a livello strumentale che vocale, con splendide invenzioni melodiche che sbocciano senza da scoppi violenti, fatti di dissonanze e vocalizzi quasi eccessivi e viceversa, impreziosendosi a vicenda.
La cover di Surrender (Elvis Presley) apre un tuffo nel passato con tre pezzi tratti dall’album d’esordio: First We Kiss, la strumentale Rider To the Sea e I’ll Be Your Man, brani molto maturati in questi tre anni e nei quali Anna riesce a tirar fuori dalle sei corde timbriche ancora nuove rispetto all’originale. Love of My Life, che, se ribadisce quanto detto sopra attorno alla maggiore fisicità con cui Anna Calvi tratta oggi il suo strumento, per la scrittura rappresenta invece un interessante unicum nella sua produzione, ci riporta al presente. Piece By Piece, Carry Me Over, Bleed Into Me, la cover di Fire (Bruce Springsteen), sono la perfetta trascrizione sonora di una visione fondata su scelte timbriche preziose, con la presenza sul palco di due synth, vibrafono, dulcimer, marimba, harmonium e percussioni a non finire e un approccio alla chitarra che riesce ad essere estremo senza perdersi in sterili virtuosismi, sempre attento all’aspetto espressivo.
Desire e Love Won’t Be Leaving chiudono prima dell’encore con il b-side A Kiss To Your Twin, una versione spintissima di Blackout e quella cover di Jezebel (Edith Piaf) che, primo singolo pubblicato da Anna Calvi, chiude il cerchio riportandoci là dove tutto ebbe inizio.
Grazie a Cinzia Meroni
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