Parlare di Springsteen nel 2007 rappresenta un grosso rischio: cosa non è stato ancora detto di una delle maggiori icone che la musica moderna possa vantare? Cosa non ho ancora detto di uno degli elementi che vanno a costituire la mia personale trinità musicale (e non)? Davvero poco.
Quindi mi limiterò a parlare dell’evento, dell’ennesima volta in cui un uomo che nemmeno conosco mi ha fatto piangere, di un concerto che ogni volta crea un’atmosfera impossibile da spiegare per chi non c’era. Tutto questo è Springsteen, un artista di una coerenza inoppugnabile, con un gruppo alle spalle che nessuno può vantare al mondo ed un’energia che nemmeno un ventenne ai primi live della carriera. L’inizio della liturgia, scontato, è affidato all’opener di “Magic”, quella “Radio Nowhere” che sa un po’ di Pearl Jam, ma che l’acustica oscena del Forum trasforma in un pastone sonoro da concerto del liceo.
Poi il Forum si riprende, insieme alla sua acustica, facendoci impazzire di gioia sulle note di “The Ties That Bind”. Da qui in poi si assisterà alle note scene di delirio in cui gli invalidi tornano a camminare e i ciechi a vedere. Dopo una “Lonesome Day” di risinghiana memoria, arriviamo al secondo pezzo nuovo, “Gypsy Biker”, preludio a quello che secondo me è il pezzo più bello della nuova fatica, la title track. Il boss si esprime in un italiano non proprio perfetto, ma che intenerisce e ci mette in guardia sui pericoli che le grandi potenze del mondo continuano a sottovalutare; come noto, il primo nome della lista è quello di Bush, che continua una politica ormai rinnegata dal proprio popolo, senza curarsi delle tragiche conseguenze.
I nuovi pezzi si alternano ai vecchi con grande continuità, quasi fossero stati tutti scritti per un unico, immenso album. Di sussulti ce ne saranno ancora molti, come all’attacco di “Adam Raised A Cain” (da lacrime) o al binomio pazzesco “Incident/Shuffle” che lascia sbigottiti anche i fan di vecchia data. La prima della due, addirittura, viene chiesta da una ragazza del pubblico, che vede così avverarsi il proprio sogno…Poi, prima del rito di “Born To Run”, la super perla finale: “Thunder Road”. Devo esser sincero, non ci avrei scommesso 10 centesimi. Brividi a non finire. Conclusione affidata ad “American Land”, del periodo Seeger Session, che chiude in festa una serata incredibile.
E poi mi chiedono perché ho già in tasca i biglietti per San Siro…
Setlist: Radio Nowhere – The Ties That Bind – Lonesome Day – Gypsy Biker – Magic – Reason To Believe – Adam Raised A Cain – She’s The One – Livin’ In The Future – The Promised Land – I’ll Work For Your Love – Incident On 57th Street – The E Street Shuffle – Devil’s Arcade – The Rising – Last To Die – Long Walk Home – Badlands – Girls In Their Summer Clothes – Tenth Avenue Freeze-Out – Thunder Road – Born To Run – Dancing In The Dark – American Land.
L.G.