All’interno del tour di supporto al disco del 2013, “Traditori Di Tutti”, i Calibro 35 sono approdati all’Hiroshima Mon Amour di Torino per il loro concerto del 27 novembre 2014.
Dovremmo essere molto più orgogliosi dei Calibro, band italiana tra le più virtuose ma che purtroppo non ha la fama che si merita. Ma è anche vero che alle fangirl e ai poser non si può togliere la possibilità di cantare i ritornelli, e soprattutto che un gruppo di questo stampo è per definizione incompatibile con il grande pubblico dello Stivale. E a chi li segue va anche bene così.
La riflessione nasce anche dai trascorsi tra il gruppo e la città di Torino. La loro ultima esperienza nella città piemontese risale allo scorso anno, 29 giugno 2013, quando allo Stadio Olimpico furono i primi supporter dei Muse e l’accoglienza del pubblico fu tutto fuorché ideale. Anzi, si può dire che non furono per niente compresi ed è un dispiacere. Soprattutto perché raramente riusciamo ad esportare la nostra musica, e la formazione milanese da diversi anni suona in giro per il mondo. Dal tour negli Stati Uniti del 2009 sono arrivati oggi a esibirsi in mezza Ruropa, con date in Spagna, Inghilterra, Francia, Croazia, Svizzera, Slovenia e Serbia. Insomma, da noi dovrebbero essere riveriti ben più di così.
Detto questo, la nuova esperienza torinese ha seguito un corso del tutto diverso, e nonostante non si sia arrivati al tutto esaurito, all’Hiroshima è andato in scena uno show premiato da ovazioni. Enrico Gabrielli e soci hanno suonato quasi senza pause proponendo versioni cristalline dei loro brani, sempre in bilico tra foga e perizia. Nel lotto del nuovo disco i pezzi più efficaci e che generano la miglior risposta della platea sono quelli estratti da “Traditori Di Tutti”, come il singolo “Giulia Mon Amour” o “Summertime Killer”, che trattandosi del disco più dark riesce dal vivo a creare un’atmosfera eccezionale. E considerando che, esclusi i concitati versi che valorizzano due o tre brani (“Uh Ah Brrr” su tutti, pezzo meraviglioso del loro terzo album), la performance pesa interamente sugli strumenti, c’è da dire che il risultato portato a casa è l’ennesima conferma.
Questi ragazzi sono una bomba, hanno solo bisogno del pubblico giusto, e la loro carica è perfettamente descritta da una frase che la band ha più volte usato sui social: “some days funk is heavier than punk“. A volta il funk è più aggressivo del punk.
Fotografie a cura di Andrea Marchetti.